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Delitto di Avetrana: l'omicidio di Sarah Scazzi

Sarah Scazzi, le motivazioni della condanna: “Falso l’alibi di Sabrina”

Divulgati i dettagli della sentenza con cui la Corte di Assise di Taranto ha condannato Sabrina Misseri e Cosima Serrano, cugina e zia della giovane di Avetrana, all’ergastolo per omicidio. Le accuse di Michele Misseri non sarebbero state false.
A cura di Susanna Picone
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La Corte di Assise di Taranto ha depositato, a undici mesi di distanza dalla sentenza emessa nell’aprile 2013, le motivazioni della condanna alla pena dell’ergastolo di Sabrina Misseri e di sua madre Cosima Serrano. Le sue donne sono state condannate perché ritenute colpevoli dell’omicidio della 15enne di Avetrana Sarah Scazzi. La giovane scomparve il 26 agosto del 2010 e il suo corpo fu ritrovato nell’ottobre dello stesso anno: era stato gettato in un pozzo nelle campagne del paese in provincia di Taranto.  Lo scorso aprile sono state condannate complessivamente nove persone tra cui, appunto, la cugina e la zia di Sarah per l’omicidio e lo zio Michele Misseri – che più volte ha detto di essere il vero responsabile del delitto – per occultamento di cadavere. Nelle 1630 pagine di motivazioni della sentenza si legge che Michele Misseri non avrebbe avuto alcun motivo per incolpare la figlia dell’omicidio nel corso dell’incidente probatorio. “Non sussiste alcun ragionevole motivo per il quale Michele Misseri avrebbe dovuto accusare ingiustamente, provocandone la carcerazione, proprio la figlia prediletta Sabrina e non altri soggetti”, scrive la Corte d’Assise di Taranto.

Il ruolo di Michele Misseri al centro delle carte – Secondo i giudici è dunque falso l’alibi fornito dalla 24enne di Avetrana: lo confermano anche gli sms che la stessa Sabrina inviò alla cugina. Nelle motivazioni si legge anche che dal soliloquio intercettato in auto del 5 ottobre 2010 si evince che lo zio di Sarah “non è più in grado di reggere il peso di ciò che egli sa essere accaduto”, e cioè che la figlia aveva ucciso la cuginetta. Il deposito delle 1.631 pagine della motivazione è avvenuto nel tardo pomeriggio di ieri da parte del presidente della Corte di assise di Taranto, Cesarina Trunfio. Il tempo trascorso dalla sentenza aveva indotto i legali di Sabrina a chiedere la scarcerazione della giovane: la richiesta è stata però rigettata prima dalla Corte d’Assise e poi dal Tribunale del Riesame che hanno ravvisato a carico dell’indagata il pericolo di fuga, di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio.

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