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Delitto Garlasco, possibile svolta: “Dna sotto le unghie di Chiara non è di Alberto Stasi”

Lo sostiene la difesa di Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione: il dna sotto le unghie della vittima coincide con quello di una terza persona, forse un giovane che conosceva Chiara Poggi. La madre di Stasi chiederà revisione del processo.
A cura di Susanna Picone
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A un anno di distanza dalla sentenza della Cassazione che ha condannato in via definitiva Alberto Stasi a sedici anni di reclusione per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi il delitto di Garlasco è a una possibile svolta. Grazie a nuove indagini, la difesa di Stasi sostiene che il dna trovato sotto le unghie della vittima coincide con quello di una terza persona, forse un giovane che conosceva Chiara, ma non con quello dell’ex fidanzato accusato del delitto e attualmente in carcere. Una novità che ha spinto la mamma di Stasi a decidere di presentare istanza di revisione del processo. È il Corriere della Sera a ricostruire nei dettagli le ultime novità nel caso del delitto di Garlasco.

Le parole della madre di Alberto Stasi – “Non ho fatto che ripeterlo e finalmente ne ho la conferma. Mai e poi mai Alberto avrebbe potuto uccidere Chiara. Si amavano e avevano progetti in comune. La sera prima erano andati a cena insieme. Di lì a poco sarebbero partiti per le vacanze. Erano felici, uniti, erano spensierati, vivevano con la gioia e la fiducia nel futuro tipica dei giovani fidanzati. Alberto stava per laurearsi e se c’era una persona che più di ogni altra lo spronava e gli dava forza, che lo incoraggiava e lo appoggiava, quella era Chiara. Amo mio figlio, l’avrei amato anche da colpevole ma chi sa del delitto ha continuato a non parlare e a stare nascosto, scegliendo il silenzio, un silenzio terribile, asfissiante, un silenzio atroce che ha coperto e depistato. Così facendo non ha reso giustizia a una ragazza morta e, allo stesso tempo, sta uccidendo una seconda persona”, è quanto ha dichiarato la madre di Stasi al Corriere. Secondo la donna, suo figlio Alberto “è stato privato della vita”. “Io ho combattuto a lungo, a volte anche in solitaria, specie da quando è venuto a mancare mio marito. Ho combattuto contro le convinzioni dei tanti che a cominciare da qui, da Garlasco, subito avevano decretato la colpevolezza di mio figlio senza alcuna esitazione. Alberto il killer dagli occhi di ghiaccio… Non ho creduto nemmeno per un istante a una sua responsabilità. Non ha ammazzato Chiara. E se finora era una convinzione, adesso è una certezza: quella persona deve spiegarmi la presenza del suo Dna sotto le unghie della ragazza. Lo deve a me, lo deve ai genitori di Chiara, lo deve a tutti”, ha proseguito la donna.

Legale della famiglia Poggi: “Aspetto che era già emerso” – L'avvocato Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia Poggi, non crede comunque a una riapertura delle indagini. “La questione del dna trovato sotto le unghie di Chiara è già stata superata dalla Corte d'Assise d'Appello e della Cassazione – ha spiegato -. In ogni caso, questo indizio da solo non farebbe venir meno tutti gli altri indizi e prove a carico di Stasi, semmai potrebbe prospettare, ma è un'ipotesi a cui non credo, il concorso di Stasi con altri soggetti”.

La mamma di Chiara: “Se la difesa ha un nome lo faccia” – “C'è una sentenza definitiva e per noi quella vale. Se la difesa di Stasi ha un nome, lo faccia pubblicamente, senza nascondersi dietro un dito”, è invece il commento di Rita Preda, la madre di Chiara Poggi, secondo quanto riferito all'Ansa dall'avvocato Tizzoni.

L'omicidio di Chiara Poggi e la sentenza della Cassazione – Chiara Poggi, 26 anni, venne uccisa la mattina del 13 agosto 2007 a Garlasco, in provincia di Pavia, nella villetta di famiglia di via Pascoli. A trovare il cadavere e a dare l’allarme fu proprio il fidanzato Alberto Stasi, all’epoca dei fatti studente alla Bocconi. Chiara, ancora in pigiama, fu aggredita all’ingresso, vicino alle scale che conducono al piano superiore. Secondo la Cassazione tra le prove decisive contro il giovane ci sono le scarpe che avrebbero dovuto macchiarsi di sangue e sulle quali non è stata trovata sostanza ematica. “Ciascun indizio risulta integrarsi perfettamente con gli altri come tessere di un mosaico che hanno contribuito a creare un quadro d'insieme convergente verso la colpevolezza di Alberto Stasi oltre ogni ragionevole dubbio”, le parole utilizzate dai giudici nelle motivazioni della sentenza di condanna di Stasi.

La conferenza stampa degli avvocati – Gli avvocati di Alberto Stasi, dopo le notizie di stampa riportate dal Corriere, hanno convocato i giornalisti per una conferenza stampa al fine di spiegare al meglio i nuovi sviluppi portati dalla perizia di parte chiesta sul materiale genetico trovato sotto alle unghie della vittima. La nuova perizia, stando a quanto spiegato dai legali, è riuscita a isolare le nuove tracce di dna grazie a un cucchiaino e a una bottiglietta d'acqua. I legali si sono rivolti a un perito che ha estratto i campioni di dna, confrontandoli poi con quelli esposti nella perizia disposta dalla Corte d'Appello di Milano nel processo bis e redatta dal professor Francesco De Stefano e con quelli di Stasi. Dal confronto emerge "una perfetta compatibilità genetica tra il profilo del cromosoma Y estrapolato dal professor De Stefano sul quinto dito della mano destra e sul primo dito della sinistra di Chiara con il profilo genetico aploide del cromosoma Y ottenuto dal cucchiaino e dalla bottiglietta d'acqua". Il cromosoma Y, hanno spiegato, identifica tutti i soggetti maschi appartenenti al medesimo nucleo familiare ed esso non è utilizzabile per identificare un singolo soggetto, ma piuttosto, una famiglia.

Perito: “Impossibile identificare dna” – “Che ci sia del dna identificabile è fuori da ogni ipotesi razionale”, ha detto a Radio Capital Francesco De Stefano, il genetista che eseguì la perizia al processo d'appello bis del delitto di Garlasco. “C'è pochissimo dna, – ha spiegato De Stefano – al processo d'appello bis io dissi: ‘guardate che se facciamo quest'esame, poi non si potrà più fare nessun esame ulteriore, ce n'è talmente poco che noi saremmo costretti ad utilizzarlo tutto'. Tutti: giudice, accusa, difesa e parti civili dissero ‘certo, lo faccia anche se si distrugge la prova'. Quel test non si può ripetere. L'unica cosa che non si può escludere è che ci sia del dna maschile. Ma di chi sia non si può sapere”.

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