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Delitto del sottomarino, la storia di Kim, uccisa e decapitata nelle acque del Nord

L’11 agosto 2017 il sommergibile Natutilus si inabissa nelle acque a sud di Copenaghen. A bordo c’erano Peter Madsen, il suo inventore e la giornalista Kim Wall. Lui viene salvato, lei, ritrovata smembrata lungo la costa danese.
A cura di Angela Marino
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Lei, Kim Wall, è una giornalista free lance trentenne, lui, Peter Madsen, un eccentrico inventore, ingegnere autodidatta. A farli incontrare nell’estate 2017 è l’ultima creatura di lui, il Nautilus, un sottomarino lungo 17 metri che viaggia nei mari tra la Svezia di lei e la Danimarca di lui. Kim, attenta, curiosa e intelligente scopritrice di storie che racconta dalle pagine del ‘New York Times' e del ‘Guardian', decide che il suo prossimo reportage si baserà sull’esperienza di viaggio sul Nautilus; lui accetta, soddisfatto dell’attenzione che quell’articolo porterà sul suo ‘Rocket Madsen Space Lab', il laboratorio dove fabbrica le sue invenzioni.

L'ultima foto

Il 10 agosto 2017 l’inventore e la giornalista vengono fotografati sorridenti sulla torre del sommergibile poco dopo la partenza da Refshaleøen, Copenhagen. Poi l’imbarcazione si inabissa nelle fredde acque del nord e cala il silenzio. Nelle ore successive Oddur, il fidanzato di Kim, cerca di mettersi in contatto con lei, ma Kim tace. Il silenzio si prolunga per diverse ore. Kim è sola con il ‘capitano' Madsen nelle profondità del mare e non risponde. Oddur avverte la polizia che prova a rintracciare Madsen via radio: lui parla di problemi tecnici, minimizza. Dopo poco, però, il sottomarino con le sue 40 tonnellate di peso sprofonda nelle acque a sud di Copenaghen. L’11 agosto, l’inventore viene salvato dal Nautilus che affonda. Kim non c’è.

Il buco nero

Alla polizia danese spetta il compito di ricostruire quanto accaduto tra le 19 del 10 agosto e le 11 del giorno seguente. E di trovare Kim. Madsen dice di averla sbarcata a terra prima dell’affondamento del Nautilus, che spiega essere dovuto a un “guasto tecnico”. Gli amici e il fidanzato della giornalista sono terrorizzati, non hanno sue notizie dalla sera del 10. La sua scomparsa non ha senso. Kim è una professionista che ha battuto ogni angolo del mondo, è prudente, sa come muoversi e come evitare guai.

L'affondamento del Nautilus

Mentre il procuratore Jakob Buch-Jepsen tenta di rimettere insieme i pezzi di quelle 16 ore di buio negli abissi delle acque del nord, il relitto del Nautilus viene recuperato. A bordo gli agenti trovano gli indumenti intimi di Kim, ma lei, ancora una volta, non c’è. A dare qualche indizio su quanto accaduto è lo stesso Nautilus, il sottomarino ‘maledetto' come lo definì in tempi non sospetti il suo inventore. Il sommergibile è stato manomesso.

Il ritrovamento

Il pomeriggio del 21 agosto, 11 giorni dopo la tragedia, un uomo attraversa in bicicletta le spiagge di Amager (Copenaghen). Sulla costa nota qualcosa di chiaro che affiora dalle acque sulla battigia, sembra il pezzo di un manichino. Il ciclista barcolla senza fiato davanti a quell’ammasso di carne: è il busto di donna, senza né testa né arti e con una cintura attaccata a un pesante tubo di ferro. Due mesi dopo sui fondali marini viene trovato un sacchetto di plastica con degli oggetti: ci sono vestiti, un coltello e una sbarra di ferro. All'interno spuntano una testa di donna e un paio di gambe.

La scomparsa diventa delitto

Come in un film dell’orrore il corpo di Kim si ricompone pezzo dopo pezzo sul freddo tavolo dell’autopsia. Il medico legale non riesce a stabilire con certezza la causa della morte, ma può asserire con sicurezza un altro punto: Kim non è morta per un incidente, è stata accoltellata 14 volte. Ai genitali e al seno. Di fronte alle accuse di omicidio e sevizie – nonostante il DNA di Kim sia stato trovato sulla mano, le narici e il collo di Madsen – lo scienziato resta stoico. Il ritrovamento del corpo smembrato della Wall smentisce la sua prima versione, allora il costruttore di razzi ne fornisce un’altra. È stato un incidente – spiega – Kim è morta sbattendo la testa contro il portellone del sommergibile e allora lui ha fatto la cosa più normale in circostanze del genere: ha smembrato il corpo e lo ha gettato in mare insieme ai vestiti, tenendo per sé la biancheria intima.

Chi è Peter Madsen

La morte di Kim Wall, professionista di straordinaria bravura, la rende famosa come la vittima ‘del delitto del sottomarino’, la protagonista di una storia che sembra uscita dalla penna di Stieg Larson. Tuttavia, neanche lo scrittore svedese avrebbe concepito un personaggio come Madsen, il cui ritratto è tracciato fedelmente dal suo biografo, Thomas Djursing. Figlio di genitori separati – sua madre aveva ben 36 anni meno di suo padre – era cresciuto all'ombra di un padre duro e autoritario. È suo padre, con il quale rimane solo all'età di sei anni, a trasmettergli la passione per le leggende del mare e per la storia militare. Peter dimostra subito due cose: un temperamento antisociale e una straordinaria intelligenza.

Scienziato e marinaio solitario

A 15 anni fonda la ‘Danish Space Academy', dove prova a confezionare per la prima volta un razzo. Alla morte del padre intraprende gli studi di ingegneria, ma lascia ben presto i libri per dedicarsi alla pratica. Nei locali dismessi di un cantiere navale sull’isola di Refshaleøen, impianta il suo laboratorio ingegneristico personale, il ‘Rocket Madsen Space Lab', dove costruisce razzi con il socio, Kristian von Bengtson, ex architetto della Nasa con cui litiga poco dopo, rompendo gli accordi. Madsen, autodidatta da sempre, sembra votato al lavoro solitario, tanto che allontana anche i venticinque volontari che lavoreranno per lui alla realizzazione del sottomarino Nautilus, fabbricato con i fondi ottenuti attraverso un crowdfounding. Dal 2015 resta ‘socio' unico, comandante solitario alla guida del sommergibile, con le sue uniformi decorate con il logo ‘Madsen' che scimmiottano quelle militari. “Sul Nautilus pesa una maledizione – scrive su un blog – questa maledizione sono io. Non ci sarà mai pace sul ‘Nautilus’ finché io esisterò”.

I filmini horror

La sua casa da allora diventa il Madsen Space Lab, dove la polizia va a cercare tracce sull'omicidio di Kim Wall. Nell’hard drive di un computer sequestrato all’interno del laboratorio gli inquirenti trovano uno snuff movie, un filmino amatoriale che ritrae una donna torturata, decapitata e bruciata; secondo il procuratore Buch-Jepsen le immagini riprendono un vero omicidio. Anche stavolta, Madsen nega, serafico: "L’hard disk non è mio, chiunque avrebbe potuto usarlo nel laboratorio".

L'epilogo

I poliziotti stanno cercando legami con altri delitti dalle modalità simili avvenuti sul territorio danese. Secondo gli inquirenti ‘lo scienziato pazzo' con la perversione per il fetish, potrebbe aver cominciato la sua carriera criminale prima di salire sul sommergibile con Kim. In attesa della verità, resta una considerazione, terribile: l'apparenza di una vita di ‘successo', può nascondere sotto i riflettori le più pericolose perversioni.

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Giornalista dal 2012, scrittrice. Per Fanpage.it mi occupo di cronaca nera nazionale. Ho lavorato al Corriere del Mezzogiorno e in alcuni quotidiani online occupandomi sempre di cronaca. Nel 2014, per Round Robin editore ho scritto il libro reportage sulle ecomafie, ‘C’era una volta il re Fiamma’.
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