Il valore dei numeri in politica ed il peso specifico dei sondaggi elettorali sono ormai concetti consolidati, al di là del flop delle ultime rilevazioni relative alle elezioni politiche del 2013. Sulla capacità di calibrare strategie e interventi diretti in funzione dei flussi di consenso rilevati dai sondaggi, ad esempio, Silvio Berlusconi ha costruito in buona parte la sua fortuna politica ed è riuscito ad interpretare ed indirizzare al tempo stesso il sentimento della sua base elettorale. Ma, più in generale, le indicazioni delle rilevazioni statistiche possono testimoniare il grado di penetrazione dei partiti nell'elettorato, specie se comparate in un quadro sinottico e osservate attraverso l'evoluzione nel corso dei mesi e degli eventi collegati.
Il caso del Movimento 5 Stelle è emblematico, come evidenziano le rilevazioni del Trend Barometro Politico dell'Istituto Demopolis. Dal maggio 2011, quando raccolse un consenso del 3,5%, fino al sondaggio di oggi, che lo colloca poco sopra il 23%, il confronto è impressionante ed indicativo dello tsunami provocato nel quadro politico nazionale (con l'ingresso in Parlamento di 163 eletti a 5 Stelle). Ma c'è un altro dato che dovrebbe preoccupare e non poco i partiti tradizionali ed è quello sul consolidamento del consenso dei 5 Stelle (basterebbe ricordare i paragoni del tutto errati con il Fronte dell'Uomo Qualunque, creatura di Guglielmo Giannini sparita nel breve volgere di una tornata elettorale). Stando ai dati di Demopolis, infatti: "Per il 67% di chi lo ha votato in febbraio, il Movimento 5 Stelle si è comunque dimostrato in linea con le attese pre-elettorali. Per un intervistato su dieci superiore alle aspettative, per un quarto un po’ deludente. Nonostante alcune recenti criticità, se si tornasse oggi alle urne – in base ai dati rilevati dal Barometro Politico Demopolis – 81 elettori su 100 confermerebbero il voto espresso alle ultime Politiche al Movimento 5 Stelle. Solo 7 su 100 sceglierebbero altri partiti, il 12% di chi ha votato Grillo in febbraio preferirebbe oggi astenersi".
Una fotografia che restituisce con nitidezza l'immagine del Movimento come punto di riferimento per un numero enorme di elettori e che dovrebbe portare anche ad una riflessione di senso. Perché se è vero che, per citare ancora il rapporto Demopolis, "del tutto centrale, nella scelta degli elettori del M5S intervistati dall’Istituto Demopolis, risulta l’esigenza di un radicale rinnovamento della classe politica in Italia, legata a una maggiore trasparenza nelle attività parlamentari e ad un taglio dei costi della politica", allo stesso tempo è del tutto evidente quanto la formazione guidata da Grillo sia riuscita a ricavarsi uno spazio definito ampliando gradualmente la portata delle sue rivendicazioni.
Evidentemente, insomma, se il compito dei partiti politici è quello di garantire la rappresentanza, catalizzare le istanze dei cittadini e tradurle in proposta politica, mediare tra istituzioni e cittadini, bisogna constatare come il Movimento lo assolva in maniera quasi naturale. Anzi, addirittura riuscendo a "creare le istanze dall'alto", invertendo (consapevolmente) quel processo che secondo molti commentatori è alla base delle sue fortune elettorali. In altre parole, se nella prima fase la capacità di Grillo è stata quella di dar voce ad un sentimento latente (ma ben presente) di sfiducia verso la classe politica (per usare un eufemismo), ad una generica ma sostanziale contestazione al "sistema politico – economico", ad un insistente bisogno di partecipazione diretta alla vita politico – istituzionale, ad un rifiuto dei canali di comunicazione tradizionali, è evidente come nella fase di consolidamento del consenso sia intervenuto un processo quasi opposto.
È il capo politico del Movimento 5 Stelle a dettare l'agenda, ad individuare i temi, a proporre mobilitazioni e a generare "istanze" di diverso tipo. Tecnicamente la differenza è sottile (e l'obiezione tradizionale è basata sulla piattaforma programmatica e sulla condivisione delle scelte), ma non in un Movimento in cui la partecipazione diretta alle scelte è ancora in fase embrionale. Del resto, e si è già discusso molto di questa "tendenza" del Movimento, la distanza che separa la democrazia rappresentativa dal prototipo di democrazia diretta sperimentata in qualche passaggio della vita dei 5 Stelle è ancora enorme. E, come testimonia il costante rinvio della messa in opera del portale per il nuovo programma, probabilmente sarebbe necessaria una riflessione sul modello ideale di partecipazione alla vita politica, "ripescando" magari il modello deliberativo che appare per certi versi il più adatto a sostenere le due spinte diverse su cui si regge il consenso. Sarebbe il passo ulteriore: la messa a punto di strumenti "veri e trasparenti" di partecipazione diretta e condivisione delle scelte, come precondizione dell'azione politica dei rappresentanti in Parlamento.