Default, dove stiamo andando e cosa rischiamo?
"Default" è una parola che in questo periodo si sente sempre più spesso. Ma cosa significa concretamente? Uno Stato è considerato in default quando non è più in grado di far fronte agli impegni economici assunti; quando cioè non riesce di remunerare per tempo gli investitori che hanno comprato i suoi titoli di Stato e non è più in grado di pagare gli stipendi ai dipendenti pubblici. Succede in pratica quanto avvenuto in Argentina del 2001, quando il governo ad interim guidato da Rodríguez Saá fu costretto a dichiarare lo stato di default sulla maggior parte del debito pubblico, constatata l'impossibilità di ripagarlo. I bond argentini in mano ai risparmiatori divennero carta straccia e gli effetti sul Paese furono a dir poco drammatici: molte imprese fallirono e la classe media fu messa praticamente in ginocchio.
Spread e rischio default
Lo spread misura il costo del finanziamento del debito di uno Stato. Nello specifico indica la differenza di rendimento tra i Btp italiani (i nostri titoli di Stato) e i Bund (titoli tedeschi), ritenuti i più affidabili dal mercato. Uno spread sopra i 450 punti- come quello registrato ieri– sta a significare che se la Germania remunera chi ha comprato il suo debito con un interesse dell'1,4%; l'Italia, invece, deve farlo sborsando il 6,3%. In pratica per rendere i suoi titoli di Stato appetibili come quelli tedeschi l'Italia deve pagare un interesse più di 4 volte superiore a quello applicato dalla Germania. Ma bisogna fare attenzione: una volta raggiunto il 7% di interesse il Paese supera la soglia di guardia, quella che conduce al default. A dare indicazioni sugli interessi che uno Stato dovrà pagare sui suoi titoli sono i mercati finanziari: se avranno fiducia in quel Paese ci sarà una corsa all'acquisto dei suoi buoni e quindi la grande domanda causerà una contrazione degli interessi; viceversa una scarsa fiducia da parte dei mercati causerà una diminuzione della domanda che costringerà lo Stato in questione a promettere più interessi per rendere appetibili i suoi buoni. E' la legge, semplicissima, della domanda e dell'offerta.
Che succede in Grecia?
La Grecia versa in una situazione economica gravissima e i pur ingenti aiuti stanziati in suo favore da parte dell'Unione Europea potrebbero non bastare a salvarla dal default. Per ottenere gli aiuti, l'esecutivo guidato da premier Papandreou ha varato delle durissime misure di austerità (licenziamenti di dipendenti pubblici, aumento delle tasse etc.) che, ovviamente, hanno causato vibranti proteste da parte dell'opinione pubblica. La decisione di indire un referendum sul piano di salvataggio ha destato molta preoccupazione nella cancelliera tedesca Angela Merkel e nel premier francese Nicolas Sarkozy: il rischio, infatti, è che la quantomai probabile bocciatura del piano da parte dei cittadini greci porti il Paese a un default disordinato che finirà col contagiare altri Paesi. "Il referendum rafforzerà la Grecia all'interno dell'Eurozona e sul piano internazionale" ha detto Papandreou alla Merkel. La situazione, però, resta delicatissima.
E in Italia come siamo messi?
In questo momento l'Italia è il Paese che genera più apprensione in Europa. Il deficit è pari al 3,9% del Pil, il debito pubblico è del 120,6% sul Pil (in soldoni il debito pubblico è di 1900 miliardi). I parametri di Maastricht- 3% del Pil per il deficit e del 60% del Pil per il debito pubblico- sono quindi lontani. Lo spread tra Btp e Bund è arrivato a sfondare il tetto dei 450 punti, le prospettive di crescita sono tutt'altro che entusiasmanti. Rischiamo il default? Tecnicamente sì. Il discorso, però, è molto più complesso. Già, perché oggi gli interessi economici dell'Europa sono tutti collegati e se l'Italia dovesse essere insolvente, il rischio è che trascini a fondo con sé tutto il vecchio continente. L'Eurozona potrebbe essere in grado di reggere il default greco, ma l'Italia è una nave troppo grossa e se affonda si affondano tutti. L'Europa ha quindi tutto l'interesse affinché l'Italia si salvi, ma anche il nostro Paese deve fare la sua parte: bisognerà tenere sott'occhio la spesa e rilanciare misure per la crescita, cercando di recuperare una credibilità sui mercati che ora manca davvero.