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Decreto Imu è legge. Ma il mattone in Italia è solo per i ricchi

Il Senato abolisce definitiamente la prima rata dell’Imu 2013 sulla prima casa (mentre per ora resta da pagare la rata di dicembre), ma il destino del mercato immobiliare italiano resta in bilico. Qualche segnale positivo però inizia a vedersi, sia pure indirettamente: gli “gnomi” svizzeri starebbero infatti tornando ad acquistare immobili in Italia.
A cura di Luca Spoldi
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Dici Imu e ti vengono in mente le interminabili filippiche pro o contro l’imposta patrimonale “figlia” della vecchia Ici istituita nel 1992 dal governo Amato ed abolita dal governo Berlusconi nel 2008 (dopo una prima riduzione dell’imposta carata dal governo Prodi l’anno precedente), solo per essere reintrodotta sempre da un esecutivo guidato da Silvio Berlusconi nel marzo del 2011, fissandone l’entrata in vigore nel 2014 (entrata in vigore che fu in realtà anticipata di due anni dal governo Monti a fine 2011, in pieno pressing dei mercati finanziari mondiali con un rendimento del Btp decennale al 7,56% e uno spread contro Bund del 5,3%). Oggi, senza grande clamore, il Senato ha approvato in via definitiva (155 sì, 55 no e 17 astenuti) la conversione in legge del decreto sull’Imu, senza ulteriori modifiche rispetto al testo licenziato dalla Camera che prevede l’abolizione definitiva dell’anticipo di giugno dell’Imu sulla prima casa, comprese le case popolari e le cooperative edilizie a proprietà indivisa, e sui terreni agricoli e fabbricati rurali (parallelamente ai Comuni viene assicurato il rimborso da parte dello stato dei 2,5 miliardi di mancato gettito).

Tutto bene quel che finisce bene? Insomma: intanto la legge odierna confermata per ora il pagamento della seconda rata in dicembre (le aliquote ed eventuali detrazioni dovranno essere pubblicate dai Comuni sui rispettivi siti entro il 9 dicembre), anche il governo resta impegnato a trovare risorse compensative per cancellarla definitivamente, poi continuo a non capire il perché si sia dato tanto peso a una vicenda che “pesava” (letteralmente) nelle tasche di ogni famiglia italiana mediamente sui 180 euro all’anno, vale a dire circa 15 euro al mese, su per giù lo stesso importo del “titanico” (notate per cortesia il tono ironico) taglio del cuneo fiscale da poco annunciato dal governo Letta, che per carità, è sempre meglio di un ulteriore aumento del peso dell’imposizione fiscale (che ormai alcuni contribuenti onesti ma al verde non riescono più a pagare “senza colpa”, come stanno iniziando a capire anche alcuni tribunali e, almeno a parole, il capo dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera) ma non cambierà la vita di nessuno.

Più che ragionare dell’importanza dell’Imu e della possibilità che la futura Tasi, chiamata a sostituire sia l’Imu sia la Tarsu, possa pesare più della somma delle sue componenti originali oppure no, sarebbe utile capire, secondo il mio modesto parere, quale futuro attende il mercato immobiliare italiano, futuro peraltro indissolubilmente legato alla ricetta con cui si tenterà (se si tenterà) di far ripartire il paese (o lo si impoverirà progressivamente). Da un lato, infatti, l’80% delle famiglie italiane risulta proprietario di uno o più immobili, dall’altro tra i maggiori proprietari immobiliari figurano banche e assicurazioni. Se il mercato si riprenderà potremo tutti tirare un sospiro di sollievo, insomma, altrimenti si rischia grosso, perché vendere a prezzi non “di saldo” in un mercato in cui, come confermano anche le ultime analisi di Immobililare.it, continua a crescere l’offerta e a calare la domanda (persino per quanto riguarda i box auto, un tempo “investimento sicuro” per autonomasia e che oggi vedono prezzi in calo anche del 5% nell’ultimo anno a causa di un aumento dell’offerta di unità sia in vendita sia in affitto), è materialmente impossibile.

Certo una crisi offre sempre una doppia lettura e quello che per alcuni è un periodo nero come l’inchiostro (o quanto meno un periodo in grado di generare continuamente ansia e timori) per altri potrebbe essere l’occasione per fare qualche buon affare. Come sempre occorre esser dotati di sufficiente liquidità (“cash is king” come ricordano spesso gli analisti di Motley Fool) o avere un merito di credito sufficientemente elevato da convincere una banca a farvi credito, cosa non facilissima ma neppure impossibile, nemmeno in momenti come questi. Così gira voce che alcune banche svizzere siano tornate ad acquistare immobili in Italia, per lo più indirettamente offrendo finanziamenti a trust e fondi immobiliari anche di nuova costituzione e questo potrebbe essere un segnale positivo.

Peccato solo (se siete proprietari di immobili) che questo non significhi che la ripresa sia dietro l’angolo visto che anzi nelle more dell’asset quality review della Bce (di cui vi ho già parlato) è probabile che anche le banche accettino, sia pure “obtorto collo” di svalutare ulteriormente i propri asset “a rischio”, portafogli immobiliari compresi. Insomma: i problemi in campo immobiliare non mancano e non sarà la conversione del decreto Imu in legge a risolverli come per incanto quanto la capacità di rinnovare il paese e ridare fiato alla crescita economica (e quindi del reddito disponibile), senza che gli italiani debbano ancora più nettamente intaccare i loro risparmi e il proprio patrimonio nel tentativo di far quadrare i conti pubblici o i bilanci delle banche. Per fortuna qualcosa, forse, sta iniziando molto lentamente e molto prudentemente a muoversi, speriamo non si tratti di un miraggio.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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