Decrescita e crisi economica: consumare meno per vivere meglio [REPORTAGE]
Decrescita felice e crisi economica
La crisi della società occidentale causata dalla crescita economica non può essere risolta con gli strumenti del capitalismo. La via d'uscita nelle parole di Latouche e Pallante: consumare meno (e meglio) per vivere "felici"
L’economia mondiale sprofonda nelle sabbie mobili della crisi finanziaria, l’Euro è sull’orlo del fallimento a causa del debito pubblico dei Piigs (tra cui Italia e Grecia) e il modello di sviluppo capitalista non sembra in grado di fornire risposte adeguate a uscire dalla depressione. La decrescita felice si rende necessaria, almeno secondo quello che sostengono gli studiosi di questa teoria economica come Serge Latouche e Maurizio Pallante. “Oggi invochiamo misure per favorire la crescita economica per uscire dalla crisi, ma questo non ci aiuterà perché è la stessa crescita a causare la crisi” sostiene Pallante.
Il capitalismo si basa sulla produzione di prodotti, per la quale servono investimenti -cioé debiti. Il consumatore, a sua volta, si indebita per acquistare queste merci. Inoltre, l’automazione dei processi industriali diminuisce l’occupazione. Si instaura così un ciclo perverso in cui vi è una sovraproduzione che i mercati non riescono ad assorbire, un consumo eccessivo di risorse rinnovabili e non rinnovabili (secono il rapporto del WWF “For living planet 2010” ogni anno consumiano le risorse di un 1,5 pianeti) e la diminuzione del benessere personale. Infatti, il PIL -strumento economico che misura la ricchezza di una popolazione- cresce costantemente, ma il benessere rimane costante quando non dimiuisce: è il paradosso di Easterlin, pensiamo soltanto alla sovraproduzione di automobili che fa aumentare il pil di una nazione ma rende la viabilità impossibile, incidendo sulla qualità della vita.
La crescita economica misurata col PIL causa sia la crisi del debito, che le gravi minacce alla sopravvivenza della razza umana: a causa dell’inquinamento e del consumo di risorse non rinnovabili come il territorio, per aumentare la produzione e il consumo di merci, assistiamo a violenti fenomeni atmosferici, frane e alluvioni. Non si tratta di una questione attinente alla “felicità” psicofisica di una persona, ma alla capacità di sopravvivere migliorando la qualità fisica della vita degli individui.
Per millenni, il PIL delle popolazioni non è aumentato. Soltanto negli ultimi secoli si è assistito alla sua impennata, ma non per questo non c’è stato sviluppo (la filosofia greca è nata in un periodo storico a zero crescita economica). Pallante propone di sospendere la produzione e veicolare le risorse all’efficientamento dei sistemi esistenti: migliorare l’efficenza energetica di case e sistemi di produzione, elaborazione di strutture di mobilità pubblica, senza consumare ulteriormente le risorse del pianeta.
Utopia? Ci sono molti esempi di città e comuni che seguono una via “sostenibile”. In Campania, il Comune di Pollica -il cui sindaco Angelo Vassallo fu ammazzato proprio per la sua lotta contro le speculazioni- oggi fa parte della rete di città “slow” che al consumo esasperato preferiscono il miglioramento della qualità della vita, attraverso la cura del paesaggio e dei beni comuni: eliminando la logica del profitto, che genera rendita economica improduttiva, nei settori dei diritti fondamentali dell’essere umano.