Il punto di partenza è di quelli che lasciano poco spazio ad interpretazioni di diverso tipo: "Di qui alle elezioni politiche si deve ragionare in termini di un nuovo soggetto politico moderno e l'esperienza napoletana sarà il pilastro. Una cosa è certa noi ci vogliamo stare". Insomma, alle politiche del 2013 con ogni probabilità ci sarà anche Luigi de Magistris, primo cittadino napoletano, reduce da un controverso rimpasto della Giunta e deciso più che mai a riproporre su scala nazionale la tanto decantata "rivoluzione arancione". Del resto, come confida al Mattino:
"Il tema dell'arancione è il filo del cambiamento che ha unito Napoli con Milano, Cagliari, Palermo, Genova e altre città. […] L'arancione può rappresentare la proiezione di una politica che supera il capitalismo ma anche un concezione statalista della società non più attuabile. Cioè che lo Stato possa far tutto e tutto debba essere Stato. Anche il privato deve tendere al bene comune, serve un nuovo ordine economico. E ha bisogno di un movimento politico per crescere. Non possiamo più puntare sul sindaco che risolva tutto, oggi è il momento di strutturare".
Che l'ex magistrato di Why Not, eletto al Parlamento Europeo nelle fila dell'Italia dei Valori (con il sostegno determinante dell'elettorato di area "grillina"), avesse ambizioni più ampie della pur confortevole poltrona di Palazzo San Giacomo, era cosa abbastanza nota. Che però il percorso verso la costituzione di una nuova forza interna al centrosinistra, in grado di replicare e migliorare (con una struttura più sensata) il vecchio "movimento dei Sindaci" subisse una accelerazione così decisa è cosa piuttosto sorprendente. Soprattutto considerando le "contingenze" non proprio fauste ed il momento di estrema difficoltà in cui si dibattono quelli che sembravano i protagonisti designati del soggetto arancione. A cominciare proprio da de Magistris che, propaganda anti – sistemica a parte (leggendari ormai alcuni tweet contro il liberismo e l'ordine costituito), non sembra proprio nel momento migliore della sua esperienza di Governo. L'ultimo rimpasto (frutto forse di un lento riavvicinamento con una parte del PD) è infatti solo la testimonianza evidente delle difficoltà di gestione e della tensione che si respira nelle stanze dei bottoni partenopei, tra una complessa situazione economica e questioni spinose ancora sul tappeto (per non parlare dei "casi" Rossi, Vecchioni e Narducci, solo per citarne alcuni). D'altro canto, dal punto di vista della comunicazione e dell'impatto mediatico il primo cittadino è riuscito a mettere a segno colpi ad effetto di non poco conto, come l'America's Cup, il Giro d'Italia, la pedonalizzazione del lungomare e l'uscita morbida (?) dall'emergenza rifiuti.
Momento delicatissimo anche per Zedda e Pisapia, che dopo l'entusiasmo iniziale si sono trovati a fare i conti con i residui delle gestioni precedenti e con i tagli del Governo centrale (pagando in parte anche un po' di inesperienza). Mentre poco è dato sapere sulla possibilità che rientri "in gioco" il Sindaco di Bari Emiliano, andato a sbattere su un cesto di cozze pèelose mentre era lanciatissimo "a cavallo della filosofia del bene comune".
Appunto, bene comune e ripensamento del rapporto fra cittadini ed istituzioni: dovrebbero essere questi i concetti cardine di una nuova formazione politica che troverebbe il suo naturale collocamento nell'area di centrosinistra. Come del resto si ipotizzava in ambienti democratici, l'esperienza di de Magistris potrebbe in qualche modo rappresentare un argine a quella che è considerata la valanga grillina, raccogliendo consensi fra i delusi del centrosinistra che non riescono, per una serie di motivi (di cui abbiamo parlato a lungo), a fidarsi della proposta politica del Movimento a 5 stelle. Volendo calcare la mano, de Magistris potrebbe presentarsi come un Beppe Grillo di sinistra (visto che l'originale "rifiuta" etichette, considerandole sorpassate, beato lui), con la stessa capacità di empatia nei confronti del proprio elettorato, ma con una "declinazione" alternativa a quella del comico genovese. Ne parlava con grande acume Tommaso Ederoclite su linkiesta qualche mese fa, sottolineando che:
Credo che dietro le ambizioni politiche di De Magistris ci sia però una ulteriore considerazione. Da più parti sentiamo dire e leggiamo che esiste un vuoto politico tutto da colmare e sul quale Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle hanno saputo lavorare. Il risultato elettorale del M5S ha dimostrato empiricamente che quel vuoto c'era e c'è. Un vuoto che però è stato colmato portando con sé non poche discussioni e che contiene diverse amibiguità tutte ancora da comprendere.
Insomma, leaderismo ed empatia, comunicazione "spontanea" e finanche una certa risolutezza nell'attività amministrativa: caratteristiche che da sempre affascinano un certo elettorato. Certo è che la mossa di de Magistris appare comunque prematura sotto un altro aspetto, dal momento che impegnarsi intensamente in una esperienza del genere potrebbe rappresentare un limite per chi ha un compito così gravoso da portare a termine. Giggino è infatti il Sindaco di una città "mai uguale alle altre" e la strada della "normalizzazione", del rinnovamento gestionale e della risoluzione dei mali endemici di Napoli è ancora lunga e ricca di insidie. Francamente Napoli merita un Sindaco concentrato al 100% sul lavoro e che sappia resistere alle sirene romane, almeno fino a che "l'albero del rinnovamento e i fiori della normalità" non abbiano piantato radici solide ed in grado di assicurare il futuro che meritano ai tanti cittadini che hanno abbracciato la rivoluzione arancione.