Che fosse così complesso approvare un disegno di legge che riconducesse finalmente l'Italia nel solco delle grandi democrazie occidentali, francamente è cosa che non ci saremmo aspettati. Tanto più dopo le figuracce collezionate proprio a causa del ritardo nella ratifica della Convenzione di Strasburgo e tanto più dopo gli appelli del Capo dello Stato e gli allarmi lanciati a più riprese dalla Corte dei Conti sulla "capillare diffusione del cancro della corruzione a tutti i livelli della macchina amministrativa". Tanto più dopo le polemiche successive al primo passaggio parlamentare, dopo le contestazioni ed i ritardi in Commissione, dopo lo spettacolo indecente offerto da dichiarazioni, smentite e via discorrendo. Ma più che la decenza può l'ostruzionismo, o meglio, l'interesse di qualcuno e il clima da guerra ideologica che si respira ogni volta che si tratta di affrontare la questione "giustizia".
Dopo una giornata di polemiche, tutto rinviato a lunedì – Ma non è solo l'ostruzionismo del fu centrodestra a rallentare il dibattito, non oggi almeno. Paradossalmente sono le grane tra Partito Democratico ed Italia dei Valori ad aver determinato la surreale situazione di questa giornata, con il Governo che è andato finanche sotto e con la decisione successiva di rinviare il tutto a lunedì, per "approvare il provvedimento senza ulteriori intoppi". I democratici, che avevano ritirato alcuni emendamenti per "velocizzare il dibattito", si sono ritrovati infatti a polemizzare con gli "alleati" dell'Italia dei Valori che hanno ripreso i testi "cestinati" e li hanno fatti propri. Uno stallo dal quale l'Aula non è uscita se non con un nuovo rinvio. Se non altro, l'Aula ha esaminato il ddl fino all'articolo 4, approvando anche l'emendamento che "vieta ai dipendenti della Pubblica amministrazione di ricevere o chiedere regali o accettare qualsiasi tipo di compenso per l'espletamento delle proprie funzioni di lavoro".