Datagate, Obama non sapeva che l’NSA spiava leader stranieri
124,8 miliardi di telefonate in tutto il mondo intercettate, 46 milioni solo in Italia, 35 leader politici spiati. Eppure, Barack Obama non sapeva niente, almeno secondo una recente indagine della Casa Bianca. Il Wall Street Journal riporta che il Presidente degli Stati Uniti non era a conoscenza dell'attività dell’NSA. Almeno non tutto, certo non quella che ha generato lo scandalo Datagate. In pratica, secondo il documento ad Obama giungono solo briefing generici, nei quali non erano ben specificati gli obiettivi da tenere d'occhio. "Sono decisioni che vengono prese dall'NSA – si legge sul quotidiano economico -. Il Presidente non ha autorizzato le singole operazioni. Siamo al lavoro per cambiare questo tipo di protocollo". Così, dopo avere appreso dell'indiscrezione del Guardian, Washington ha deciso di “tagliare alcuni programmi di monitoraggio”, coll'obiettivo di rassicurare tanto i Paesi alleati, oltre che gli stessi cittadini americani.
Intanto Jay Carney, il portavoce della Casa Bianca, da una parte ribadisce come gli Stati Uniti usino tutti i dati raccolti con metodi di sorveglianza per tenere al sicuro gli americani nel Paese e all'estero e non per scopi economici, e dall'altra aggiunge che "ci sono stati cambiamenti tecnologici importanti che hanno condizionato il modo in cui raccogliamo e trasmettiamo informazioni. Questo significa che dobbiamo adattarci garantendo un approccio equilibrato" tra sicurezza e privacy; ma secondo il New York Times Obama sarebbe addirittura pronto a fare "piazza pulita" dello scandalo che ha travolto l'Intelligence. L'indiscrezione arriva dalla senatrice democratica Dianne Feinstein, a cui il Presidente ha confidato la sua decisione. “Non credo – ha detto la Feinstein – che gli Stati Uniti debbano sorvegliare le telefonate dei presidenti e primi ministri delle nazioni amiche”. La Feinstein, presidente della commissione di vigilanza sui servizi segreti al Senato, ha fatto sapere che la sua commissione “avvierà una revisione profonda di tutti i programmi di intelligence”, scrive il quotidiano della Grande Mela.