Dalla letteratura noir ai gadget: Pietro Pacciani, eziologia di un mito pop
Chi non comprerebbe un paio di orecchini del Mostro di Firenze? Come se fosse un orgoglio locale, come il vinsanto coi cantuccini, il giglio di Firenze o le cartoline con la veduta storica di piazza della Signoria, l'effigie di Pietro Pacciani, il contadino toscano accusato dei delitti che insanguinarono la Toscana negli anni Settanta e Ottanta, è finita su orecchini, magneti e spillette in vendita su E-bay. Neanche Dante, come personaggio dal colore locale, è assurto a tale popolarità.
Sul noto sito di vendita e aste online gli orecchini del ‘Mostro di Firenze‘ costano cinque 5 euro; 4, invece, le spillette con la foto di Mario Vanni. Anche il Torsolo, il postino di San Casciano che coniò involontariamente l'espressione ‘compagni di merende', che avrebbe marchiato grottescamente il trio Pacciani-Vanni-Lotti, è finito nel tritacarne del marketing macabro dei gadget. Manca solo a lui a completare la triade dell'orrore versione bijou: Giancarlo Lotti, il Katanga, l'accusatore dei compagni di merende, l'alcolista con tendenze omosessuali la cui controversa confessione ha dato il via al processo.
Anche quando non aveva volto, del resto, il mostro di Firenze era già un brand da commercializzare. Già negli Ottanta quando il terrore – e il fascino – del serial killer delle coppiette, ritratto dai media come un inafferrabile Jack lo squartatore nostrano, spopolavano T-Shirt dedicate a altri gadget dedicati, di produzione locale. Un po' come il killer dello Zodiaco negli Stati Uniti, il macellaio fiorentino impersonava l'assassino di tutti i romanzi, il ‘mostro' per antonomasia. Ed era succulento materiale per improvvisati pubblicitari.
Con l'arresto di Pietro Pacciani, detto il vampa, un rozzo contadino guardone, svanita l'allure cinematografica intorno al serial killer con la gorgia, il mito è diventato, semmai, ancora più pop. Si rideva delle sue esternazioni in tribunale (Lo vede questo? – diceva mostrando un'immagine di Cristo? Gesù è mio fratello…), si guardava con pena e una inconfessabile simpatia a quel nonnetto con il gilet, accusato di aver ucciso e squartato 16 persone.
Il Vampa, contadino, postino ed ex partigiano, ha sempre esercitato un fascino magnetico sulle persone. Già all'epoca del dibattimento in aula e anche dopo la sua morte – avvenuta mentre era in attesa del secondo processo dopo l'assoluzione per mancanza di prove – nell'opinione pubblica italiana si è aperta una faglia di dubbio sulla reale colpevolezza di quell'uomo all'apparenza tanto indifeso. Lo stesso uomo del quale le due figlie, Rosanna e Graziella, denunciarono anni di violenza e abusi. Le teneva segregate in casa, le violentava ogni giorno e dava loro da mangiare cibo per cani, il contadino delle ‘merende'.
Lo stesso uomo che piangeva la propria solitudine aveva, da giovanissimo, ammazzato l'amante della giovanissima fidanzata dopo averli sorpresi nell'intimità, con un mano di lui sul seno sinistro di lei. Lo stesso che nelle future – presunte – vittime verrà asportato. E poi stuprandola davanti al cadavere. Il vampa era un uomo depravato e violento, calcolatore e sadico, collerico e bugiardo. Eppure, nonostante i crimini abietti di cui si è macchiato, gli ultimi anni ripulito la sua immagine di quella patina di orrore, consegnando all'immaginario un uomo vecchio e solo, che stringe il santino di Gesù, mormorando, puerili dichiarazioni di innocenza. Dimentica del sangue, del dolore immenso che ha distrutto intere famiglie, ucciso padri di giovanissime vittime (Renzo Rontini, padre di Pia, morì di infarto davanti alla Questura), l'Italia becera e ridarola si diverte ricordando quei fatti con spillette e calmite. Anche questo, in fondo, è un modo per esorcizzare il male.