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Dal tribunale di Ivrea una sentenza storica: “Lʼuso scorretto del cellulare causa il tumore”

Non era mai successe prima d’ora che una sentenza di un Tribunale riconoscesse il nesso fra il telefono e il cancro. Il caso riguarda un 57enne, dipendente Telecom, colpito da neurinoma dopo aver utilizzato il cellulare anche per 4 ore al giorno. L’Inail dovrà corrispondergli una rendita vitalizia da malattia professionale.
A cura di Biagio Chiariello
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Quel telefono cellulare usato per 15 anni per 3/4 ore al giorno è stata causa di un tumore al cervello per Roberto Romeo, un 57enne dipendente della Telecom. Ora l’Inail dovrà pagargli la rendita perpetua per il danno subito sul lavoro. Questa la decisione del Tribunale di Ivrea, annunciata dagli avvocati Renato Ambrosio e Stefano Bertone, dello studio legale torinese Ambrosio e Commodo: “Per la prima volta una sentenza riconosce un nesso tra l'uso scorretto del cellulare e lo sviluppo di un tumore al cervello”.

Il caso, destinato probabilmente a fare giurisprudenza in materia, parte dalla denuncia di un dipendente della principale azienda di telefonia del nostro Paese.  Il tumore era stato diagnosticato all’uomo nel 2010, dopo una continua sensazione di orecchio tappato. L’effetto cancerogeno delle onde elettromagnetiche del telefonino era già stato riconosciuto sin dal 2011 dalla Iarc che aveva inserito questo dispositivo nella categoria 2b. Nel caso specifico, una consulenza tecnica aveva stabilito che l’uso del cellulare aveva causato il neurinoma dell’acustico, un tumore benigno ma invalidante. “Il fatto che nel 2017 i tribunali italiani riconoscano la causa oncogena insita nei campi elettromagnetici generati dal cellulare è il segno del continuo avanzamento delle conoscenze scientifiche” spiega l’avvocato Bertone.

“Non voglio demonizzare l’uso del telefono cellulare- dice oggi Roberto Rome – ma per evitare quello che mi è successo bisogna saperlo utilizzare in modo corretto. Ero obbligato a utilizzare sempre il cellulare per parlare con i collaboratori e per organizzare il lavoro – racconta l'uomo -. All’inizio pensavo di essermi preso un’infezione all’orecchio ma poi ho capito che la cosa era bene più grave” racconta ancora Romeo che era obbligato a usare il telefono cellulare al lavoro in quanto non si trovava in ufficio, ma era spesso in giro”.

“La popolazione deve essere avvisata perché basta usare il telefono con l’auricolare o a una certa distanza per poter abbassare i rischi. Abbiamo avuto difficoltà sul profilo medico e scientifico perché ci è stato detto che non c’erano prove che potesse creare un tumore, ma è stato detto che non si poteva anche dire il contrario. Questa sentenza invece dice proprio che c’è un nesso causale ed è per questo che ora chi ci governa debba prendersi la responsabilità di fare qualcosa” dice l’avvocato Renato Ambrosio.

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