Zubin Metha dirige il “Falstaff” di Verdi alla Scala di Milano
Torna a casa Giuseppe Verdi, dunque, con la sua ultima opera "Falstaff" nell'apprezzata regia di Damiano Michieletto e la bacchetta dell'amato Zubin Mehta. Nomi e cognomi a cornice della commedia lirica in tre atti firmata da Arrigo Boito nel 1893, forse la più scaligera e meneghina opera in repertorio. Un titolo che coincise appieno con un'altra monumentale opera del compositore di Roncole Verdi che, ultimato il suo "Falstaff" ad ottant'anni, cominciò a guardare al di là della sua fama e dei suoi spartiti. Evidentemente già immaginava l'ultimo viaggio che l'aspettava e, soprattutto, pensò alla massa di musicisti che non avrebbero potuto permettersi una serena e meritata vecchiaia in attesa dell'ultimo saluto. Da qui Giuseppe Verdi fece edificare la sua "opera più bella", ovvero la Casa di riposo per musicisti in piazza Buonarroti a Milano. E da quell'idea Damiano Michieletto unisce sapientemente le due ultime realizzazioni del sommo Maestro ambientandovi un "Falstaff" di straordinaria delicatezza ed umanità. L’amarezza e il declino del gaudente nobiluomo trovano così una tenera accoglienza nelle pareti della Casa, fedelmente riprodotte dallo scenografo Paolo Fantini e riproposte dalla voce verdiana di Ambrogio Maestri, sedotto e gabbato da Carmen Giannattasio, Giulia Semenzato e Annalisa Stroppa; Massimo Cavalletti e Francesco Demuro vestono i panni di Ford e Fenton. Nato a Salisburgo, lo spettacolo approda sotto la Madonnina alla sua collocazione naturale.
La bacchetta magica è di Zubin Mehta
Sul podio scaligero torna Zubin Mehta che festeggia anche i suoi cinquantacinque anni al Piermarini con un fitto programma che accanto ai tre concerti per la Stagione Sinfonica diretti qualche settimana fa, ed a "Falstaff" in scena da stasera fino al 21 febbraio, lo vede impegnato per la prima volta nel balletto con la "Serata Stravinskij" dall’11 febbraio al primo marzo. Dal debutto nel 1962, Zubin Mehta ha diretto al Teatro Alla Scala "Salome", "Il trovatore", "Turandot", "Jérusalem", "Tannhäuser", "Aida" e l'ultimo "Der Rosenkavalier" dello scorso anno, alternando le rappresentazioni con la Los Angeles Philharmonic, la New York Philharmonic, la Israel Philharmonic, i Wiener Philharmoniker e la Filarmonica della Scala. Dalla buca al palcoscenico il passo è assai breve quando la voce è di un'eccellenza quale Ambrogio Maestri che, dopo il debutto nel ruolo al Teatro Alla Scala nel 2001 con Riccardo Muti, è poi stato Falstaff più di duecentocinquanta volte in oltre venticinque teatri imponendosi come interprete di riferimento. Al suo fianco Alice Ford è nella voce di Carmen Giannattasio, già apprezzata al Teatro Alla Scala nella stessa parte con Daniel Harding e come Amelia in "Simon Boccanegra" con Myung-Whun Chung e che sta per tornare al Metropolitan come protagonista de "La traviata".
Chi è "Falstaff"?
Sir John Falstaff è un anziano e corpulento signore, alloggiato con i servi Bardolfo e Pistola presso l'Osteria della Giarrettiera. I suoi modi di fare lo spingono a corteggiare impunemente donne a destra e manca e, ultime di una corposa serie, progetta di conquistare le due belle e ricche dame Alice Ford e Meg Page. A questo scopo decide tuttavia di invia alle due comari altrettante lettere d'amore perfettamente identiche, prestando inevitabilmente il fianco alla reazione delle due donne che difatti non si fa attendere. La risposta è architettata dalle due protagoniste, affiancate dall'altra comare Quickly e dalla figlia di Alice Nannetta, intenzionate a burlarsi del cavaliere seduttore. I servi di Falstaff informano anche mastro Ford ed il dottor Cajus delle intenzioni di Falstaff e così, all'insaputa delle quattro donne, preparano un secondo scherzo al cavaliere.
Nel secondo atto si aprono le danze delle vendette e delle burle. La comare Quickly reca a Falstaff un messaggio di Alice, invitandolo a casa «dalle due alle tre», l'ora nella quale il marito è assente.
Partita Quickly si presenta mastro Ford, sotto il falso nome di signor Fontana, supplicando Falstaff di ricorrere alle sue rinomate arti amatorie per conquistare Alice, affinché la giovane possa concedersi anche a lui.
Come consuetudine Falstaff accetta, anche per via della generosa offerta di un compenso, e confida al falso signor Fontana che dopo una mezz'ora Alice sarebbe caduta fra le sue braccia. Tuttavia mastro Ford si ingelosisce oltremodo ma le donne fanno giusto in tempo a nascondere l'elegante e profumato Falstaff dentro la cesta del bucato per poi essere gettato nel fossato sottostante tra le risa di tutti i presenti.
Il terzo atto è una meravigliosa burla. Alice rivela al marito la verità e tutti si coalizzano per giocare a Falstaff l'ultima spettacolare burla: la comare Quickly lo convince a recarsi ad un nuovo appuntamento nel parco con Alice e Meg, a mezzanotte, travestito da Cacciatore Nero. Tutti si travestono da fate e folletti e Nannetta da Regina delle fate. L'appuntamento si trasforma in una delle più belle burle dell'opera: mascherati da creature fantastiche, tutti gli abitanti di Windsor circondano il cavaliere seduttore, mentre una schiera di folletti (i bambini di Windsor) lo tormenta e lo costringe a confessare i suoi peccati.
Finalmente Falstaff riconosce il servo Bardolfo e comprende di essere stato nuovamente deriso prima di poter dettare l'ultima morale verdiana: "tutto nel mondo è burla."