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“Zingaraccia” vs “Navigator”: come la retorica di Salvini vince su quella di Di Maio

Mentre al primo “incontro motivazionale” dei navigator un “Ladies and gentlemen please welcome Luigi Di Maio!” introduceva il capo politico del M5S sul palco, Salvini rispondeva all’auspicio di morte di una rom scrivendo su Twitter “Stai buona, zingaraccia, stai buona, che tra poco arriva la RUSPA”. Una differenza retorica che spiega molte cose.
A cura di Giorgio Moretti
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 Che differenza c'è fra la retorica di Di Maio e quella di Salvini? Sala Santa Cecilia, Parco della Musica di Roma. Il primo evento di "formazione" dei navigator ha il profilo di un evento della Apple fatto in provincia, farcito di locuzioni inglesi che dimostrano quanto la strategia di schierare questi navigator sia avanzata, internazionale, futuristica. Motti motivazionali investono la platea, gridano un qui si sta cambiando il mondo. La matrice di Casaleggio è palpabile: non solo la Casaleggio Associati controlla privatamente le redini di cavalli fondamentali del Movimento, ma l'afflato futurologico di Roberto Casaleggio continua a spirare.

Questa retorica sull'innovazione, sul futuro imminente su cui si sta surfando d'avanguardia con mezzi d'avanguardia, da sempre centrale per il M5S, è del tutto aliena alla Lega. Su mille fronti, anche i più inattesi e sconcertanti, M5S e Lega hanno trovato il modo di comporsi e di convenire su una soluzione comune, ma questa narrazione della realtà li trova radicalmente divisi. Salvini fa di tutto per mostrarsi, per raccontarsi nella presenza del qui e ora: pochi sogni, poche proiezioni (quando ci sono sono tutte sulla normalità); la massa della sua retorica è sull'azione attuale, sul mentre gli altri [qualcosa] io lavoro, oggi, oggi, nelle prossime ore, è legge, facciamo questo e vediamo chi ha da ridire, la pacchia è (già) finita. Risultati ottenuti, mali censurati, al massimo direzioni in cui andare a partire da questi. E questa tendenza è rappresentata in maniera brillante dalla scarsità di parole e locuzioni inglesi a cui ricorre. Anzi.

Quando vuole commentare il fatto che una persona di una certa etnia si sia augurata pubblicamente che qualcuno gli metta una pallottola in testa, sceglie una via che è quasi letteraria, quasi poetica. "Stai buona, zingaraccia, stai buona": quella ripetizione (tecnicamente un'analessi) così espressiva, quasi tenera, quasi rivolta al can che abbaia e non morde, quel peggiorativo che sa di disfemismo (come quando chiami ‘vecchiaccio' un amico per scherzo), e che se pur peggiora il già sgradevole ‘zingara', lo fa con un gusto familiare, rétro. Quasi una carezza per quella donna che gli augurava una morte violenta, mentre pronuncia la profezia della cancellazione del suo mondo: dormi dormi, bimba bella, che tra poco arriva la ruspa.

La differenza di presa che passa fra un "We can do it" (di sapore anche un po' renziano) lanciato e sospeso senza costrutto, nel percepito quadro di un tradimento sistematico di ogni singola promessa sia stata fatta da Di Maio alla guida del M5S, e invece uno "Stai buona, zingaraccia, stai buona", minacciato col sorriso, nel percepito quadro di un'azione sistematica subita ed efficace, è abissale. Da un lato il visionario provinciale, dall'altro il padrone di casa. Si tratta solo di narrazione, certo, di storytelling, perché l'impatto politico e amministrativo di questo governo, lato verde e lato giallo, sulla nostra vita è stato dei più impalpabili: solo nella coltivazione del clima di odio si è distinto.

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Nato nel 1989, fiorentino. Giurista e scrittore gioviale. Co-fondatore del sito “Una parola al giorno”, dal 2010 faccio divulgazione linguistica online. Con Edoardo Lombardi Vallauri ho pubblicato il libro “Parole di giornata” (Il Mulino, 2015).
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