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Zebedei: come si passa dallo Zebedeo dei Vangeli ai testicoli?

Gli ‘zebedei’: un eufemismo per i testicoli, anzi per i nomi più volgari con cui si possono chiamare. Non tutti sanno che questo nome deriva direttamente da Zebedeo, un personaggio dei Vangeli con due figli davvero molto famosi: come si arriva da quel dignitoso Zebedeo ai nostri maliziosi zebedei?
A cura di Giorgio Moretti
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I riferimenti biblici pervadono la nostra lingua; ma non sempre testimoniano un atteggiamento devozionale. Volentieri testimoniano una tendenza al dissacrante, che senza arrivare alla blasfemia coglie con leggerezza alcuni elementi marginali della narrazione sacra. Qui in particolare possiamo apprezzare come una fantasia irriverente abbia portato il nome di un personaggio dei Vangeli a un eufemismo molto usato per coprire con facile simpatia (sempre colloquiale ma decorosa) tutte quelle espressioni figurate che variamente coinvolgerebbero il riferimento ai testicoli. Come è meno aggressivo, dire che Tizio ci ha rotto gli zebedei, invece di dire che ci ha rotto i coglioni, e quanto è più accettabile!

Non serve essere teologi per sapere che fra i dodici apostoli scelti da Cristo c'erano coppie di fratelli di sangue: erano fratelli Pietro e Andrea, così come Giovanni (l'evangelista) e Giacomo il maggiore. E sono questi ultimi due che qui ci interessano. Erano figli di Zebedeo: costui non era proprio l'ultimo degli scalzacani, con le categorie di oggi diremmo che era un imprenditore ittico. Cioè, lui era pescatore ma aveva anche altri pescatori alle sue dipendenze; pescavano sul lago di Tiberiade, e con lui lavoravano i suoi figli.

Più volte nei Vangeli i due sono chiamati ‘figli di Zebedeo', espressione che in latino (lingua in cui fino all'altro ieri venivano pubblicamente letti i Vangeli durante le liturgie) è ‘filii Zebedaei‘. E qui dobbiamo capire lo speciale influsso che hanno avuto queste letture sulla lingua italiana: erano letture che arrivavano all'orecchio di tutti, in ogni luogo. E risuonavano continuamente, tornando ciclicamente a riproporre gli stessi brani. E non che fossero intese perfettamente: la stragrande maggioranza di persone che le sentiva di latino ci capiva davvero poco, quindi certi malintesi e certe leggerezze erano anche più facili (pensiamo al fenomeno analogo delle storpiature delle parole inglesi…!). Però, come dire?, con continuità e pazienza il calmo torrente scava la valle.

All'orecchio di chi ascoltava assiduamente le letture del Vangelo suonavano spesso questi ‘filii Zebedaei', che quando venivano chiamati così erano sempre in coppia. Questi due zebedei. La fantasia maliziosa è sempre affamata di eufemismi, e la loro efficacia dipende da quanto sono coperti ma anche da quanto si vede che c'è qualcosa sotto: il luogo comune di questa coppia di fratelli è stato un appiglio fin troppo facile per significare i testicoli, e il suono del loro nome, così riconoscibile e ingombrante, è stato un ulteriore punto di forza. Va notato, a dispetto della loro dignità, visto che sono letteralmente fra le figure più rilevanti del Cristianesimo (insieme a Pietro fanno il terzetto di apostoli più importanti).

L'invenzione dell'eufemismo è recente o ha avuto una lunga incubazione, visto che è attestata per iscritto solo nel Settecento. Classicamente questo termine è usato al plurale nell'espressione ‘rompere gli zebedei', che tutti conoscono, come anche ‘togliersi dagli zebedei' con tutte le varianti possibili, e lo ‘stare sugli zebedei'. Peraltro è attestato che, così come ‘coglione' ma con un gusto più ricercato, lo zebedeo può indicare la persona stupida.
Comunque fa sempre piacere incontrare un eufemismo di successo, che per quanto sia adatto solo a discorsi colloquiali risulta pulito, garbato, innocuo, pur essendo colorito e vivace oltre il dissacrante.

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Nato nel 1989, fiorentino. Giurista e scrittore gioviale. Co-fondatore del sito “Una parola al giorno”, dal 2010 faccio divulgazione linguistica online. Con Edoardo Lombardi Vallauri ho pubblicato il libro “Parole di giornata” (Il Mulino, 2015).
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