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Wayne: “Per questo disco ho sofferto la solitudine, sono uscito dalla bolla della Dark Polo Gang”

Wayne, nome d’arte di Umberto Violo, ha pubblicato lo scorso 6 settembre il suo “primo” Ep da solista: Una notte a Milano. Nell’intervista racconta il rapporto con la solitudine, la nuova vita e un possibile ritorno della Dark Polo Gang.
A cura di Vincenzo Nasto
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Wayne, foto di Comunicato Stampa
Wayne, foto di Comunicato Stampa

Lo scorso 6 settembre Wayne, nome d'arte di Umberto Violo, ex membro della Dark Polo Gang, ha pubblicato il suo "primo" Ep da solista: si tratta di Una notte a Milano, un episodio che trova delle analogie con il recente passato, evolvendosi però in una nuova natura. Perché, anche se in Succo di zenzero vol.2, il suo ultimo progetto pubblicato nel 2022, si erano cominciati a sentire suoni distanti da quelli con cui la Dark Polo Gang dal 2016 al 2020 avevano investito la discografia italiana, è avvenuta una rivoluzione personale. Infatti, il cambio di abitudini quotidiane, nuove conoscenze e viaggi, hanno teletrasportato Wayne in una dimensione anche glam pop della sua musica, come può testimoniare il singolo Berlino. Poi i feat con Edonico, ma anche il "cuore romano" con Fasma, sembrano proiettare Wayne fuori dalla zona di comfort. L'autore aveva già spiegato questo "salto" nell'annuncio dei due live che terrà il prossimo 12 dicembre all'Alcazar di Roma e il 15 all'Apollo di Milano, in un post su Instagram: "Prima di annunciare la data del nuovo Ep dovevo fare questo passo e superare questa fottuta paura: un po’ come quando cadi dal motorino e non sei stato abbastanza furbo da risalirci immediatamente. E ormai non salgo su un palco da tanto, troppo tempo. Ho addirittura pensato di non volerci più risalire". L'autore è ritornato anche su una possibile reunion della Dark Polo Gang: qui l'intervista a Wayne.

Una notte a Milano si distacca dal tuo recente passato: cosa ti è servito per arrivare a un progetto del genere?

Ho avuto bisogno di tempo, di vivere. Ho dovuto riadattare un po' di cose, fare nuove esperienze e trovarmi un po' da solo, indifeso. Sono uscito dal guscio per rivivere alcune emozioni e per ricominciare a esternare una nuova vita.

Qual è la cosa che ti ha stimolato di più?

Già in Succo di Zenzero vol.2, ho incominciato a fare pezzi molto diversi: da quello rage, passando per il pezzo con Tony. Ho cercato di anticipare una roba che in Italia era un po' complicata, ma oggi potrebbe essere un po' più capita.

Quando pensi di aver cominciato questo cambiamento? 

Credo che la prima volta che sono uscito fuori dal mio mondo è stato con Sangiovanni. Un altro approccio alla scrittura che mi ha anche caricato, perché mi sono reso conto che è una nuova sfida. Ma questo non vuol dire girare le spalle al vecchio.

Hai pensato alla difficoltà di esser riconosciuto con un suono nuovo?

Anche Succo di zenzero vol.1, che oggi è un culto, la gente non l'ha capito subito. È un po' come l'arte, che tende a riempirti di dubbi, poi capisco che la gente ha dei gusti e quindi quest'evoluzione possa piacere o meno.

In un'intervista a Esse Magazine hai sottolineato come questa tua scelta possa essere paragonata a quella di Achille Lauro, avvenuta qualche anno fa. 

È stato uno di quelli che mi ha ispirato a dire: ‘Fregatene'. Capisco che ci siano artisti che rimangono coerenti a ciò che fanno e li rispetto, ma rimane comunque una questione di gusti. Poi ammetto che sono stato tra i primi a non capire perché in quel momento Lauro stesse cambiando, quindi capisco anche il pubblico adesso con me, non sono arrabbiato.

Cos'è cambiato nella tua quotidianità, musicale e non?

Dal punto di vista musicale, sicuramente sto facendo ritornelli più aperti. Mentre dal punto di vista personale, come detto prima, ho iniziato di nuovo a vivere. Per esempio, io sono un amante del club e ho ricominciato a frequentarli. Mi sono anche un po' staccato dall'andare in studio.

Perché?

C'è bisogno di staccare in alcuni momenti, anche perché poi quando ritorni, sei pieno di roba da dire. Ammetto di non avere quella costanza da goleador, in studio tutti i giorni. Adesso mi piace tanto andare nei club, conoscere persone nuove, viaggiare, magari uscire dalla bolla.

Non vuoi rientrare nella cerchia degli "stakanovisti"?

Penso ad artisti come Calcutta che fanno un disco ogni cinque anni e alla fine viene un album bellissimo. Capisci che riesce a stare cinque anni fermo e scrive robe bellissime.

Una bolla di persone che frequenti da anni?

Sì, prima ero sempre con le stesse persone. Adesso mi sono un po' rimescolato, ne ho conosciuto di nuove, di cui mi sono anche innamorato. Ma alla fine non è andata bene.

Ti sei sentito solo in questo nuovo percorso?

Diciamo che mi sono reso conto di quanto fossi coccolato prima. Poi naturalmente, cambiando management, etichetta, mi sono lanciato per portare avanti quello che era il mio progetto.

E in questo disco, quanto della tua storia personale è entrata?

Sicuramente, gran parte delle cose che ho scritto, da Berlino a Insterstellar, sono cose che ho vissuto negli ultimi anni. Sono andato alla ricerca dell'amore, del risentire quell'aspetto delle tue emozioni e poi vedi che inciampi in situazioni, magari dove l'amore davvero non c'è.

Tra i feat del disco, compare anche Edonico. Come ti sei trovato con lui e come nasce Polline?

Lui l'ho scoperto scrollando e sono rimasto scioccato, lo trovo geniale: un artista con un progetto davvero cool. Poi credo che il pop italiano stia tirando fuori cose molto fighe, anche perché si è rimescolato molto ultimamente. Ci siamo beccati con un messaggio su Instagram e abbiamo trovato una sintonia. Inizialmente non riuscivo a scrivere, ma poi ho sentito il suo ritornello geniale, e sono andato diretto sulla traccia.

Se ci fosse una cosa che, maggiormente, vorresti far capire al pubblico di questo Ep, quale sarebbe?

Credo la pesantezza della traccia con Fasma: spero che la gente capisca il peso delle parole perché in quella canzone c'è tanto dolore, anche positivo e di crescita. Tra di noi l'abbiamo descritta "cuore romano".

Mi piacerebbe sapere invece cosa aggiungerebbe in questo momento proprio alla storia della Dark Polo Gang, un nuovo capitolo, nel caso in cui ci fosse?

Più che aggiungere, potrebbe far rivivere uno dei momenti musicali più eccitanti degli ultimi 15 anni in Italia. Anche se sono uscite tante nuove realtà, ciò che abbiamo fatto noi era diverso. Eravamo pischelli senza manager, senza case discografiche, e creavamo il panico, mentre oggi è tutto un po' più indirizzato. Sarebbe bello far vivere quell'esperienza a persone che non l'hanno vissuta, sia per una questione anagrafica, sia perché le loro attenzioni, in quel momento erano concentrate su altro. Ecco, non credo che adesso dobbiamo dimostrare più niente a nessuno come gruppo.

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