Voilà Miss.Tic! Voilà le femmes belles et rebelles
Partiamo da lei, l’artista, la Miss passionale e romantica, irriverente e sensuale. La misteriosa “libertine cérébrale” che fa della propria vita la propria arte e viceversa.
Miss.Tic non ha mai rivelato il proprio nome e, sin dai suoi esordi negli anni ’80, ha taggato le proprie opere sui muri delle strade di Parigi con un soprannome tratto dai fumetti di Paperon de’ Paperoni: nella versione francese del fumetto Disney, Miss Tick è Amelia, la strega che ammalia, la femmina aggressiva ma innamorata, cui ha voluto ispirarsi la nostra artista. La biografia di Miss.Tic è fatta di lutti, fughe, viaggi, solitudini, amori e delusioni. Fortemente legata a Parigi, sua città di nascita, nei primi anni ‘80 la lascia per trasferirsi negli Stati Uniti, ma dopo poco vi fa ritorno, delusa dalla fine di una storia d’amore e decisa ad affrontarla con una risposta intelligente ed elegante, potente ma non isterica: sceglie di raccontare il suo disincanto, la sua rabbia e il suo amore, scrivendoli sui muri. Nascono così i suoi Pochoirs des rues, disegni impressi sui muri, realizzati con stencil di cartone e bombole di colore spray. Nascono da qui le sue donne belle e ribelli che dalle rues parigine hanno affascinato, sfidato e stupito ormai diverse generazioni.
È il 1985 quando Miss.Tic sceglie la Street Art, per poi diventarne la pioniera, la regina indiscussa. Formatasi con il teatro di strada e la poesia, e influenzata dalla cultura hip-hop e underground americane, si scopre naturalmente predisposta ad un’arte che sia pubblica, accessibile a tutti e disponibile sempre, un’arte che più contemporanea non si può e che, pur nelle sue diversissime espressioni, è sempre specchio dei propri tempi. La Urban Art nasce negli anni ‘80 come fenomeno abusivo, manifestazione di una contro-cultura, espressione talvolta di contestazione e sempre di libertà; nel corso di pochi decenni diventa un fenomeno artistico acclamato e istituzionalizzato, fino a trovarsi, negli anni 2000, pienamente inserito nel mercato dell’arte e accolto anche in musei e gallerie. Miss.Tic segue una medesima evoluzione – o meglio, la anticipa – esordendo, trasgressiva e coraggiosa, con azioni illegali (che l’hanno più volte portata ad aver a che fare con le forze dell’ordine), per poi divenire sempre più nota e richiesta e lavorare negli spazi pubblici su commissione o dietro autorizzazione, oltre ad esporre negli spazi di gallerie ed altre istituzioni votate all’arte.
Il passaggio dai muri della strada alle pareti di una galleria fa forse storcere il naso ai ‘puristi della Street Art’ e in effetti parlare di interventi pubblici in spazi espositivi privati è una contraddizione in termini che snatura l’essenza stessa dell’arte di strada. Infatti è proprio Miss.Tic ormai a rifiutare per sé la definizione di street artist perché, dice, gli street artists non lasciano mai la strada, mentre lei produce lavori di generi diversi utilizzando tele, tavole ed altri supporti, e realizzando opere più elaborate, opere ‘da galleria’, che possono finire in collezioni private o pubbliche.
A Wunderkammern, nel quartiere romano di Torpignattara, la Miss ha portato una trentina di lavori recenti, esemplificativi della sua produzione, con l’intento di farsi conoscere dal pubblico romano, per il quale forse non era ancora abbastanza nota. Le sue filles formidiables, dai corpi bellissimi, le pose sensuali e gli sguardi insolenti, sono disegnate, litografate o serigrafate, su tela, su pannelli di legno, su coloratissimi manifesti strappati, su lastre d’acciaio, tutto a creare un’atmosfera pop e glamour che diverte e incuriosisce. Lo stile è da fumetto e ricorda la Valentina di Guido Crepax, la Eva Kant delle sorelle Giussani o le donne pop di Roy Lichtenstein. È un’estetica metropolitana, un’espressione popolare che nasce per il grande pubblico e su quello suscita un forte effetto. Le ragazze sensuali e ammiccanti del mondo di Miss.Tic si ispirano infatti alle immagini femminili stereotipate che i media, le riviste di moda, la tv e i manifesti diffondono per assecondare la fantasia maschile. Ma la rivoluzione dell’artista sta nel trasformare queste donne da oggetto in soggetto, soggetto pensante, quasi parlante, attraverso le sentenze, i frammenti di pensieri scritti accanto ai sinuosi corpi disegnati: così, dalla compresenza di parola e immagine, si svelano delle donne, non solo belle, ma disinibite, sfacciate, orgogliose e indipendenti, dominatrici di un maschio soggiogato e fragile.
Il testo è il punto di partenza dell’arte di Miss.Tic: dal pensiero alla scrittura all’immagine, questo è il percorso. Ogni opera racconta uno stato d’animo, è una riflessione sull’amore, la passione, l’arte, sul desiderio, l’illusione, l’inganno, ovvero su tutto ciò che è vita. Ma su tutto questo domina uno spirito assolutamente ironico e disincantato, seppur talvolta romantico, e gli aforismi, scritti con modulazioni grafiche semplici, giocano spesso con assonanze e doppi sensi: “Il gioco di parole è bello; come l’amore, il desiderio”, afferma l’artista. “Amo il lato ludico della lingua e il suo versante erotico: ‘Les mots font l’amour’ diceva André Breton”.
Le sexy “riot girls”, affascinanti e intelligenti, sembrano sfidare l’osservatore e incitano, esortano, insegnano, deridono, domandano, in quella lingua seducente, il francese, che nell’immaginario comune possiede sensualità ed eleganza insieme: “Je t’aime profond-dément”, “Go Homme”, “Tu m'aimes en passant”, dicono ai propri, inconsistenti, maschi. E sicure di sé, più belle che mai, dichiarano: “Fais de moi ce que je veux” (Fai di me ciò che voglio), “Mieux que rien c'est pas assez” (Meglio di niente non è abbastanza), “Ce qu'on ne m'a pas donné je l'ai pris” (Ciò che non mi è stato dato, me lo sono preso), “Posséder c'est se faire posséder” (Possedere è farsi possedere). Con spirito più romantico affermano: “Un remède à l'amour aimer encore” (Un rimedio all'amore, amare ancora), “Plus fort que la passion l'illusion” (Più forte della passione, l'illusione), “Le bonheur n'est pas contagieux” (Il buonumore non è contagioso). E poi riflettono sull’arte, che è la vita: “L’art e la vie ne font qu’un” (L'arte e la vita non sono che un'unica cosa), “L'art nuit à la bêtise" (L’arte nuoce alla stupidità), “Créer c'est resister” (Creare è resistere).