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Violenza, passione e vendetta: le donne più belle dipinte da Artemisia Gentileschi

La mostra dedicata ad Artemisia Gentileschi al Palazzo Braschi di Roma è già un successo: protagoniste, le sue eroine ricche di pathos e sensualità, simboli della vita che entra prepotentemente nell’arte.
A cura di Federica D'Alfonso
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Giuditta e la sua ancella, Artemisia Gentileschi (1618-19), particolare
Giuditta e la sua ancella, Artemisia Gentileschi (1618-19), particolare

Sensualità, violenza, pudicizia, vergogna, coraggio: mai un artista ha saputo racchiudere nelle sue opere una tale commistione di sentimenti come ha fatto Artemisia Gentileschi. “Artemisia Gentileschi e il suo tempo”, la mostra ospitata presso Palazzo Braschi fino al maggio 2017, ha già raggiunto un successo enorme. Protagonista indiscusso, l'universo femminile: divinità pagane, nobildonne, sante ed eroine bibliche si alternano nelle tele della pittrice romana sempre in modo nuovo. Ecco cinque delle donne più belle, sensuali, violente e coraggiose dipinte da Artemisia.

Susanna: la violenza subita

Susanna e i vecchioni, Artemisia Gentileschi (1610), collezione Schönborn, Pommersfelden
Susanna e i vecchioni, Artemisia Gentileschi (1610), collezione Schönborn, Pommersfelden

Susanna e i vecchioni” è forse l'opera che più di tutte ha fatto discutere la storiografia: risalente al 1610, il quadro sarebbe stato dipinto da Artemisia quando aveva soltanto 17 anni. Un particolare importante, che data l'originalità della composizione e la raffinatezza stilistica, hanno fatto dubitare che dietro la tela ci fosse effettivamente la mano della giovane donna.

Al di là dell'attribuzione, oggi data quasi per certa, il dipinto è un passaggio fondamentale per comprendere la vicenda artistica e personale di Artemisia Gentileschi: la pittrice si ispira ad un episodio dell'Antico Testamento, narrato nel Libro di Daniele. Susanna, donna casta e simbolo di virtù, viene ricattata da due anziani signori che frequentano la sua casa: acconsentire ai loro appetiti sessuali o subire l'umiliazione della pubblica accusa di tradimento verso il marito, questo il dramma di Susanna. Artemisia Gentileschi ritrae questo soggetto in più di una tela, infatti sono ben tre le scene bibliche dipinte dall'artista fra il 1610 e il 1649, differenti per stile e composizione, ma con un unico tema di fondo: il racconto della violenza subita, che per tutta la vita la perseguiterà.

Danae, sensualità e lascivia

Danae (1612), Saint Louis Art Museum, Missouri
Danae (1612), Saint Louis Art Museum, Missouri

In questa tela del 1612 Artemisia Gentileschi racchiude una carica sensuale fuori dal comune: non più una donna fedele costretta al disonore, ma una fanciulla lasciva, impudica, mentre si accoppia con una divinità. Raffigurata completamente nuda, la Danae di Artemisia si presta all'atto sessuale con piacere, mirabilmente espresso dai suoi occhi e dalle movenze del suo corpo.

In questo caso non è la Bibbia, bensì la mitologia classica, a suggerire il soggetto adatto: si tratta di Danae, figlia del re di Argo Acrisio e madre di Perseo. A causa di una profezia che aveva predetto la morte di Acrisio per mano di suo nipote, il re decide di chiudere Danae in una stanza di bronzo sorvegliata giorno e notte. Ma Zeus, innamoratosi della fanciulla, si trasforma in una pioggia d'oro e riesce comunque ad accoppiarsi con lei.

Giaele, la violenza nascosta

Giaele e Sisara (1620), Szépművészeti Múzeum, Budapest
Giaele e Sisara (1620), Szépművészeti Múzeum, Budapest

Giaele e Sisala”, conservata nel Museo di Belle Arti di Budapest, è un'opera ambigua, se si considera la data di composizione: è il 1620, e contemporaneamente Artemisia sta dipingendo “Giuditta che decapita Oloferne”, riversando nel quadro tutta la violenza e la rabbia per lo stupro subito. In questo caso però, nonostante l'episodio narrato, sembra quasi totalmente assente il tono esasperato della decapitazione di Oloferne: Giaele attira nella propria tenda con l'inganno il generale Sisala, e lo uccide nel sonno conficcandogli un picchetto nel cranio. L'efferatezza della scena raccontata dall'Antico Testamento viene rielaborata da Artemisia in toni quasi “poetici”: il guerriero dorme tranquillo, e sul volto di Giaele la rabbia è dissimulata da una strana calma.

Ester: sacrificio e perseveranza

Ester e Assuero (1628), Metropolitan Museum of Art, New York
Ester e Assuero (1628), Metropolitan Museum of Art, New York

Un tema ricorrente, quello dell'incontro di Ester con Assuero, re di Persia: la scena era già stata dipinta dal Tintoretto e dal Veronese. Proprio questi furono, probabilmente, i modelli che Artemisia utilizza nella sua rappresentazione: Ester, dopo tre giorni di completo digiuno, si reca da Assuero per pregarlo di offrire un banchetto nel quale lei possa smascherare il complotto che il primo ministro del regno ha ordito per eliminare il popolo di Israele.

Indebolita dal digiuno, davanti all'uomo, Ester sviene: la scena dipinta dalla Gentileschi si rifà proprio all'attimo in cui la donna sta per cadere a terra, pallida e sfinita, mentre un'ancella la sorregge. Simbolo di forza d'animo e perseveranza, Ester viene dipinta in tutta la sua bellezza in una scena che rappresenta a pieno la teatralità dinamica dell'episodio.

Giuditta: la violenza compiuta

Giuditta con la sua ancella(1618-19), Galleria Palatina, Palazzo Pitti
Giuditta con la sua ancella(1618-19), Galleria Palatina, Palazzo Pitti

Il personaggio di Giuditta è stato, si potrebbe dire, centrale nella produzione pittorica di Artemisia Gentileschi: famosissima la scena cruenta della decapitazione di Oloferne, dipinta per ben due volte nel 1612 e nel 1620. Ma il personaggio biblico ritorna anche in un altro quadro, rappresentato nell'atto di fuggire con la sua ancella dopo l'omicidio: “Giuditta con la sua ancella” è uno degli esempi più alti dell'ispirazione caravaggesca della Gentileschi. La scena notturna, illuminata da una candela, le movenze nervose dei personaggi e l'intensità emotiva suggerita dall'ancella che nervosamente cerca di nascondere la testa di Oloferne, sono senza pari.

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