Vincenzo Cerami e Pasolini: l’incontro che gli cambiò la vita
Vincenzo Cerami in prima media era un ragazzino reduce dalla difterite, introverso e praticamente muto; per tutti questi motivi venne bocciato. Quello che potrebbe sembrare un piccolo dramma, col senno di poi fu invece una fortuna: dall'anno seguente, infatti, ebbe come professore di letteratura Pierpaolo Pasolini.
Pasolini in tre anni aiutò il ragazzo a maturare, spronandone la fantasia, stimolandolo al confronto, insomma facendo ciò che è giusto che un professore faccia, con grande intelligenza. Terminate le scuole medie, per Vincenzo Cerami l'impatto con il liceo ed un professore diverso, come possiamo immaginare, fu traumatico. Si trovò così di fronte alla necessità di scegliere che direzione avrebbe dovuto prendere la sua vita: se seguire una strada convenzionale o esporsi ai rischi di un percorso ricco di incognite, e scelse con convinzione la seconda ipotesi.
Tutti coloro che hanno incontrato e frequentato Pasolini ne parlano come di una persona che in poche frasi riusciva a dimostrare un’intelligenza, una capacità di analisi e una preparazione fuori dal comune a cui gli altri attingevano. Sebbene di sicuro parte di questi ricordi sia influenzata dall’iconicità della figura, indubbiamente vi è un consistente fondo di verità. Basti pensare a cosa sono riusciti ad esprimere negli anni personaggi come Franco e Sergio Citti, che da ragazzi di strada furono trasformati in attori e registi, o Ninetto Davoli.
Colpito dallo stesso fascino, Cerami frequentò per anni la casa di Pasolini, con meno costanza e rapporto dei ragazzi delle borgate ma mostrandogli le sue prime poesie, i primi componimenti, in incontri scanditi principalmente da silenzi che Pasolini definiva di "pudore affettivo". Quando un giorno Cerami consegnò al poeta un plico di studi sulla borghesia, fu Pasolini ad intuire il giusto potenziale del racconto Un borghese piccolo piccolo, a spronare Cerami a lavorare sull'idea che diventò non solo un libro di successo – di cui Pasolini avrebbe scritto la quarta di copertina, se non fosse stato ucciso – ma anche un fortunato film con Alberto Sordi. E fu proprio quest'opera che destò una tale attenzione nei confronti dell'autore da consentirgli di entrare come protagonista nel mondo dell'arte, in cui fino a quel momento aveva cercato di inserirsi senza troppo successo.
Pasolini iniziò Vincenzo Cerami non solo alla scrittura, ma anche al teatro e al cinema: da assistente volontario sul set de Il vangelo secondo Matteo, il ragazzo divenne poi aiuto regista in Uccellacci e uccellini e collaborò alla prima stesura della sceneggiatura di Teorema (in verità trascriveva semplicemente nastri e articolava le proprie perplessità). Sono queste esperienze il punto di partenza di un lungo e ricco percorso che lo ha visto diventare poi autore di battute, di sceneggiature celebri e raggiungere infine la candidatura all'oscar con La vita è bella.
Il matrimonio con Graziella Chiarcossi, cugina del Pasolini, sembra quasi un inconscio, fatale tributo al poeta, se pensiamo che è proprio Graziella Chiarcossi a detenere oggi i diritti su tutta l'opera pasoliniana e ad avere deciso dunque per molti anni, insieme al marito, come agire per preservare la memoria dell'artista. In verità questo rimane un argomento molto delicato: le opere di Pasolini sono infatti sottoposte ad un controllo estremamente rigido e ne viene spesso vietato l'utilizzo; forse questa estrema attenzione nasce dalla facilità con cui l'immagine del poeta potrebbe essere ed è stata in passato strumentalizzata, ma potrebbe essere anche vista come una scelta oculata per mantenere nelle proprie mani l'enorme patrimonio culturale dell'artista.
La statura culturale di Pasolini ha dunque indirizzato con forza la crescita dell'allievo. L'invito a una ricerca linguistica, a un'interrogazione costante e acuta della realtà sono stati probabilmente i capisaldi su cui Cerami ha costruito il proprio percorso. Un percorso che si è poi progressivamente discostato dalle istanze del poeta, diramandosi in direzioni diverse e incontrandosi con i gusti di altri artisti, come Benigni, per cui ha firmato numerose sceneggiature dal gusto non proprio pasoliniano, ma anche Bertolucci, Monicelli, Bellocchio. Pasolini è rimasto però il primo maestro, un modello da citare artisticamente e umanamente per la sua forza rivoluzionaria; un modello che d'altra parte conveniva sicuramente tenersi stretto, per la capacità di legittimazione che tutti gli attribuiamo.