Venere Callipigia Superstar: la regina dei musei dal Mann di Napoli alle Scuderie del Quirinale
La massima espressione della sensualità scolpita nel marmo. La Venere Callipigia, conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, ogni volta che lascia la città partenopea si trasforma istantaneamente in una star in tour. Come sta accadendo proprio in questi giorni alla mostra su Publio Ovidio Nasone che si svolge a Roma. Le fattezze della dea morbidamente scolpite nel marmo rendono l'opera un modello ideale di bellezza classica. Ma qual è il segreto di questa che, di primo acchito, può sembrare una rappresentazione di Afrodite come tante? Benché non se ne sappia molto della storia di questo reperto archeologico, è certo sia stata realizzata in epoca romana, copia rinvenuta inizialmente senza testa e poi restaurata, di una scultura in bronzo di epoca ellenistica. Denominata "callipigia", dall'etimologia "kalόs" cioè bello e "pygḗ" cioè natica, letteralmente la "Venere dalle belle natiche", ha la capacità di ipnotizzare sciami di visitatori che la ammirano estasiati ovunque essa vada.
Un fascino misterioso esercitato che è spiegabilissimo. Innanzitutto l'opera è una rappresentazione in cui la dea della Bellezza è intenta a mostrare un lato B perfetto e morbidamente scolpito nel marmo dall'artista. Per perfetto si intende ideale secondo i canoni della Grecia antica e i nostri, le regole della plasticità e della raffinatezza scultorea. Questo è solo il primo motivo, il secondo è sito nell'azione che è intenta a compiere la dea.
L'Afrodite Callipigia è fermata nell'atto di alzare il peplo, cioè il panno che la copre come una veste, con lo scopo di mostrare i propri glutei. Si chiama rituale dell'"anasyrma" il gesto messo in atto come gesto rituale tradizionalmente ellenico utilizzato forse per scacciare il nemico, oppure per allontanare la sfortuna. L'azione ai giorni nostri può sembrare provocatoria o ridicola, sicuramente ci sembra sbarazzina e sensuale, ma certamente vivifica la statua facendola interagire con l'attenzione del visitatore. Ciò che moltiplica l'effetto catalizzatore è lo sguardo della scultura: con il capo volto all'indietro la dea sembra voler auto contemplare o controllare la propria meraviglia. Forse con una punta di orgoglio? Forse come dire: ammirate? Non si sa esattamente, ma è sicuro che l'Afrodite Callipigia pur essendo una statua dice moltissimo a tanti.
La scultura interrompe inoltre la tradizione secondo la quale la dea della Bellezza veniva ripresa nel momento in cui è intenta a coprirsi, che ebbe particolare sviluppo in epoca ellenistica, come ad esempio la Venere Accovacciata, la scultura bronzea di Doidalsa. Un altro esempio di questo tipo di rappresentazione è l'Afrodite Pudica che vede la divinità nuda o seminuda intenta a nasconder con le braccia il pube e il seno e solo parzialmente coperta dal peplo. Pudica proprio perché non osa mostrare i propri genitali. Un altro esempio di rappresentazione è la Venere Anadiomene, in cui la dea nuda dopo un bagno si sta ravviando i capelli. La nudità in questo caso significava purezza indicando la bellezza della natura come motrice di vita.
Niente in confronto alla Venere Callipigia, che se duemila anni fa raccontava un aspetto umano degli dei dell'Antica Grecia, allontanando la sfortuna, oggi con la voce di chi osa scoprirsi, parla il perfetto linguaggio dell'attualità.