Vende quadri contraffatti su E-bay: bandito dal sito il falsario d’opere d’arte
Ne ha fatta di strada David Henty, da quando ha venduto il suo primo quadro. L'abilità è quella di saper copiare i dipinti di celebri artisti, spacciarli per veri e venderli. Una vera e propria truffa, con un ricavato di milioni di sterline, 56 artisti differenti e circa 130 quadri venduti. Insomma, una vera e propria galleria d'arte, a quanto pare.
Una volta scoperto, il falsario è stato bandito da e-bay. Ma il divieto non è durato molto a lungo, se non sulla carta. Henty continua infatti indisturbato a vendere le sue opere: è bastato creare un nuovo account e un nuovo indirizzo IP. Sul suo profilo attuale sono presenti ben 16 opere, il cui numero andrà sempre aumentando e con le quali continuerà a fare incredibili affari.
Il problema della contraffazione è incredibilmente serio. Non solo perché è grave che E-bay non riesca a "tenere a bada" i falsari (il che è già di per sé un avvenimento poco piacevole, dato che sulla piattaforma possono passare inosservati altri innumerevoli affari illeciti di qualsiasi genere), ma anche perché il nocciolo della questione riguarda in questo caso l'arte. Insieme al problema della contraffazione, infatti, sorgono altre questioni strettamente legate ad essa, quali la veridicità di un'opera e il suo valore non solo estetico, ma anche, se così si può dire, "simbolico". Che cos'è che fa di una creazione un'opera d'arte? Se è bastato David Henty a mettere in crisi E-bay e l'originalità delle opere, cosa accadrà a tutto il sistema che gravita intorno alle creazioni artistiche?
Ma neanche l'Italia è esente da questo tipo di fatti. La vicenda più eclatante è stata senz'altro quella dell'estate del 1984, a Livorno, nei giorni di una mostra dedicata ad Amedeo Modigliani in occasione del centenario della nascita dell'artista (12 Agosto). Delle sue ventisei sculture ne sarebbero state esposte solo quattro, e data la già precaria situazione e il probabile nonché imminente flop della mostra, la conservatrice del Museo Progressivo di Arte Moderna di Livorno decise di ridare luce al vecchio Fosso Mediceo, dove si dice che nel 1909 Modigliani avesse gettato tutte le sue sculture prima di partire definitivamente per frequentare la Bohème di Parigi. Si scava, si spendono soldi, ma delle sculture neanche una traccia. Fino a che, un giorno, vengono ritrovate tre teste.
Si grida al ritrovamento, si annunciano i festeggiamenti, Livorno si riempie di turisti, la mostra acquista improvvisamente valore. Fino a che tre studenti non rivelano alla rivista Panorama di aver scolpito, di proposito, tre teste per l'occasione. Era stato tutto uno scherzo, ed era bastato un semplice trapano Black and Decker per ravvivare una leggenda, per celebrare l'arte di Modigliani e il suo passato, per far sì che critici d'arte ed intenditori si dessero battaglia a chi ne declamasse per primo l'autenticità.
Qual è, dunque, la questione? Che cos'è che rende tanto speciale un'opera d'arte? A questo non c'è risposta. Il valore estetico è incredibilmente soggettivo, e in tutta la storia della critica d'arte non vi è mai stato un parere totalmente unanime su cosa fosse "il bello oggettivo" o meno. Forse il valore più puro di un'opera d'arte sta nella sua concezione, nella sua ispirazione e nell'emozione che ha scaturito il processo di creazione. Ed è di quello che dobbiamo avere rispetto. È questo il motivo per il quale un'opera contraffatta di David Henty o le teste dei ragazzi di Livorno (oramai adulti) non avranno mai lo stesso valore delle originali.