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Vassily Kandinsky: 75 anni fa moriva il padre dell’astrattismo

Il 13 dicembre 1944 Vassily Kandinsky muore dopo una lunga malattia. Padre e teorizzatore dell’Astrattismo, il pittore russo ha rappresentato, con la sua arte fatta di colori e forme, uno degli esponenti più rivoluzionari dell’arte del Novecento: un’arte non facile da comprendere, soprattutto nelle evoluzioni che essa ha subito negli anni. Per farlo, a settantacinque anni dalla sua scomparsa, ecco alcune delle sue opere più belle.
A cura di Federica D'Alfonso
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Vassily Kandinsky, "Composizione VIII", 1923, Museo Guggenheim, New York.
Vassily Kandinsky, "Composizione VIII", 1923, Museo Guggenheim, New York.

Settantacinque anni fa, il 13 dicembre 1944, nel piccolo paesino francese di Neuilly-sur-Seine, moriva Vassily Kandinsky. Il pittore russo ha realizzato, nella sua lunga carriera, alcune delle opere più vibranti e ed emblematiche del Novecento: un mondo, quello di Kandinsky, fatto di linee e colori, emozioni, sensazioni e musica, “astratto” perché diametralmente opposto a quello che l’uomo aveva saputo immaginare fino a quel momento. Un impianto teorico complesso quello celato dietro la sua opera, che è riuscito però ad oltrepassare i confini della concettualizzazione per arrivare dritto al cuore e all'anima dello spettatore.

Der Blaue Reiter: Il cavaliere azzurro

"Der Blaue Reiter", 1903, collezione privata, Zurigo.
"Der Blaue Reiter", 1903, collezione privata, Zurigo.

Nel 1903 Vasilij Kandinskij realizza uno dei suoi dipinti ad olio più famosi: “Der Blaue Reiter”, il Cavaliere Azzurro, segna un vero e proprio spartiacque nella concezione pittorica dell’epoca, divenendo il caposaldo concettuale dell’omonimo movimento fondato assieme a Paul Klee, Franz Marc e August Macke nel 1911. A guardarlo, il dipinto appare molto distante dalla produzione artistica successiva di Kandinsky: ma la sua forza espressiva consiste proprio nel contenere, in nuce, tutti gli elementi che caratterizzeranno l’astrattismo puro.

Un cavaliere, in sella al suo destriero bianco, cavalca velocemente sul fianco di una collina. È autunno, e i colori vivaci del blu e del verde creano un’atmosfera quasi da fiaba: è proprio alle fiabe, in effetti, che Kandinsky pensa quando dipinge il suo Cavaliere Azzurro, assegnandogli il compito di divenire il paladino di una nuova pittura rivoluzionaria, ma nata dalle suggestioni del passato. L’Impressionismo è ancora molto presente, così come la rappresentazione ancora profondamente ancorata ad una realtà in qualche modo ancora riconoscibile. Realtà che avrà vita breve: dopo il 1914, allo scoppio della guerra, né il movimento del Blaue Reiter né l’arte di Kandinsky saranno più le stesse.

Impressione III: Kandinsky e la musica

"Impressione III (concerto)", 1911, Städtische Galerie im Lenbachhaus, Monaco.
"Impressione III (concerto)", 1911, Städtische Galerie im Lenbachhaus, Monaco.

Nel 1911, lo stesso anno in cui il movimento del Blaue Reiter organizzerà la sua prima esposizione a Monaco di Baviera, Vassily Kandinsky era già proiettato oltre la teorizzazione pittorica del movimento. A portarlo oltre l’Impressionismo e la fiaba, fu la musica: il 2 gennaio di quell’anno l’artista russo aveva assistito ad un concerto di Arnold Schönberg. La dodecafonia del compositore austriaco colpì in profondità la sensibilità di Kandinsky, che da quel momento in poi riconoscerà nel connubio fra pittura e musica il vero motore della propria arte: i colori della tela iniziano ad essere organizzati come una partitura musicale, in cui ogni vibrazione è capace di arrivare tanto all’occhio quanto al cuore dell’osservatore.

Immaginazione ed intuizione per Kandinsky vanno di pari passo: “Impressione III (concerto)” è solo uno degli esempi di una lunga serie di dipinti divisi in Impressioni, Improvvisazioni e Composizioni, proprio come se fossero opere musicali. In particolare in questa opera, già ai margini dell’astrattismo, è possibile individuare il racconto del momento della rivelazione avuta dal russo: il nero rimanda al pianoforte, collocato in alto rispetto ad una folla colorata di persone che assistono al concerto di Schönberg.

Giallo, rosso, blu: Kandinsky e i colori

"Giallo, rosso, blu", 1925, Musée national d'art moderne, Parigi.
"Giallo, rosso, blu", 1925, Musée national d'art moderne, Parigi.

Il colore, nello sviluppo di un’arte astratta perché “spirituale”, ebbe per Kandinsky un’importanza fondamentale. Già nel 1912 l’artista russo aveva chiarito la sua riflessione in una delle opere teoriche più significative: ne “Lo Spirituale nell’Arte” Kandinsky aveva tradotto in termini filosofici ciò che nella sua arte si andava già chiarificando da tempo. Ovvero la centralità dello studio e dell’uso dei colori: così come le note, organizzate sullo spartito, hanno la capacità di toccare corde inusuali e recondite, allo stesso modo possono fare i colori, dotati di tono, vibrazioni e caratteristiche proprie. “Giallo, rosso, blu” del 1925 è forse il dipinto in cui gli studi sul colore di Kandinsky raggiungono l’effetto più immediatamente comprensibile, ma negli anni sarà impossibile non rintracciare, in ogni singola tela, la stessa spinta a trasformare l’arte in qualcosa di “spirituale”.

Blu di cielo: l’arte “concreta” di Kandinsky

"Blu di cielo", 1940, Centre national d'art et de culture Georges Pompidou, Parigi.
"Blu di cielo", 1940, Centre national d'art et de culture Georges Pompidou, Parigi.

Nel 1940, a causa dell’avvento del nazismo, Vassily Kandinsky è costretto a lasciare la Germania per trasferirsi in Francia: qui, nel villaggio di Neuilly-sur-Seine, il pittore trascorrerà gli ultimi anni della sua vita. Anni che sono caratterizzati da una svolta anche artistica, emblematicamente racchiusa nel dipinto “Blu di Cielo”, realizzato proprio quell’anno e oggi conservato presso il museo Pompidou di Parigi.

L’armonica dei colori e delle linee lascia improvvisamente spazio a forme più complesse, stranianti, quasi inquietanti: su uno sfondo azzurro come il cielo, si muovono tutta una serie di figure che ricordano quelle mostruose dipinte da Bosh e che Kandinsky iniziò ad inserire nei suoi quadri negli ultimi anni ispirandosi alle prime immagini diffuse dagli scienziati e dai biologi. Come tanti piccoli microrganismi i soggetti del quadro fluttuano sotto il vetrino della tela: apparentemente distante da tutto ciò che era stato l’arte astratta di Kandinsky, più che di una svolta in senso di distacco, questa fu un’evoluzione ancor più estrema di ciò che aveva sempre contraddistinto la sua riflessione: ovvero che “l’arte ha il potere di porre un nuovo mondo, che in superficie non ha nulla a che fare con la realtà (…) ma questo mondo dell’arte è altrettanto reale e concreto”.

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