Vasco Rossi: “Con l’anfetamina feci un viaggio nella mente. Dopo la galera rimasi in casa per 8 mesi”
Vasco Rossi, figlio di uno dei 600 mila militari in Germania che si rifiutarono di combattere per Hitler, al Corriere ricorda il padre: il nome Vasco gli fu dato in omaggio a "un compagno di prigionia di papà che gli salvò la vita". Recentemente ha trovato un diario scritto proprio dal padre a quei tempi: "Racconta la morte di un prigioniero. Aveva visto i suoi compagni morire di fatica e di botte, cose terribili che voleva testimoniare. E io le ho assorbite". Non guarda film sulla Soah e "per questo ogni anno ricordo il Giorno della Memoria".
Le parole di Vasco Rossi: il padre, le droghe e il ricordo della galera
Vasco Rossi al Corriere ha ricordato il padre, "morto di fatica a 56 anni mentre faceva manovra tra i silos del porto di Trieste". "Tornò dal lager che pesava 35 kg. Papà era un combattente, aveva detto no ai nazisti. Dentro di me è entrata una forza che prima non avevo, si è fusa con la malinconia, la gioia, l'amore per la musica di mia madre. E mi dissi ‘qui non si scherza più'. Mi rischio la vita" ha dichiarato. Un passato segnato da una "vita spericolata" e dall'uso di anfetamine: "Potevo stare tre giorni senza dormire, grazie alle anfetamine. Poi ho capito che le anfetamine sono pericolose. Ho sperimentato la mia psiche, sono entrato nella mia mente, ho fatto un viaggio dentro la mia coscienza. Le sostanze stupefacenti le ho provate quasi tutte, tranne l’eroina".
Il cantautore fu arrestato nell'84 per detenzione di cocaina e spaccio: "Passai 5 giorni in isolamento. Cercavo di dormire, mi svegliavo credendo di aver fatto un brutto sogno; infine realizzavo che era tutto vero. Poi altri 17 giorni di galera". Lo andò a trovare De Andrè, "fu l'occasione per resettarmi. Mi sono disintossicato da solo, senza andare in comunità".
Dopo la galera sono tornato a casa, a Zocca, e non ne sono uscito per otto mesi. Senza anfetamine non riuscivo ad alzarmi dal letto. E in tanti erano contenti.
"Mi sputavano addosso per strada, per la gente ero il drogato"
Vasco Rossi è stato ed è tutt'ora tanto amato, "ma sono stato anche molto odiato" ha raccontato al Corriere.
Mi sputavano addosso per strada. Ero il drogato. Il capro espiatorio dei primi Anni 80. Il diretto responsabile della diffusione degli stupefacenti perchè, secondo loro, le mie canzoni spingevano all’uso della droga. E per decenni me l’hanno rinfacciato, una cosa che succede solo in Italia: nessuno si permetterebbe di trattare da drogato, che so, Paul McCartney o Keith Richards.
Nelle sue canzoni spesso ha usato "violenza verbale, un'ironia feroce": "Io ho sempre cantato la rabbia e la sofferenza che avevo dentro. Anche se ho sempre avuto grande rispetto per le donne". Agli inizi soffriva da ansia di prestazione: "Ero terrorizzato. Mi violentavo per salire sul palco, dovevo bere per farmi coraggio, arrivare quasi ubriaco".
Ricordando l'amore, fu Paola la prima: "Si era prefissata di distruggermi e ci è riuscita. Dopo di lei e prima di Laura, mia moglie, è stato solo sesso. Tutte le canzoni in cui sono arrabbiato con le donne me le ha ispirate Paola".
Vasco Rossi e l'amore: "Con Laura ho realizzato il progetto di famiglia"
Padre di Davide e Lorenzo, nati nel 1986 a un mese di distanza, li riconobbe dopo la loro nascita a seguito del test del Dna. "Avevo lasciato Gabriella, mancata qualche giorno fa, per vivere in fondo la mia avventura con la musica" – ha raccontato – "La rividi in roulotte prima di un concerto, mesi dopo mi dissero che era incinta". "Mesi dopo venne Stefania, un'altra ragazza, con un bimbo in un passeggino, era Davide".
Un po’ mi arrabbiai: mi avevano rubato un figlio, a me che non ne volevo! Il tribunale mi impose il test del Dna. Con mio grande stupore risultò che il padre di Davide ero io. Così lo riconobbi, e versai 5 milioni al mese per il mantenimento.
Poi su Laura, l'attuale moglie: "L'ho amata dal primo momento in cui l'ho vista. Una passione travolgente. Con Laura ho realizzato il progetto di famiglia. La passione dura sei anni, massimo sette. Poi subentra l’amore per il progetto. Ti rendi conto che sei diventato padre quando daresti la vita per salvare quella di tuo figlio":