Valerio Magrelli alla prova del romanzo. Esce “Geologia di un padre”
“ Mio padre sta versando caffé nelle tazzine degli ospiti. Sono un bambino e non bevo caffè, ma oggi questa scena mi incuriosisce, perché mio padre è ferito. Sembra averlo scordato, adesso, mentre ride chiacchierando, col carillon dei cucchiaini che girano tintinnanti nel sole pomeridiano.” (Geologia di un padre, Valerio Magrelli, Einaudi, 2013)
È questo l’inizio del nuovo romanzo di Valerio Magrelli, dal titolo "Geologia di un padre". Valerio Magrelli (1957) è uno dei poeti più originali delle ultime generazioni. La sua carriera letteraria ha un inizio precoce, con la pubblicazione, a ventitré anni, di un’importante raccolta dal titolo "Ora serrata retinae" (1980). Questo primo lavoro è destinato per l’intensità dell’ispirazione ad allungare il suo riflesso sulla estremamente variegata, vivace e complessa produzione letteraria. È una raccolta attraversata dal tema del sonno, come luogo di intenso abbandono immaginifico e che però tende a sfumare sulla soglia della rimozione. Il titolo allude al confine, nell’occhio umano, fra la supreficie della retina, che riflette la luce, e le palpebre. Magrelli ha sempre rivendicato con orgoglio il lungo lavorìo che lo ha portato a questo primo esordio giovanile, frutto già di molti anni di tentativi ed esercizio poetico. Una poesia costruita cercando di farsi leggere e recensire e basata sull’idea di potersi sempre rinnovare e migliorare. Non stupisce dunque che sia giunto con naturalezza nel 2013, dopo una carriera trentennale, ad un complesso testo di prosa.
Non che l’esercizio prosastico sia mancato nella sua carriera: dal lavoro di traduzione alla saggistica, per non menzionare l'ostinata attività giornalistica che, ben prima del lavoro critico vero e proprio, gli ha sempre permesso di confrontarsi con una scrittura al contempo di rapida stesura ma anche suggestiva e di taglio saggistico. La formazione di Magrelli è stata molto complessa: ha studiato filosofia, ma durante un primissimo anno trascorso a Parigi a studiare cinema, ha appreso il francese ed ha iniziato a tradurre. Ha affiancato presto, alla scrittura, un’intensa attività critica dai tratti ossessivi, come testimonia la travagliata stesura di un lavoro dedicato alle riscritture (da Beckett a Michaux) di un unico sonetto di Baudelaire. Magrelli è un poeta che sembra sempre legato ad un piacere fisico della scrittura, più esplicito e meno mediato di altri, ma non per questo poco intellettualmente marcato. Anzi: da ogni opera che ha pubblicato, nel suo essere piuttosto diversa da quella precedente, sembra trasparire un’esperienza intellettuale in evoluzione che, anche se non esplicitamente raccontata, è impressa nel linguaggio che usa.
Se "Ora serrata retinae" ha una lingua quasi atemporale, immota, dove non si può sfuggire ad un'astrazione assoluta che domina l’intera raccolta (il linguaggio insomma di un giovane che ha assorbito voracemente la sua educazione poetica ma è sospeso sul ciglio dell’esperienza), mano a mano che la voce di Magrelli è maturata, la poesia si è fatta prosastica, come in "Nature e Venature"(1990) e ancora di più in "Didascalie per la lettura del giornale" (1999), dove si assiste ad un cambio di registro dettato dall’esigenza di raccontare il quotidiano, fatto di parole buffe e forestierismi. È una raccolta dai toni più dimessi, ironici, ma non per questo linguisticamente meno inventivi. Magrelli si compromette già qui un po' di più con la prosa, una prosa che però non vuole mai rinunciare ad esigenze ritmiche e ad un senso spiccato del suono e della poesia come esercizio sonoro. Durante la sua carriera ha ricevuto moltissimi riconoscimenti, ha iniziato a svolgere un lavoro editoriale nel campo della poesia ed ha consolidato la sua attività di critico e di francesista. Dal 2003 ha iniziato a produrre opere letterarie con maggiore regolarità e insistenza senza rinunciare ai vari aspetti del suo lavoro letterario, come quello di traduttore, che fa confluire, in modo non scontatamente armonico, nella scrittura. "Il condominio di carne" è una raccolta di prose poetiche tutta giocata sul filo dalla confusione, dell’alienazione e dello straniamento espressi dal sovrapporsi di immagini organiche ed inorganiche, abilmente dosate nel loro essere a volte semplicemente ironiche, altre volte spiccatamente allucinatorie.
Il ritratto che sembra emergere è quello di uno scrittore che si lascia attraversare dalla realtà senza però impedirsi di leggerla in modo critico e la cui propensione, pervicace e laboriosa, all’espressione, lo porta sì a produrre opere molto diverse fra loro a distanza di anni, di toni differenti e coloriture varie, ma solo perché c’è una volontà di abbracciare (intellettualmente e artisticamente) un mood, un sentimento che possa permettere di volta in volta al linguaggio di interagire con la vita. Insomma alla tensione espressiva è sempre connessa l’altrettanto personale riflessione filosofica che ne è, si direbbe, un risultato diretto. Tra gli ultimi lavori di Magrelli, che precedono di poco l’esordio nel romanzo, ci sono "La vicevita" (2009) e "Il sessantotto realizzato da mediaset" (2011) una raccolta di prose ambientate in treno, dal tono lieve e assai in grado di trascinare il lettore in un ritmo poetico ipnoticamente ‘ferroviario’, e che indugiano sul gusto del ritratto di situazioni provvisorie e fugaci come quelle del viaggio. "Il sessantotto realizzato da Mediaset", per finire, è un dialogo che dà forma a una riflessione storico-politica nella quale dare sfogo a una tensione sarcastica.
Di questo ultimo romanzo, "Geologia di un padre", la stesura ha origine da vicende autobiografiche. È un lavoro che nasce dalla raccolta di materiali e scritti legati alla figura del padre, da sempre rimasti come un serbatoio creativo a cui attingere, e che hanno preso forma in un lavoro autononmo con il venir meno del genitore. "Geologia di un padre" si presenta insomma come una ‘stratificata’ biografia romanzesca della figura paterna che trova la sua vocazione proprio nell’indugiare narrativo, nel perdersi nel ricordo, inteso come il miglior materiale per quell’impasse emotivo, quel senso di sospensione tipico del lutto, così adatto ad essere comunicato proprio dalla scrittura romanzesca.