Vale LP ritorna con Guagliona: “Dopo X-Factor avevo bisogno di ritrovare me stessa”
Vale Lp, nome d'arte di Valentina Sanseverino, ha pubblicato lo scorso 17 maggio il suo primo disco: Guagliona, sotto etichetta Sugar. La cantante, con un passato su Soundcloud, sembra aver trovato la sua linea linguistica, un verbo musicale a cui affidarsi, frutto dei ripetuti tentativi, anche quelli a X-Factor 21. Qui l'intervista alla cantante.
Quando nasce Guagliona?
Nasce quasi un annetto fa, al termine dell'esperienza di X-Factor. Ho sentito dentro me l'esigenza di dedicarmi esclusivamente al mondo musicale, alla ricerca di un linguaggio e di un sound solo mio. Questo viaggio, fatto di tante rinunce, fatto di tanti cambiamenti, di tanti incontri con dei musicisti fantastici, ha portato a un disco naturale, fisiologico. Dopo 30 demo, la musica ha avuto un sapore ben preciso e poi è cominciata la ricerca per un un assetto visivo e rappresentativo, in termini appunto anche di titolo, che potesse includere tutti messaggi, anche molto eterogenei.
Che accezione ha questo titolo?
È un titolo aperto che rappresenta un periodo di cambiamento, quasi sovversivo. A Napoli viene utilizzato per i ragazzi, mentre volevo dargli una nuova accezione. Per la copertina invece, sono ripartita dalla tradizione napoletana: avevo capito che sul disco dovesse uscire la mia faccia, ma non indicabile in un solo spazio, in un solo tempo. Poi con l'utilizzo del bianco, che è il risultato di tutti i colori, ho rappresentato una maschera, quella della consapevolezza di non dover far altro che vivere, essere noi stessi.
A chi parla Guagliona?
È un disco che accoglie le differenze, che accoglie la nostra esistenza. È anche un disco incoerente e poco egoriferito, con molte sfaccettature e colori. In un momento in cui tutti lottano contro tutti, dalle femministe alla politica, cerco di includere tutti i miei racconti in un disco che parla di altri, parla per gli altri e in cui all'interno ci sono storie che ho rubato in giro. Un disco che sia un punto d'incontro.
C'è la sensazione che le emozioni vengano raccontate in maniera poco didascalica, poco convenzionale.
Credo che questa scelta sia nata dai conti che ho fatto con me stessa, dall’osservazione delle emozioni delle altre persone. Sono talmente variegate che potrebbero essere quasi distrutte e banalizzate, se avessi dovuto utilizzare i soliti luoghi comuni musicali. È un disco di sceneggiature e colori che sono poi riuscito ad associare in musica, un progetto con tante immagini nuove e agli antipodi, proprio perché ha l'obiettivo di andare a fondo nell'emozioni. L'amore non è uguale per tutti, l'amicizia non è uguale per tutti.
Da dove nasce questo processo?
Già dalla musica che ascolto, in cui ricerco un racconto, o almeno una chiave non convenzionale. Siamo tutti esseri umani e abbiamo un grande merito che è la vita.
In uno dei pochi episodi personali del progetto, come Cose che non riesco a dire a nessuno, però c'è anche un piccolo angolo di Valentina, quando canti: "Dubito che ci sia un’altra strada da seguire, un’altra faccia che possa vedere la mattina, la mia anima in un altro nome, non Valentina, che possa custodire i miei segreti di famiglia".
Sono molto attenta, anche nella mia vita personale, a raccontare le cose della mia vita. E invece, questa volta, avevo voglia di dire queste cose e creare uno spazio, utilizzando però metafore quasi per allontanarmi da ciò che provo. C'è anche la paura di non esser vista, un problema che mi porto dietro anche dal punto di vista personale.
C'è anche un passaggio su Napoli.
È un passaggio che nasce dalla mia vita personale, perché quando viaggiavo da Caserta a Napoli, quando raggiungevo l'uscita della tangenziale, mettevo le mani fuori dall'auto per prendere tutta quell'aria. È da questo che è nata: "Ho tutta Napoli a portata di mano e basta allungare un braccio, le cose che non ho detto a nessuno sono quelle che ancora nun saccio". È forse uno dei brani più sentiti che ho scritto. Relativamente alla paura di non esser vista, è nata anche un'iniziativa che è la possibilità di accedere a un numero di ascolto per le persone che sarà attivo per un paio di mesi e in cui le persone possono raccontarsi.
Guagliona è un disco complesso che cerca di non essere però pesante all'ascolto. Qual è stata la cosa più difficile nella realizzazione?
Sicuramente connettermi con tutte le persone con cui ho realizzato il disco, anche perché, essendo un progetto che sentivo molto, cercavo di far capire a tutti ciò che avevo in testa.
È un disco anche con una grande commistione linguistica.
Il linguaggio non deve essere per forza l'italiano, il dialetto, l'inglese, il francese, proprio per il tipo di linguaggio che si utilizza nella musica, nel nuovo cantautorato pop. Ho tentato di integrare un linguaggio quotidiano, così da poter lasciare le persone godersi la musica, ma anche scendere in profondità se volessero. È un cambiamento rispetto al passato, a me da piccolina che cercavo di esistere nel modo più figo, così da potermi raccontare.
Quando è cambiata la situazione?
Dopo X Factor, in cui in maniera spavalda ho cantato cose che non avevo mai visto, mi sono detta: basta pensare alle caz***, sii te stessa. Per questo motivo il disco e la sua preparazione sono durante tanto, ha avuto bisogno dei suoi tempi.
Un disco diverso dal passato.
Credo che la sua diversità, in generale, dia dignità al progetto. Me ne sono reso conto proprio quando ho dovuto scegliere i 13 brani tra l'immensità di provini che avevo fatto. Il fatto che questa roba mi facesse sentire a disagio, mi ha fatto capire che il percorso era quello giusto.
Cosa significa aver vissuto l'esperienza di X Factor e come ha influenzato la stesura del disco?
Io nasco coem una ragazzina in cameretta con l'amica che fa musica, che rappa. Poi arriva X-Factor e mi sento come un pesce rosso in un grande acquario. In quel momento ho capito di voler continuare a esser quel pesce rosso, però di cominciare a nuotare in questo mare. L'unico modo in cui potevo farlo era suonare. Ho dovuto fare delle decisioni, ma queste sicuramente non mi precludono certi palchi, anche quelli televisivi.
Magari per uscire dalla propria zona di comfort.
Anche, ma soprattutto mi diverto tantissimo, però sono esperienze diverse. Rispetto ad avere una conversazione con il pubblico di 40 minuti, lì l'esibizione dura due minuti. Mi permette però di capire anche dove posso arrivare, soprattutto a persone diverse da me. E il modo in cui riusciamo ad entrare in connessione.