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“Usiamo la risata per disinnescare il male della vita”, J-Ax racconta il suo podcast true crime

“Non aprite quella podcast” è il podcast che J-Ax tiene assieme a Pedar e Matteo Lenardon. Abbiamo chiesto al rapper di raccontarci la sua passione per il true crime.
A cura di Francesco Raiola
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Durante la pandemia J-Ax, assieme al rapper Pedar e al giornalista e autore Matteo Lenardon, ha pensato a un podcast che unisse la sua passione per il true crime e il black humor. Da questa intuizione e combinazione di elementi e dall'appoggio di Spotify nasce "Non aprite quella podcast", ovvero il programma che racconta casi di cronaca reali ma con un approccio ironico. In poco tempo è diventato uno dei top listening della piattaforma svedese grazie all'approccio diverso dai podcast di genere, mescolando tematiche alte e cazzeggio, derivato dalla passione dei tre per "la cultura pop anglosassone dove lo humor viene messo tra le categorie alte di entertainment e di arte in generale" come spiega lo stesso Ax a Fanpage. Dopo aver affrontato personaggi come il mostro di Bolzano, o il caso della Setta dei bambini di Satana la nuova puntata è dedicata all'universo poco conosciuto in Italia della Chiesa Mormona e del suo fondatore Joseph Smith, tra poligamie, testi sacri e angeli dalle spade infuocate (sic).

Come nasce l’idea di questo podcast che, per citarvi, "fa un po' quello che vuole"?

Innanzitutto nasce per colpa del Covid, ne è stato uno degli effetti collaterali. Il true crime è una delle mie passioni così come lo è ascoltare podcast e così mentre ero in studio mi sono detto: perché non facciamo noi il nostro? All'inizio volevamo scherzare ma su tutt'altro, poi leggendo le storie ci è venuto naturale trovare l'horror dove pensavamo di non trovarlo, mentre non l'abbiamo trovato dove pensavamo dovesse esserci. Questo approccio ironico e schietto, insomma, è frutto anche del nostro non avere un progetto ben definito, un target, l'abbiamo fatto per noi e a quanto pare c'è tanta gente che ha questi gusti, siamo un po' scioccati dal successo che il podcast sta avendo.

Sicuramente la chiave ironica ci ha messo del suo, dando una nota di novità rispetto al genere…

Sì, poi il tutto parte da un concetto molto serio: molto spesso il True crime, per vendersi, mitizza le figure negative. Per esempio si dice che Ted Bundy fosse uno che schioccava le dita e aveva le donne ai suoi piedi, che Charles Manson fosse un guru intelligentissimo capace di manipolare la gente quando, in realtà, erano dei poveri sfigati che trovavano persone che influenzavano perché forse erano dei disagiati come loro. Non aprite quella podcast parte dal concetto opposto all'idea di mitizzare il male, ovvero disinnescarlo ridendone.

Quanto ci mettete a preparare una puntata?

La parte redazionale la cura Matteo Lenardon che ci mette un paio di giorni a prepararla e poi io e Pedar ci prepariamo molto superficialmente in modo da avere le reazioni più spontanee possibile quando registriamo. Però adesso proponiamo a Matteo anche noi le storie, ma lasciamo decidere a lui perché quello è il suo ruolo.

Come si passa dal mostro di Bolzano alla Chiesa Mormona?

Allo stesso modo in cui si passa da J-Ax che fa i dischi al podcast true crime comico, perché ci va e ci piace.

Lenardon: Perché l'idea è di esprimere un panorama di cose che secondo noi fanno orrore. Cioè l'idea del podcast è: temi inquietanti, serial killer dimenticati, fatti inspiegabili per la scienza.

State pensando anche ad altre idee come podcast?

No, più che altro stiamo pensando a come migliorarlo e proseguire questa cosa che pensavamo che all'inizio dovevamo pubblicarcela noi, poi Spotify l'ha sentita e l'ha voluta. È stata la classica palla di neve che è diventata valanga.

Tra un serial killer e una battuta, nel podcast affrontate anche temi come quello del patriarcato o degli incel…

Noi siamo fan della cultura pop anglosassone dove lo humor viene messo tra le categorie alte di entertainment e di arte in generale. Solo da noi l'umorismo è ancora relegato alla questione di gag e pernacchie, non è che metterci l'humor esclude una ricerca seria o una documentazione a livello dei podcast seri. A me sembra normale che se si parla di true crime dobbiamo dire cose serie, cose che magari sono frutto di una ricerca ancora maggiore di quella che c'è stata fino a quel momento in modo da poter dare all'ascoltatore qualcosa di nuovo. Per questo abbiamo Matteo Lenardon che è uno dei migliori con una penna in mano, in Italia, e siamo tranquilli che le nostre ricerche sono le migliori in assoluto, poi io e Pedar cerchiamo di rovinare il tutto…

Nei giorni scorsi hai chiarito ancora una volta che stai dalla parte dei ragazzi, penso al tuo intervento al Regina Margherita di Torino. Cosa intendevi dicendo che grazie a loro scriverai della rivoluzione?

Quella è sempre la solita cosa dei titolisti che devono semplificare ai minimi termini. Io detto che a volte uno della mia età può anche dimenticarsi che esistono i ragazzi che vogliono cambiare le cose, quella giornata mi è servita tanto e mi servirà quando tratterò un tema legato alla ribellione e alla rivoluzione. Poi decontestualizzata e messa così mi fa sembrare un cretino.

A me è arrivata più l'idea di te dalla parte della battaglia dei ragazzi, però…

Mi stupisco che stupisca che stia dalla parte dei ragazzi, dovremmo esserci tutti, un po' come quando mi commuovo per i bambini che piangono a All Together Now e tutti si stupiscono. Io mi stupisco di come quelli non piangano, non sono io quello sbagliato.

Hai visto il SuperBowl? Pensi che sia possibile una celebrazione del nostro rap anni 90 da noi?

Secondo me avrebbe un grandissimo successo, il problema è che da noi non esiste una cosa tipo il SuperBowl, non c'è quella cultura, da noi dovrebbero prima fare gli spettacoli a metà tempo nelle partite, col pubblico che non ti grida "vaffanculo" perché vuole guardare la partita. Passato questo blocco culturale, quindi tra cento o duecento anni, potremmo fare uno show del genere. Io ricordo quando mi invitarono a suonare a fine primo tempo della Partita del cuore e non c'era neanche l'impianto giusto, c'era quello da karaoke, col rimbombo di tutte le curve che rendeva quasi impossibile cantare… Insomma, in generale è una figata ma è il mondo dello sport che non è pronto per questa cosa, non per il rap quanto per lo Spettacolo di metà partita.

Gli Articolo 31 aprirono il mondo rap, tendenzialmente molto di nicchia, a un pubblico più ampio. Oggi che il rap nelle sue forme domina, qual è la rivoluzione che bisognerebbe fare, a livello musicale, secondo te?

Quello che è nato come movimento hip hop si è completamente mangiato il pop in tutti gli ambiti: il rap nell'ambito musicale, la street art nell'ambito dell'arte, lo street wear nell'ambito del fashion. In realtà l'hip hop è stato l'ultima sottocultura che ha avuto un'importanza così enorme da essersi mangiata tutto il resto, da essersi fusa con la cultura popolare. Quando si tratta di queste cose è sempre un movimento ciclico, per questo penso che magari un possibile ritorno del rock in una forma più classica o un qualche terzo genere sarà una nuova tendenza musicale. In realtà adesso essendo il rap il nuovo pop, è suddiviso in mille sottogeneri, magari oggi dicendo ‘la crunk', che è un sottogenere del rap, è come se parlassi di un altro genere, come una volta contrapponevi il rap al pop.

L’altro giorno Fedez ha pubblicato delle storie di un vostro concerto con un cuore spezzato. È un’apertura?

Guarda non ti rispondo perché il podcast sarebbe l'ultima cosa di cui si parlerebbe, preferisco un no comment.

Chiudiamo col podcast, allora: come introdurreste "Il caso di Joseph Smith e della Chiesa Mormona" a chi non l'ha ancora ascoltato?

Lenardon: Credo che della Chiesa mormona ne abbiamo sentito tutti, ma nessuno la conosce veramente e nella puntata gli facciamo scoprire cos'è, come è nata e cosa fanno alcune sette mormone oggi, tipo quella che abbandona ragazzini di quindici anni per dare la possibilità agli anziani di avere partner sessuali adolescenti.

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