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Ur, un’antica civiltà per sfidare la barbarie della guerra

La leggendaria città di Ur, da molti considerata la patria del patriarca Abramo, si prepara a diventare finalmente meta turistica, sfidando il suo territorio martoriato da guerra e dittatura: merito anche della collaborazione con i restauratori italiani, da anni impegnati nella salvaguardia delle strutture archeologiche irachene.
A cura di Nadia Vitali
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La leggendaria città di Ur, da molti considerata la patria del patriarca Abramo, si prepara a diventare finalmente meta turistica, sfidando il suo territorio martoriato da guerra e dittatura: merito anche della collaborazione con i restauratori italiani, da anni impegnati nella salvaguardia delle strutture archeologiche irachene.

Quando Abramo partì per la terra di Canaan, lasciò la sua terra natale, il villaggio di Ur, da molti identificato con la Ur mesopotamica che era stata edificata nei pressi delle foci di Tigri ed Eufrate: uno dei più antichi insediamenti della terra compresa tra due fiumi che, in quel tempo, si affacciava sul golfo Persico ed oggi, a causa dell'accumulo dei detriti naturalmente causato dal corso dei fiumi, si trova nell'entroterra iracheno, vicino alla città di Nassiria.

La città, risalente al 4000 avanti Cristo, è stata a lungo considerata la patria del primo patriarca, la cui discendenza avrebbe generato le tre grandi religioni monoteiste; tuttavia, ormai una parte sempre più sostanziosa degli studiosi concorda nel negare che Ur mesopotamica sia la medesima di Abramo, essendo già diversi secoli che la filologia ha insegnato ad evitare di approcciarsi ai testi biblici come ad un documento storiografico. Verità o leggenda che sia, tuttavia, per cristiani, ebrei e musulmani, la città mesopotamica è quella in cui vide la luce l'uomo che portava con sé i semi delle future civiltà.

Un sito archeologico che, purtroppo, anziché diventare meta di visite e pellegrinaggi, come la sua magnifica e millenaria storia avrebbero voluto, si è legata al triste destino della sua terra, l'Iraq, conoscendo ben pochi turisti e subendo, addirittura, la costruzione di una base militare adiacente che ne ha messo in pericolo l'integrità per anni. Vero e proprio spettacolo del deserto con la maestosa ziqqurat che si scaglia sopra le rovine, Ur non è mai stata neanche adeguatamente protetta dagli agenti atmosferici che, inevitabilmente, incidono sulla struttura di mattone cotto: forti piogge invernali e temperature elevatissime d'estate e, infine, l'incuria e l'abbandono durante il conflitto, quando anche soltanto un tetto in lamiera avrebbe potuto essere un grande aiuto per salvare questo tesoro, hanno reso sempre più difficile poter intervenire sulla città.

Eppure, negli ultimi anni, mentre l'orrore si consumava in questo angolo di mondo dal remoto passato, il mondo culturale iracheno e quello italiano si sono avvicinati, fino a giungere ad una collaborazione che, speriamo, potrebbe salvare questo patrimonio inestimabile: così, dopo il Museo Virtuale dell'Iraq, i nostri studiosi, archeologi e restauratori in questi anni, a partire dal 2003, hanno stretto rapporti con i loro corrispondenti mediorientali, creando così dei corsi per insegnare agli iracheni le tecniche per conservare le opere ed intensificando le proprie attività di recupero nella città di Ur.

Obiettivo? Forse un sogno, ma non del tutto irrealizzabile: che da quella terra ancora sepolta sotto le macerie della barbarie possa un giorno levarsi la salvifica mano della cultura, che l'antichissimo passato riscatti il terribile presente in cui vive l'Iraq. A partire dal 2012 Ur dovrebbe divenire una meta turistica per tutti, fedeli e non: pellegrinaggi di ebrei, cristiani e musulmani trasformerebbero la città abbandonata in un luogo interreligioso e multiculturale, mentre gli appassionati potrebbero scoprire le meraviglie del Medio Oriente. Grazie anche al lavoro degli esperti italiani e della collaborazione del Ministero degli Esteri, ci si augura che la macchina del turismo possa rimettersi in moto, dando lustro a quello che la guerra, fortunatamente, non è riuscita a distruggere del tutto.

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