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Un secolo senza Guido Gozzano, il “poeta demodé”

Cent’anni fa moriva nella sua casa di Torino il trentaduenne Guido Gozzano, antesignano del Crepuscolarismo e del postmoderno. Per l’occasione torna in libreria la raccolta completa delle sue poesie nella storica curatela di Edoardo Sanguineti, che lo definì “fabbricatore dell’obsolescenza.”
A cura di Redazione Cultura
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Guido Gozzano
Guido Gozzano

Esattamente cento anni fa, il 9 agosto del 1916, ci lasciava uno dei grani letterati d'Italia, il poeta Guido Gozzano. Era nato a Torino 33 anni prima in una famiglia borghese e agiata.

Costretto a seguire la via piccolo-borghese della professione forense, in realtà non terminerà mai gli studi e ben presto si lancerà nella collaborazione con giornali e riviste, componendo le sue prime poesie.

Nel 1907 esordì con la raccolta “La via del rifugio”, a cui seguì nel 1911 “I colloqui”, il suo libro più importante. Amò una sola donna, Amalia Guglielminetti, con cui non era sposato e a cui fu impedito l'accesso al capezzale.

Scrittore anche di fiabe, morirà giovanissimo qualche anno dopo un viaggio della speranza in India, a causa della tubercolosi, mentre in Italia imperversava la Grande Guerra. Pare, come ha scritto Carola Prosperi, che nel momento del trapasso il Gozzano abbia pronunciato queste ultime parole:

Sono ben fortunato io. Muoio nel mio letto, mentre tanti giovani muoiono in trincea, lontani dalla casa e dalla mamma.

Guido Gozzano
Guido Gozzano

La ristampa de "Le poesie" e l'introduzione di Edoardo Sanguineti

Spesso marginalizzato dalla critica letteraria, in quanto meno innovativo e talentuoso dei grandi esponenti del Crepuscolarismo, ridotto a mero passaggio obbligato nelle antologie scolastiche di letteratura italiana, nel centenario della morte l'editore Einaudi ripubblica l'antologia completa delle poesie di Gozzano con la famosa curatela che fu di Edoardo Sanguineti, altro grande poeta italiano che attraverso la sua attenta introduzione ce ne consegna l'immagine del poeta-fabbricatore di quanto, nel mondo della poesia, c'è di obsoleto:

Gozzano, cosciente dell'obsolescenza, non finge entusiasmi, e non si getta dentro: è il suo vero esilio. La sua linea di condotta è gustosamente paradossale: anziché fabbricare il moderno destinato all'invecchiamento, come accade per i vini di buona annata e per ogni neue Dichtung, cioè l'obsolescenza, fabbrica direttamente l'obsoleto, in perfetta coscienza e serietà. Ciò che è di moda è da lui contemplato e assunto come già démodé: il tocco da fantino è subito percepito come esotico nel tempo, esattamente al modo in cui (rovesciato il procedimento) la fotografia è una «novissima cosa.» (…) E si ottiene questo Gozzano che conosciamo, «sempre ventenne» sì, ma «come in un ritratto», poeta parodico per eccellenza, e per emergenza di situazione, che rimaneggia e lima, o impavidamente cita, «i versi delicati | d'una musa del tempo che fu già».

Per scoprire (e riscoprire) tutti i testi di questo grande letterato italiano da oggi, dunque, è possibile rifarsi alla nuova edizione de "Le poesie" (Einaudi, pp. 700, euro 22,00), con la storica introduzione di Edoardo Sanguineti riproposta per celebrare il centenario della scomparsa del poeta torinese.

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