Un museo per Samuel Bak, l’uomo che a soli nove anni sfidò il nazismo con l’arte
![Samuel Bak, "Pears" (1977).](https://staticfanpage.akamaized.net/wp-content/uploads/2017/12/30504437713-b7170e2ffc-b.jpg)
Era solo un adolescente quando insieme alla madre abbandonò la Lituania per sfuggire alle persecuzioni naziste: settantacinque anni dopo Samuel Bak torna a Vilnius, dove è appena stato inaugurato un museo interamente dedicato alla sua arte. Situate all’interno del Museo nazionale ebraico della capitale, le sale raccolgono decine di opere che ripercorrono le esperienze della guerra e raccontano le storie di migliaia di ebrei vittime dell’olocausto.
La fuga disperata, l’orrore e la ferocia dei nazisti, i volti di migliaia di vittime senza nome: tutto questo Samuel Bak lo ha trasformato in arte, e lo fa fin da bambino. Nel 1942, a soli nove anni, inaugura la sua prima mostra nel ghetto della città: da lì a pochi giorni tutta la sua famiglia verrà sterminata e lui, insieme a sua madre, sarà costretto a lasciare per sempre la Lituania. Almeno fino ad oggi: oltre all’esposizione permanente, il Museo ebraico ha annunciato l’imminente apertura di un altro spazio espositivo e di un centro educativo in suo nome.
La memoria attraverso l’arte
!["Broken Key"](https://staticfanpage.akamaized.net/wp-content/uploads/2017/12/35394882112-a67f2512b9-b.jpg)
Negli anni Quaranta Samuel era soltanto un bambino, e insieme ai suoi genitori viene trasferito nel ghetto di Vilnius, allora appartenente al territorio polacco e chiamata “la Gerusalemme del Nord” per via dei numerosissimi ebrei che l’abitavano. Delle 80 mila persone che vivevano quel ghetto, soltanto duecento sopravvissero alla guerra e agli orrori del nazismo: della sua famiglia soltanto lui e sua madre si salvano, riuscendo a nascondersi in un convento benedettino per poi emigrare in Israele nel 1948.
Le opere di Bak uniscono storia personale e vicende collettive creando un linguaggio ricco di simboli, alimentato soprattutto dai ricordi d’infanzia e dalla forte denuncia dei crimini nazisti. I critici hanno riconosciuto nella sua carriera artistica un’importante testimonianza dell’esperienza dell’Olocausto: in modo molto spesso indiretto, Samuel Bak anche a distanza di anni continua a dipingere il ghetto di Vilnius con i suoi abitanti ormai dimenticati. Significativi nella sua opera sono tutta una serie di simboli ricorrenti, come le pedine mutilate degli scacchi.
!["The Family" (1974).](https://staticfanpage.akamaized.net/wp-content/uploads/2017/12/the-family-oil-on-canvas-painting-by-samuel-bak-1974-private-collection.jpg)
Sono arrivato ad un'età in cui la maggior parte del mio futuro è alle mie spalle. E posso sorridere felicemente perché sono stato molto fortunato. La mia arte è apprezzata, mi fornisce una vita decente e mi permette di creare in piena libertà. Ma quando ho iniziato a dipingere, da bambino, mi sentivo molto solo. Oggi ho la sensazione che tutta una folla mi circondi: mio padre, i miei nonni, le mie zie e i miei zii e una grande folla di ebrei senza volto della vecchia Vilnius, una moltitudine di persone le cui vite finirono in una tragica fine. E tutti sono orgogliosi del loro ragazzo; è alla loro memoria che dedico il Bak Museum.
Abbandonata Vilnius Samuel Bak si trasferisce prima a Gerusalemme, dove studia presso la Scuola di Bezalel, per poi spostarsi a Parigi dove frequenta l’Accademia di Belle Arti. Per circa sette anni vive a Roma, prima di trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti. Nel 2001 torna per la prima volta in Lituania avviando il progetto che ha portato alla realizzazione del nuovo museo in suo nome.