Un anno senza Andrea Camilleri, il papà di Montalbano: “Il più grande di tutti”
Un anno fa Andrea Camilleri se ne andava, lasciando le sue storie qui con noi. Alle 8:20 del 17 luglio dell'anno scorso, il suo cuore smetteva di battere per sempre all’età di 93 anni. Il popolo dei lettori non esitò che pochi secondi, benché avesse avuto un intero mese per abituarsi all'idea, dal ricovero in ospedale per un arresto cardiaco: "Se ne è andato il più grande". Persino Bill Clinton lo omaggiò dagli USA. Ma chi era Andrea Camilleri? Dopo una vita lunga, di cui buona parte trascorsa da personaggio pubblico, ancora non lo sappiamo. Mai scrittore fu più cristallino nell'esposizione e in pubblico quanto imperscrutabile sul piano personale, mormora chi l'ha conosciuto da vicino. Luce e buio, giorno e notte, semplicità e nebulosa filigrana: Andrea Camilleri era un narratore, nei libri come nella vita. Chi ha avuto l'onore di essere stato suo allievo come il regista Davide Iodice, quando Camilleri esercitava il mestiere di docente di regia teatrale, lo aveva ricordato così:
Da un punto di vista personale, è stato come un secondo padre. Mi ha sostenuto sempre, anche nei momenti di maggiore difficoltà. Ma è stato soprattutto uno straordinario "maestro di libertà". Nel mio percorso teatrale gli devo tantissimo, le sue lezioni teoriche che ancora conservo gelosamente sono dei capolavori. Come maestro mi ha insegnato la libertà, mi chiamava l'anarchico campano-vesuviano, ma anche lui lo era: non facevamo lezioni in classe, le sue erano delle narrazioni…
Andrea Camilleri era l'uomo dalle mille definizioni e che sfuggiva alle etichette. Quante abbiamo provato ad affibbiargliene nei titoli e negli occhielli dei pezzi su di lui? Il papà del commissario Montalbano, lo scrittore siciliano, quello più amato dai lettori, più letto dagli italiani, lo scrittore da 100 romanzi, l'ex dipendente Rai, l'ultimo Tiresia, l'uomo che trovò il successo in vecchiaia. Sono alcune delle espressioni con cui abbiamo provato a raccontarlo in questi anni, dopo ogni suo libro, suo intervento pubblico, in televisione dall'amico Fazio o altrove.
Negli anni in cui è diventato un'icona pop a tutti gli effetti lo abbiamo ammirato sulle pagine dei suoi libri, lo abbiamo visto spiegarci il rapporto col commissario Montalbano in televisione, raccontarci la sua Sicilia nei memoir, i ricordi di Porto Empedocle, le partenze, i ritorni, il fascismo Roma. E lo abbiamo visto prendere posizione contro la politica, la brutta politica, quella degli odi e degli insulti. Ha difeso i migranti, gli invisibili, gli ultimi. E lo ha fatto da primo, senza infingimenti, senza paura. Con la fermezza di chi ha sempre avuto troppi anni dietro le spalle per avere timore di essere se stesso.
E così, oggi, non ci resta che leggere l'ultimo capitolo di quel Montalbano che gli ha garantito e per sempre gli garantirà l'immortalità, come quella che solo i grandi meritano. "Riccardino" esce in libreria a distanza di un anno e più che un testamento suona come un omaggio alla vita. Tutto finisce e Montalbano se ne va con lui, d'altronde come lo stesso Camilleri disse: "È il pensiero della morte che aiuta a vivere".