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Umberto Eco, l’inequivocabile volontà del suo testamento

“Non autorizzate convegni su di me per i prossimi 10 anni” è quanto richiesto da Umberto Eco nel suo testamento. Lo chiede esplicitamente alla moglie e ai figli. Non vuole che ci siano eventi, accademici e non, in suo nome e così sarà fino al 2026. La vedova Renate Ramge lo ha riferirlo alla semiologa Patrizia Violi, ex collaboratrice dello scrittore.
A cura di Silvia Buffo
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Un ritratto di Umberto Eco
Un ritratto di Umberto Eco

Renate Ramge avrebbe chiamato la professoressa Violi sabato 19 marzo, stando a quanto segnalato da Repubblica: è accaduto a Bologna prima di una riunione organizzata alla Scuola superiore di studi umanistici da amici e colleghi dello scrittore. Occasione perfetta per esternare con la dovuta chiarezza le esplicite volontà di Eco, espresse nel suo testamento ereditato dalla moglie e dai suoi figli.

L'intento di discutere di un convegno internazionale dedicato al semiologo è stato quindi interrotto dalla vedova, che ha fatto a chi di dovere le dovute precisazioni, riferendolo alla docente ed ex collaboratrice dello scrittore Patrizia Violi. Eco infatti ha chiesto alla famiglia di non autorizzare iniziative in suo nome che siano di semiotica e o di letteratura per i prossimi dieci anni.

La decisione è stata rispettata dall'ambiente accademico bolognese, Davide Conte, assessore alla Cultura di Bologna, racconta:

La notizia ci è stata data dalla professoressa Violi la scorsa domenica quando stavamo inaugurando la piazza coperta della biblioteca Sala Borsa, che ha ora il nome di Umberto Eco. Il nostro non era un convegno sul professore, ma solo un’iniziativa per ricordarlo. Comunque non abbiamo in programma convegni per il futuro.

All’Alma Mater, dove lo scrittore fondò il Dams e Scienze della comunicazione, tutti rispettano il divieto. Anzi l'ambiente accademico apprezza il gesto di Eco, il suo ultimo“colpo di genio” in grado ancora di confermare la sottile ironia e la personalità singolare. Si è così innescata una riflessione sulla memoria, se possa divenire così irrimediabilmente precaria, ma anche sulla dispersione e lo spreco della facoltà di parola. Forse è questo il messaggio ultimo che lo scrittore voleva lasciare?

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