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Tycoon o magnate? Un salto in Giappone e capiamo che cosa cambia fra queste due parole

Vediamo il faccione di Trump ovunque e continueremo a vederlo, da mesi i giornali gli si affaccendano intorno, tutti lo chiamano ‘tycoon’. Ma perché, chi è il tycoon?
A cura di Giorgio Moretti
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Diciamo subito che ‘tycoon' si traduce grossomodo con ‘magnate’ (nel senso di ricco industriale, non di scofanate plurali), ma la faccenda nasconde meraviglie fascinose. Qui contrapporremo proprio tycoon e magnate, in un confronto che lega lo Shogunato nipponico ai Comuni medievali italiani.

Taikun in Cina

Tycoon è la traslitterazione inglese del termine giapponese Taikun (大君). Ma questa parola nasce in cinese, nientemeno che nel celebre I Ching, il Libro dei mutamenti, risalente al X secolo avanti Cristo. Era il titolo tributato a quei sovrani che non appartenevano a un lignaggio imperiale, ma che si affermavano indipendenti. Un significato costruito componendo tai ‘grande’ e kiun ‘signore’. Ora, come è che questo titolo passa in Giappone?

Taikun in Giappone

Fu riferito allo shogun. Il complesso istituto dello shogunato è perdurato in Giappone fino all'epoca Edo (cioè al 1867): lo shogun univa in sé le prerogative di un capo militare e di uno politico, e per lungo tempo la sua fu una carica ereditaria – tanto da contendere il potere allo stesso Imperatore. Nelle relazioni diplomatiche, il titolo migliore che gli stranieri trovarono da applicare alla particolare figura dello shogun (che aveva poteri da re senza essere re) fu taikun. Un titolo che i sostenitori giapponesi dello shogun si dice amassero usare proprio per segnare la sua indipendenza dall’Imperatore.
E come è che questo titolo passa negli Stati Uniti?

Taikun negli Stati Uniti

C’entra Abraham Lincoln. Egli ebbe modo di intrattenere rapporti col vero taikun, Iemochi dello shogunato Tokugawa, e pare sia stato il segretario di Lincoln, John Milton Hay, a usare per la prima volta questo termine proprio in riferimento a Lincoln – col primo significato generico di ‘persona importante’. Sarà solo dopo la Prima Guerra Mondiale che il termine ‘tycoon’ passerà a significare capitano d’industria, magnate: un’evoluzione globale davvero acrobatica.

Magnati italiani e slavi

Il magnate, invece, è quasi sempre roba nostrana. Derivato dal latino tardo magnas grande, a sua volta derivato di magnus, in età comunale fu detto magnate il cittadino appartenente alle famiglie più importanti, forti di ricchezze, milizie e… aderenze. Confluivano in questa categoria sia le famiglie di antica nobiltà feudale, sia quelle che si erano arricchite col commercio e avevano studiosamente cercato di avvicinare la propria condizione a quella nobiliare, comprando terre e titoli.
Nell'Europa dell'est, invece, (in particolare in Ungheria, Boemia e Polonia), tradizionalmente per magnate si intendeva un nobile latifondista che partecipava alle assemblee del consiglio del sovrano: un ricco senatore.
Oggi il magnate resta un ‘semplice’ imprenditore dallo straordinario successo economico.

Quando tycoon, quando magnate

È interessante notare come l’uso del temine ‘tycoon’ risponda a un’esigenza reale: specie nel gergo giornalistico appare importante evocare col termine giusto l'aura di un personaggio. Mentre si parla propriamente di magnati in riferimento a personaggi del Vecchio Continente (dal magnate della cioccolata al magnate del gas), in cui l'immagine del magnate è radicata da secoli, se non si possono trovare titoli più precisi (dal principe al banchiere allo sceicco), è normale che si preferisca ‘tycoon’ per descrivere ad esempio magnati africani, anglosassoni giapponesi e cinesi. A questi ultimi, ora sappiamo, calza pure storicamente bene.

Giappone o Stati Uniti

Infine, qualcuno avrà notato che la traslitterazione italiana del termine giapponese, oltre che naturalmente più prossima all'originale, è molto più facile da scrivere e da pronunciare: tàikun. («Ah ma la pronuncia giapponese non è proprio così!» È vero, ma visto che il sistema di accentazioni e inflessioni giapponese è totalmente diverso dal nostro si deve scendere a compromessi. Anche bonsài lo pronunciamo alla meglio.) Può non essere una cattiva scelta scrivere e pronunciare taikun questo titolo, invece di rifarsi alla traslitterazione inglese: per molti ha una forma meno immediata e familiare, e dovrebbe essere pronunciata taikùun.
Per quanto – può notare correttamente qualcuno – è in inglese che questa parola prende i significati con cui la usiamo, e quindi ci sono delle buone ragioni anche a sostegno della scelta giornalistica comune.

Comunque è ironico che questo termine si sia attagliato sia a Lincoln sia a Trump, nevvero?

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Nato nel 1989, fiorentino. Giurista e scrittore gioviale. Co-fondatore del sito “Una parola al giorno”, dal 2010 faccio divulgazione linguistica online. Con Edoardo Lombardi Vallauri ho pubblicato il libro “Parole di giornata” (Il Mulino, 2015).
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