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Tutti dovremmo leggere Carla Lonzi, la femminista italiana più conosciuta al mondo

La Tartaruga ha ripubblicato “Sputiamo su Hegel e altri scritti”, di Carla Lonzi, testo cardine del femminismo italiano. Ecco perché è importante poterla leggere dopo decenni di silenzio.
A cura di Jennifer Guerra
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Il 5 settembre, grazie a La Tartaruga, è tornato in libreria Sputiamo su Hegel e altri scritti, l’opera cardine del femminismo italiano scritta da Carla Lonzi nel 1970. Si tratta di un evento molto importante per l’editoria femminista: l’ultima edizione delle opere di Lonzi risale al 1982 e le edizioni originali, stampate nel piccolo circuito dei “Libretti verdi di Rivolta”, la casa editrice legata al gruppo Rivolta femminile co-fondato da Lonzi, erano introvabili.

Carla Lonzi è senza ombra di dubbio la pensatrice femminista italiana più nota al mondo, riconosciuta per l’originalità e la radicalità del suo pensiero. Dopo una carriera nel mondo dell’arte, all’inizio degli anni ’70 Lonzi abbandona il suo lavoro per dedicarsi completamente al femminismo, scrivendo pochi ma fondamentali testi teorici. Secondo lo storico della filosofia Franco Restaino, “Il pensiero di Carla Lonzi, che solo molti anni dopo sarebbe stato valutato nella sua importanza teorica dal femminismo italiano, costituisce un momento di effettiva ‘avanguardia’ rispetto alla cultura filosofica dominante e anche allo stesso femminismo italiano nella sua fase iniziale. Esso affronta in maniera nuova, e propone in maniera nuova, i problemi centrali del femminismo radicale, formulando teorizzazioni per molti aspetti simili a quelle che le più avanzate teoriche femministe andavano formulando in area anglosassone e francese”.

In Sputiamo su Hegel e negli scritti che lo accompagnano, in particolare La donna clitoridea e la donna vaginale, Lonzi scioglie alcuni nodi dell’impostazione patriarcale di marxismo e psicanalisi, criticando fortemente il ruolo della politica – tanto quella istituzionale quanto quella rivoluzionaria – nella liberazione della donna. Lonzi infatti non credeva che l’obiettivo del femminismo fosse l’uguaglianza con l’uomo. Anzi, l’oppressione femminile “non si risolve nell’uguaglianza, ma prosegue nell’uguaglianza”, perché “per uguaglianza della donna si intende il suo diritto a partecipare alla gestione del potere nella società mediante il riconoscimento che essa possiede capacità uguali a quelle dell’uomo”, e “il porsi della donna non implica una partecipazione al potere maschile, ma una messa in questione del concetto di potere”.

Le riflessioni sul ruolo della donna nello spazio pubblico si accompagnano anche a una originale visione della sessualità e a una critica delle istituzioni della famiglia e del matrimonio. Secondo Lonzi esistono due modelli di femminilità, la donna vaginale – che si crede libera ma che in realtà riproduce la gerarchia fra i sessi, specie nel rapporto con l’uomo – e la donna clitoridea – autenticamente libera perché capace di una sessualità del tutto autonoma dalla presenza maschile. L’affermazione della donna clitoridea non è solo una questione erotica, ma anche di pensiero, perché per Lonzi soltanto attraverso un’autonomia sessuale si può arrivare all’autonomia del soggetto. Queste riflessioni contribuiranno a fondare il pensiero della differenza sessuale, che ha caratterizzato la filosofia femminista italiana fino ai giorni nostri.

Tutto il femminismo italiano è riconoscente nei confronti di Carla Lonzi, anche le correnti che si sono allontanate dal pensiero della differenza, ma la difficoltà nel reperire i suoi testi era diventata un grosso problema. Per molte e complesse ragioni, in Italia non c’è mai stato un vero e proprio passaggio di testimone tra il femminismo degli anni ’70 e quello attuale, con il problema di una grande dispersione di libri e saperi. L’emergere rapido della quarta ondata del femminismo, diffusasi soprattutto grazie ai social, ha causato una massiccia importazione di conoscenze dagli Stati Uniti, dove è nata questa nuova ondata, lasciando però in disparte la ricca e importante eredità del nostro Paese, che può vantare di aver avuto uno dei movimenti femministi più vasti, plurali e originali al mondo.

Al centro di questa produzione c’era proprio l’opera di Carla Lonzi, che merita di essere conosciuta anche fra le femministe più giovani. Ma l’unico modo per conoscerla davvero è leggerla, perché il suo pensiero sfugge ogni tipo di critica o interpretazione e non può essere semplicemente insegnato. Anche per questo motivo Annarosa Buttarelli, che ha curato questa nuova edizione per La Tartaruga, ha deciso di non mettere alcun apparato al testo: “Questi sono scritti che non sopportano commenti, spiegazioni, interpretazioni che spegnerebbero la loro forza travolgente, la loro intensa, parlante presenza”, ha spiegato Buttarelli.

In questo momento il femminismo si trova in un momento delicato e include in sé istanze molto diverse e spesso contraddittorie. Da un lato, c’è il femminismo istituzionalizzato che piace a politici e aziende, che capitalizzano sulle rivendicazioni delle donne e ne promuovono una visione egualitaria e semplificata. Dall’altro, c’è un femminismo di piazza che auspica che il movimento torni a prendere una dimensione collettiva, attraverso gli strumenti della lotta e della protesta, ma che spesso manca di un’elaborazione politica a monte. Spesso queste due visioni del femminismo vengono messe l’una contro l’altra, ma Carla Lonzi e il suo pensiero dimostrano che è possibile anche scegliere una terza via, che non si arrende alla banalizzazione né da un lato né dall’altro. La sua via è quella della radicalità del pensiero, che però non significa chiudersi nell’individualità o in una cerchia di pochi eletti. Benché i testi di Lonzi siano firmati con un nome e un cognome (molti in realtà sono firmati come “Rivolta Femminile”), sono frutto di una riflessione collettiva, che si realizza nella relazione fra donne.

Nella prefazione al testo, scritta nel 1973, Lonzi si augura che i suoi testi non diventino mai “punti fermi teorici”. E scrive: “L’uomo ha sempre rimandato ogni soluzione a un futuro ideale dell’umanità, ma non esiste, possiamo però rivelare l’umanità presente, cioè noi stesse”. Rifiutando l’egemonia del futuro, ovvero rifiutando l’idea che il femminismo possa arrivare a una conclusione o a una vittoria, Lonzi ci ha mostrato l’importanza di coltivare il presente. E ora finalmente tutti possono fare tesoro delle sue parole.

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Jennifer Guerra è nata nel 1995 in provincia di Brescia e oggi vive in provincia di Treviso. Giornalista professionista, i suoi scritti sono apparsi su L’Espresso, Sette, La Stampa e The Vision, dove ha lavorato come redattrice. Per questa testata ha curato anche il podcast a tema femminista AntiCorpi. Si interessa di tematiche di genere, femminismi e diritti LGBTQ+. Per Edizioni Tlon ha scritto Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà (2020) e per Bompiani Il capitale amoroso. Manifesto per un Eros politico e rivoluzionario (2021). È una grande appassionata di Ernest Hemingway.
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