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Turismo in Italia: 220mila posti di lavoro a rischio, la metà al Nord

Secondo le parole di Raffaele Rio, presidente dell’istituto Demoskopika, il comparto turistico in Italia vede in crisi più di 12mila aziende, con una perdita di fatturato di almeno 12 miliardi di euro. Inevitabili, dichiara in un’intervista ad Ansa, le ripercussioni sul mercato del lavoro, le cui perdite ammonterebbero a 220 mila posti.
A cura di Redazione Cultura
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Una perdita di 220 mila posti di lavoro nel comparto turistico. È quanto prevede Raffaele Rio, presidente dell'istituto Demoskopika, in un'intervista ad Ansa. Secondo cui ben 50mila imprese del settore nel nostro Paese rischiano il fallimento "a causa della perdita di solidità finanziaria con una contrazione del fatturato di almeno 12 miliardi di euro". Inevitabili, secondo Rio, le ripercussioni sul mercato del lavoro, le cui perdite ammonterebbero a 220 mila posti. Altra notizia di rilievo: la metà dei posti di lavoro che andranno persi sono concentrati nelle aziende del comparto turistico al Nord del Paese. E questi dati, aggiunge il presidente di Demoskopika nella stessa intervista, non tengono conto di tutto l'indotto.

Numeri da knock out per il turismo in Italia, che arrivano dopo mesi difficilissimi dopo il lockdown e una ripartenza che si è concentrata nelle due settimane centrali di agosto, ma che ha visto la perdita quasi totale dei flussi turistici provenienti dall'estero. "Non va dimenticato, se a qualcuno fosse sfuggito, che nel primo trimestre del 2020, si è registrato il peggiore bilancio del sistema turistico degli ultimi 25 anni. E ancora l'anno non è concluso" ha dichiarato Rio ad Ansa.

Secondo i dati forniti da Enit a giugno scorso, il turismo internazionale in Italia calerà del 55% nel 2020, con una perdita stimata intorno ai 23 miliardi di euro. In effetti, da Nord a Sud del nostro Paese, le immagini della città d’arte e delle località estive deserte hanno raccontato una crisi economica che è già sociale con la perdita di migliaia di posti di lavoro stagionali. Tendenza che, a quanto pare, non sembra al momento attuale arrestarsi.

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