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Tony Laudadio racconta il suo “Un anno dopo” (INTERVISTA)

Al Teatro Nuovo di Napoli è in scena, fino all’11 gennaio, “Un anno dopo” scritto, diretto e interpretato da Tony Laudadio, accompagnanto sul palco dall’attore casertano Enrico Ianniello.
A cura di Andrea Esposito
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Dopo la presentazione in forma di studio la scorsa estate alla Milanesiana e il debutto a inizio ottobre al Teatro Franco Parenti di Milano, “Un anno dopo”, scritto, diretto e interpretato da Tony Laudadio, accompagnato in scena da Enrico Ianniello e con la collaborazione artistica di Simone Petrella, arriva finalmente a Napoli nella storica sala del teatro Nuovo. Siamo andati a vederlo e, come di consueto, abbiamo realizzato una video intervista ai protagonisti e una sintesi video dello spettacolo.

“Un anno dopo” racconta le vicende di due impiegati di provincia (gli attori recitano con una spiccata cadenza marchigiana) che dividono lo stesso ufficio per trent’anni: Giacomo/Laudadio e Goffredo/Ianniello. Il primo è un personaggio taciturno ed enigmatico, con abitudini stravaganti, mentre il secondo è estroverso, a tratti logorroico, e decisamente più frustrato del suo collega.

La messinscena è molto semplice e prevede un’unica ambientazione (l’ufficio per l’appunto) composta da due piccole scrivanie poste l’una di fronte all’altra in modo che il pubblico assista alla scena vedendo gli attori di profilo. Qui Goffredo e Giacomo trascorrono il loro tempo lavorando e scambiandosi opinioni su argomenti tra i più diversi: le proprie passioni musicali, la fidanzata, il matrimonio, i figli, la separazione, la voglia di fuggire dalla provincia, l’insofferenza per un lavoro monotono e frustrante… su tutto una grande ironia che a volte è molto leggera e di facile presa sul pubblico, che se la ride di gusto, altre volte è più pungente e amara. Tuttavia l’aspetto davvero interessante dello spettacolo non sta tanto nella comicità delle scene quanto nel gioco che l’autore fa sul tempo e sulla durata.

Spieghiamo meglio: la vicenda, come si accennava, ripercorre trent’anni di vita dei due protagonisti in appena un’ora e quindici minuti attraverso l’utilizzo di continue ellissi narrative che scenicamente sono rese con un semplice escamotage: l’abbassamento delle luci accompagnato da un breve stacchetto musicale che si ripete a loop. Tali “salti” tra un racconto e l’altro scandiscono il passare degli anni – dal primo giorno di lavoro di Goffredo, fino al pensionamento – e sono raccordati tra loro con grande precisione e abilità. In parole più povere, il “trucco” utilizzato dall’autore in fase di scrittura è semplice, ma ben celato e quando inizia a palesarsi con evidenza, facendosi ripetitivo, viene volutamente rivelato al pubblico con una battuta: “ci divertiamo tanto che gli ultimi sette anni sembra che so passati in mezz’ora!”. Da lì in poi la vicenda si fa più articolata e la posta in gioco si alza: subentra l’arresto di Goffredo che si mette nei guai a causa di una fugace relazione con una minorenne, poi c’è un disguido che coinvolge anche Giacomo su presunti materiali pedopornografici. Insomma, una volta accettato il patto iniziale ed entrati nel congegno predisposto dall’autore, nel cosiddetto “tempo narrativo”, è poi difficile uscirne, si resta attaccati alla vicenda fino alla conclusione che per la verità è un po’ il punto debole dell’intera operazione: troppo sospesa sebbene sia evidentemente questa l’intenzione dell’autore.

Dunque, tirando le fila, lo spettacolo è, secondo noi, scritto bene, recitato altrettanto (fondamentale l’affiatamento tra i due attori la cui reciproca frequentazione è più che trentennale) e divertente. Ora non sarà l’uovo di colombo o non inventa mondi, ma è un buon antidoto ai tanti, troppi, sermoni intellettuali che stramazzano gli addetti ai lavori e fanno fuggire via il pubblico. Se volete passare una gradevole serata andate a vederlo.

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