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Tommaso Primo: “I cantanti sono meglio dei politici, ma basta con la pulcinellizzazione di Napoli”

Tommaso Primo racconta a Fanpage.it il suo Vangelo in napoletano che sfida consumismo e luoghi comuni. “L’arte è comunicazione,” dice, “ma non sopporto la religione che diventa politica”. E su Napoli: “Da quando è di moda, molti cantanti snob si sono riscoperti i nuovi Toni Astarita e le nuove Giulietta Sacco”.
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Un viaggio spirituale tra fede, ribellione e poesia. Tommaso Primo racconta a Fanpage.it il suo nuovo album "Vangelo secondo Primo", un'opera nata da anni di gestazione che reinterpreta le storie evangeliche in chiave contemporanea, tra napoletano universale e riflessioni sulla società moderna. Un lavoro che ha portato l'artista sull'orlo dell'esaurimento, ma che rappresenta la sua personale ricerca di senso attraverso l'arte e la musica: "È il disco che mi è costato in assoluto più sacrifici e rinunce". Sul momento d'oro di Napoli: "Abbiamo affrontato il pregiudizio, lo snobismo, l’etichetta di “artisti local” e anche qualche frecciatina di colleghi e colleghe che, quando il tutto si è trasformato in moda, si sono riscoperti i nuovi Toni Astarita e le nuove Giulietta Sacco". 

"Vangelo secondo Primo" è un titolo forte e provocatorio. Da dove nasce l'idea di reinterpretare le storie e i personaggi dei Vangeli in chiave contemporanea?

Da un’analisi profonda di me stesso, in cui ho capito che le uniche entità a cui sono devoto, sono la poesia, la metafisica e l’espressione artistica. Quindi, da uomo innamorato della potenza della parola, non potevo non omaggiare un’opera letteraria che è stata capace nei secoli di oltrepassare i confini della narrativa e di straripare nei territori della morale e dell’etica. Non sono una persona clericale ma riconosco con passione le meravigliose sfumature di questa storia che è arrivata dove non è arrivato Omero, né Virgilio, né Esiodo.

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Non sei una persona clericale, ma hai sicuramente un rapporto personale con la religione. Come ha influenzato l'album? 

È un disco che è stato sepolto dentro di me per molti anni, avevo la necessità di dargli vita. Quando sei bambino e diventi orfano di un genitore, come è successo a me, scuola e famiglia ti spronano con la religione a colmare il vuoto. Ma quell’azione, fatta d’indottrinamento e precetti etici e morali, rischia di diventare gabbia e non sentiero. Oggi flirto con la reincarnazione, con la dea Yemanja, con la poetica del politeismo ellenico e nipponico, ma ringrazio la mia educazione cristiano cattolica per avermi insegnato la cultura del perdono e della condivisione. Non sopporto invece quando la religione diventa politica e  ostacola importanti traguardi sociali, questa particolarità mi tiene lontano dai fanclub e dall’essere praticante.

L'album, hai detto in fase di presentazione, è guidato dal caos. Come si è tradotto questo caos nel processo creativo e nella struttura del disco?

È il disco che mi è costato in assoluto più sacrifici e rinunce. Mi ha portato all’esaurimento, al crollo psicologico e fisico. Un viaggio nei cromosomi, dentro me stesso, in giro per la penisola alla ricerca del suono giusto. L’imprevisto è stato la costante in questo percorso, ma ogni inciampo ha insegnato a me e a Gianluigi Capasso (che ha scritto il disco con me) qualcosa di nuovo su noi stessi e sulle canzoni che stavamo scrivendo.

Il brano "Jesus Christ Super Saiyan" accosta Cristo a un simbolo di rivoluzione contro il consumismo. Parliamone.

Non solo contro il consumismo. Nella mia canzone Jesus Christ torna fra gli umani, nel villaggio globale delle periferie, parlando la lingua universale del napoletano, in una città  perennemente sotto i riflettori, centro del mondo, e  si rivolge ai boss di quartiere, ai capi zona, ai ragazzi con le pistole in tasca, ma anche ai potenti del pianeta, ai nuovi mercanti nel tempio, a noi tutti. Ci ricorda  l’essenza della vita, ribadisce il valore del tempo e della natura, degli affetti. Insomma non dice soltanto  “site ‘o cazz mio”….

“Fiori nel Sahara” racconta una storia d’amore come quella tra Giuseppe e Maria. 

È un brano che nasce dalla paura. Arrivano purtroppo immagini di essere umani che muoiono sotto le bombe, mentre il resto del mondo è spettatore inerme, sopraffatto dal timore e dall’indifferenza. Penso a chi ha passato la vita a costruire per trovarsi poi la casa distrutta dal potere di un re folle. Come Erode, 2025 anni fa. Questa canzone è dedicata ai momenti di tenerezza (un diritto), a chi vuole un futuro migliore per i propri bambini, a chi si abbraccia nel vento.

Capodanno a Roma e la questione Tony Effe: qual è la tua opinione?

L’arte è la più influente forma di comunicazione che esista. Il potere lo sa. Sono contro ogni forma d’intromissione politica e ideologica nei confronti dell’espressione artistica, provenga essa da destra o da sinistra. Non condivido nessuno dei valori espressi da Tony Effe nei suoi brani, non lo considero un artista anti-sistema e reputo la vicenda di Roma una goffa supercazzola all’italiana, ma la censura è il più abominevole dei sintomi in una società malata. Così perdiamo tutti.

Ti spaventa l'intelligenza artificiale? 

L’intelligenza artificiale ha un limite: l’anima. Il giorno in cui avrà anche quello vorrà dire che l’essere umano avrà inventato una nuova specie. E credimi le canzoni e i disegni saranno gli ultimi dei problemi.

Sanità-Tatà. Giovedì 2 gennaio sei tra gli ospiti di questa manifestazione. Cosa vuol dire avere l’opportunità di legarsi al territorio con un evento del genere?

Questa città deve tantissimo ai suoi artisti, sono i veri protagonisti da dieci anni a questa parte della rinascita  partenopea. Sono contento d’incontrare tanti amici che hanno dato e danno tanto alla città. Ad oggi i cantanti sono più bravi dei politici. E poi mi fa star bene tornare alla Sanità, un luogo speciale, un acquarello di Miyazaki,  per antonomasia il quartiere che più rappresenta il ventre di Napoli.

C’è un momento in cui hai pensato di mollare? Come si supera, se lo hai avuto, quel tipo di momento, quello scoramento

Scrivere brani fa parte del mio modo di essere. La mia anarchia, le mie debolezze, i miei baratri, è tutto racchiuso nelle canzoni. Quando non avrò più nulla da dire e la gente si sarà stufata di me, prometto che mi toglierò dai coglioni..andrò a vivere in Sud America, non mi faccio vedere più,  ma prima vorrei lasciare una casa accogliente a mia madre.

Sei di Marechiaro, più napoletano di te si muore. Sei mai stato vittima di pregiudizi per questo? Per essere napoletano, intendo, nel mondo della musica? E in un’epoca dove si assiste alla "napoletanizzazione" di tutto – da Mare Fuori a Parthenope, dalle serie fantasy alla turistificazione di messa – tu ti vedi parte di questa narrazione? O te ne chiami fuori?

Più che "napoletanizzazione" oserei dire "pulcenellizzazione". A me la "pulcinellizzazione" fa soffrire (anche quando ci cado io). Capisco che Napoli non è come le altre città, è protagonista. Volente o nolente vuole apparire e visto che è sirena e sciantosa, vuole mostrarsi. Va mostrata. Tornando al discorso del totalitarismo, sopporto poco quella narrazione così sponsorizzata che ci mostra schiavi delle labiali, degli errori grammaticali, del gesticolare. Sarà che sono nella fase in cui “fare il Napoletano stanca”, come diceva un grande maestro.

Ma sei mai stato vittima di pregiudizi?

Guarda sul pregiudizio potrei scrivere un libro. Faccio parte di una scena musicale che ha iniziato nel 2010, quando le band cantavano in Inglese e i neomelodici sfornavano tormentoni in Italiano sognando di diventare i nuovi Raf. Abbiamo affrontato il pregiudizio, lo snobismo, l’etichetta di “artisti local” e anche qualche frecciatina di colleghi e colleghe che, quando il tutto si è trasformato in moda, si sono riscoperti i nuovi Toni Astarita e le nuove Giulietta Sacco. Non sono bello da vedere Gennà, vesto male, puzzo di umanità più di qualunque altro, parlo di cose scomode e lo faccio come se stessi scrivendo brani da cantare in gita con gli amici. Eppure, c’è qualcosa che mi fa avere un pubblico che mi vuole bene. Ci penso e piango, lo merito davvero quest’affetto? Hai visto il pregiudizio che fa? Ti fa sentire colpevole di ricevere amore.

Quali saranno i prossimi passi di "Vangelo secondo Primo"?

Vorrei cantare con chi mi vuole bene. Con chi mi ha fatto andare sold out il vinile in poche ore. Con la mia gente. Con Alessandro Aquilini che è stato il deus ex machina di questo progetto. Con Triggger che lo ha prodotto. Con il Teatro Ricciardi e la Domina Servizi che mi sostengono. “Solo un minuto d’amore”, mi farebbe molto bene.

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