Teatri e cinema chiusi: l’arte è essenziale e le sale sono sicure
Ieri sera ho debuttato a Milano con un mio nuovo spettacolo ed è stata la partenza di un tour davvero unico perché è iniziato e finito nella stessa serata. Che è una cosa abbastanza tragica, ma tutto sommato fa anche ridere e poiché il mio mestiere sul palco è proprio quello di far ridere, di certo non posso lamentarmi. Appena rientrato a casa da teatro però, poco dopo il coprifuoco, ho avvertito una strana sensazione di impotenza: ci hanno letteralmente sbattuto il sipario in faccia. Ma chiudere il sipario ai lavoratori e lavoratrici dello spettacolo vuol dire annullare spettacoli, e di conseguenza il lavoro per migliaia di persone. Anzi per la precisione 570.000 persone che si domandano quando riapriranno i teatri. Ma qui non si tratta più di riapertura ovvero di un’apertura dopo una chiusura ma piuttosto è necessaria una rinascita.
Rinascita del teatro e dello spettacolo dal vivo
Il covid ha scoperchiato il vaso di pandora: i lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo non hanno previdenza sociale, non hanno contratti, lavorano a prestazione se non a cottimo, non hanno tutele, malattie, maternità, congedi parentali, ferie pagate, e chi più ne ha meno ne metta. Quindi è necessario rinascere a nuova vita, chiudere per sempre quel sipario e aprirne un altro del tutto nuovo.
Io faccio questo mestiere oramai da più di vent’anni, ma nonostante questo, quando parlo della mia professione, la domanda è quasi sempre la stessa: “Ma di lavoro esattamente cosa fai? Come fai a campare?” Perché in Italia non c’è accettazione del lavoro culturale, a meno che tu non abbia un successo televisivo allora si, sei un grande, viceversa tutto quello che accade dalle 5 alle 17 è considerato lavoro, il resto è svago, intrattenimento, superfluo, non necessario. «Sono sospese le attività di sale giochi, sale scommesse, sale bingo e casinò; Sono sospesi gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all'aperto».
Il teatro, la musica e il cinema nel nuovo DPCM sono inseriti nella stessa frase di sale giochi, sale scommesse, sale bingo e casinò. Non nello stesso capitolo, non nello stesso paragrafo ma nella stessa frase. Questo è il problema.
Lo spettacolo dal vivo, luogo sicuro
Lo spettacolo dal vivo però è un “luogo” virtuoso dove su 347.262 spettatori in 2.782 spettacoli, nel periodo che va dal 15 giugno ad inizio ottobre, si registra un solo caso di contagio da Covi 19: quindi perché chiudere, perché?
Perché si! Chiudere i luoghi dello spettacolo dal vivo è chiaramente il sintomo di una società malata che reputa sacrificabile la cultura e ritiene che la condivisione e la partecipazione non siano luoghi essenziali per la crescita della comunità: è la messa in scena del totale fallimento di un intero sistema sociale – dentro il quale recitiamo tacitamente le nostre parti – che non solo non chiude chiese, industrie, aziende e luoghi di lavoro ma anzi ritiene inutile la cultura in ogni sua forma e tutto sommato ritiene anche inutile chi della cultura fa il proprio lavoro. Perché tanto la soluzione è sempre la stessa: rimanere mezzi di produzione, con i social network e la televisione come unico svago.
Essenziale o non essenziale, questo è il problema
A quanto mi ricordi, non credo che ci sia mai stata nella mia vita artistica, una prima più drammatica e complessa di questa. Ho vissuto tantissimi debutti difficili, situazioni assurde con pochissimo tempo, persino una volta in cui sono salito sul palco venendo direttamente dal pronto soccorso ma mai, e ripeto mai, mi è venuta a mancare la voglia di ridere e far ridere. Ma questa volta è diverso, molto: i teatri rischiano di chiudere e non riaprire mai più. E in un momento in cui l'arte e la cultura vengono messi da parte senza pensarci due volte e valutati come elementi non essenziali, in giorni in cui la paura e la divisione occupano le nostre giornate, ho urlato più forte che potessi che l'arte in ogni sua forma – dalla più "bassa" alla più "alta" – è assolutamente necessaria perché è cura per l'anima e la condivisione e partecipazione sono fra gli unici antidoti alla paura oramai rimasti.
Il Teatro chiude, lunga vita al teatro.