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Teatri chiusi e shopping aperto: lo spettacolo dal vivo sta morendo sotto i nostri occhi

Mi sveglio, bevo il caffè, do un’occhiata alle notizie sul telefono e mi ritrovo, mio malgrado, nervoso di primo mattino. Anzi sono incazzato nero perché vedo dappertutto foto di assembramenti e file davanti ai negozi e mi domando perché gli scii, gli sciatori, i ristoranti, i negozi, i bar, lo shopping compulsivo pare abbiano diritto ad essere “vivi e aperti” ma lo spettacolo dal vivo no?
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Mi sveglio, bevo il caffè, do un’occhiata alle notizie sul telefono e mi ritrovo, mio malgrado, nervoso di primo mattino. Anzi sono incazzato nero perché vedo dappertutto foto di assembramenti e file davanti ai negozi, condivise da gente che si lamenta di tutto questo, quando poi è quella stessa gente ad aver scattato quelle stesse foto mentre erano in fila davanti a quegli stessi negozi creando assembramenti e mi domando perché? Perché sembra che quasi tutto il mondo possa, anzi debba andare avanti? Perché gli scii, gli sciatori, i ristoranti, i negozi, i bar, lo shopping compulsivo e persino il Maurizio Costanzo Show, pare abbiano diritto ad essere “vivi e aperti” ma lo spettacolo dal vivo no?

Durante tutto il periodo di riapertura, fra giugno e ottobre, i teatri sono stati forse fra i luoghi più sicuri del paese con un solo cluster accertato, con una serie di norme che ponevano i teatri al centro stesso della sicurezza, che sembrava di entrare a Guantanamo più che a vedere uno spettacolo. Se si aggiunge poi che non sono certo i luoghi dove si formano i più grandi assembramenti, direi che la domanda si presenta ancora con più insistenza: perché?

La cultura in Italia è sospesa

Di certo la soluzione non sarebbe riaprirli, anche perché non credo che ci andrebbero in molti in questo periodo, per quanto poi ci si metta in fila per accalcarsi in luoghi chiusi. Ma la domanda rimane, e la risposta è molto semplice: tutto questo accade perché a grandi linee del teatro, dello spettacolo dal vivo e dei luoghi della cultura in Italia non gliene frega un cazzo a nessuno. O forse è più giusto dire che non smuovono grossi interessi economici tali da interessare qualcuno, anche se poi è altrettanto vero che ce n'è di gente a teatro o nei locali o nei circoli o più in generale agli spettacoli dal vivo, perché il popolo ha bisogno di cultura come ha bisogno di mangiare o di vivere sotto un tetto, una cultura però che sappia essere universale ovvero popolare, per tutte tutti. E quindi forse poi alla fine è soltanto una questione di assenza di cultura, che in questo momento in Italia sembra essere sospesa. Ma dopotutto è proprio nelle contraddizioni che risiede il grande fascino di questo paese: come dicono i Camillas, e come diceva Mirko Zagor Camillas Bertuccioli, un meraviglio artista e amico scomparso ad aprile a causa del Covid, “Eccola qui l’Italia, la foto di Padre Pio sul contrabbasso”.

Teatro "Giovanni Verga" di Catania
Teatro "Giovanni Verga" di Catania

E così tra varie peripezie, funamboliche richieste di bonus Inps e bandi di ogni sorta, i lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo, nonostante l’apparente e ingannevole pausa estiva, sono fermi da marzo. Non lavorano da oramai quasi dieci mesi (e non parlerò qui dei 3800€ che sono arrivati a un solo quinto della platea di cinquecentomila lavoratori dello spettacolo in dieci mesi, ovvero 380€ al mese, perché siamo quasi a Natale e a Natale sono tutti più buoni, tranne l’Agenzia delle Entrate ovviamente) e tentano con ogni mezzo di non farsi seppellire dall’angoscia. Quindi se state leggendo, vi prego, anzi vi supplico, quando incontrate un lavoratore o una lavoratrice dello spettacolo non chiedete mai più: “Come sta andando con il lavoro?” Perché va malissimo, e quando cerchiamo di spiegarvelo – vi scongiuro – non fornite suggerimenti non richiesti su come reinventare il proprio lavoro “Uè ma perché non fai degli spettacolini in video e non ti fai pagare il biglietto?” e soprattutto non dite mai: “E vabbè non puoi trovarti un altro lavoro?” Perché a un professore, un idraulico, un perito chimico, un commerciante, un medico ma soprattutto un gestore di impianti sciistici non lo direste mai e poi mai.

Lo spettacolo sospeso

Quindi forse più che vomitare per l’ennesima volta la propria opinione non richiesta a social unificati, è giunto il momento di partecipare, di aiutare, di non domandarsi cosa gli altri fanno per te ma cosa tu fai per gli altri. Sono tante le iniziative a sostegno del mondo della cultura e dello spettacolo che meritano attenzione e sostegno: Folco Orselli, eccezionale bluesman, poeta delle periferie, ha “inventato” lo spettacolo sospeso. Un'idea, fra le tante, bellissima nella sua semplicità: “Tickets4future, direbbero i giovani. O anche: concerto sospeso, come il caffè. È un modo per aiutare l’arte, per offrire una festa che celebrerà la fine di un incubo ma anche un modo per darci un orizzonte positivo, per noi e per chi ci segue.” Paghi adesso lo spettacolo che sarà poi fatto a casa tua appena possibile. O in giardino, in terrazzo o dove ti pare. Perché alle fine "The show must go on ma anche noi dobbiamo campare. Qualcuno ha detto che da questa pandemia se ne esce insieme o non se ne esce. Ecco”.

In conclusione rispondo alla domanda che finora non aveva trovato risposta citando le bellissime parole di Massimo Boldi (lavoratore dello spettacolo in difficoltà come tutte e tutti noi), nel meraviglioso spot della Regione Lombardia (spero si riesca a cogliere la velatissima ironia di queste mie frasi):

"Ciao cipollini resistiamo: vi voglio bene! Vi voglio bene! VI VOGLIO BENE!”

Ecco il miglior messaggio che la Lombardia dei 20mila morti “ufficiali”, degli 8300 ricoverati, dei 900 in terapia intensiva, dei 155mila positivi, dei 350mila casi totali, dei sistemi di testing e tracing saltati, della sanità pubblica svenduta, degli appalti truccati, dei regali alla moglie del presidente, delle rotonde, della Ndrangheta, delle vie dello shopping affollate e dei teatri chiusi, ha saputo dare.

Ecco l’Italia: la foto di Padre Pio sul contrabbasso… Taaaaaaac.

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