Tadao Ando recupera il Teatrino di Palazzo Grassi: dentro le mura ottocentesche una rivoluzione architettonica
Tra il 28 e il 31 agosto 2013 la rassegna Cicruito Off, nata a Venezia nel 2000 come progetto di ricerca nel campo della creazione audiovisiva sperimentale e in poco tempo affermatasi come punto di riferimento internazionale per la promozione di nuove estetiche, tendenze e tecnologie riferite al video e alle sue contaminazioni con i linguaggi del presente, verrà ospitata per la prima volta negli spazi recuperati del Teatrino di Palazzo Grassi. Questa è solo una delle iniziative in programma al Teatrino restaurato e inaugurato a giugno 2013, permettendo a Palazzo Grassi-Punta della Dogana di rafforzare il proprio ruolo di luogo di scambio, di incontro e di apertura alla città.
Dopo il restauro del Palazzo nel 2006, seguito da quello di Punta della Dogana inaugurata nel 2009, il recupero del Teatrino segna, nel 2013, la terza tappa del grande progetto culturale di François Pinault, azionista di maggioranza del terzo gruppo mondiale nel settore dei beni di lusso (con la sua PPR controlla fra l'altro le maison Gucci, Yves Saint-Laurent, Bottega Veneta e Sergio Rossi), a Venezia: 1.000 metri quadrati di superficie totale, 10 mesi di lavori, 225 posti a sedere a cura dell’architetto giapponese Tadao Ando.
Il teatrino di Palazzo Grassi ha riaperto i battenti quasi in silenzio, senza cerimonie ufficiali, senza luci della ribalta, forse ad evitare l’impatto con la città che lo ricordava molto diverso. Nasce come giardino di palazzo nella seconda metà dell’800, per volere del Barone Simeone De Sina che acquistò Palazzo Grassi del 1857: si presentava con serre, fontane, colonne e pergolati evocando sensazioni e atmosfere proprie dello stile romantico veneziano. Con la costituzione del Centro internazionale delle arti e del costume di Franco Marinotti nel 1949, il giardino viene sostituito con un teatro all’aperto progettato dall’ingegnere Giovanni Sicher ; e nel 1961 verrà coperto con un tetto mobile dall’architetto Cesare Pea, a cui sembrava giusto imporre una mascheratura di boiseries a finte prospettive architettoniche, trasformandolo in un teatrino chiuso allo scopo di ospitare ricevimenti, sfilate di moda e rappresentazioni artistiche e teatrali. Nel 1983 il Teatro, nel frattempo trasformato in Centro di cultura di Palazzo Grassi nel 1978 da parte della famiglia Agnelli, termina la sua attività e da allora vessava in condizioni di totale abbandono.
Partendo dalla pianta trapezoidale dell’edificio esistente, l’architetto giapponese ha infatti mantenuto inalterate esternamente soltanto la posizione del perimetro murario e la sua consistenza. La copertura è stata regolarizzata e trasformata con un’unica pendenza uniforme. Il volume esterno che ne deriva è un parallelepipedo uniforme sagomato solo sulle porzioni in facciata e retrostante per preservare e mantenere inalterato lo stato originario delle pareti esterne. Una volta realizzato e ricostruito l’involucro esterno, Tadao Ando ha inserito internamente un volume completamente nuovo che definisce il vero e proprio ambito teatrale e di proiezione e, allo stesso tempo, sagoma architettonicamente lo spazio, contraddistinguendolo come un’opera nuova.
Questo nuovo volume definisce due ambiti principali, che caratterizzano il progetto funzionale e quello architettonico: un’auditorium che vede la presenza di un palco, un backstage con un’area tecnica e una gradonata con le poltrone per il pubblico; un grande foyer caratterizzato da grandi aperture sagomate a triangolo sulle pareti, che garantiscono il passaggio libero agli ambienti adiacenti, e dal grande lucernario triangolare che dà una luce zenitale a tutto l’ambiente. Uno spazio perfetto per accogliere tutta quella parte di attività non specificamente espositiva, che il polo Palazzo Grassi-Punta della Dogana dedica agli eventi performativi, sonori, d’approfondimento e di dibattito, con raffinate apparecchiature e ideali condizioni acustiche che garantiscono prestazioni di alto livello.
Varcata la soglia antica si è catapultati dunque in una dimensione ultra-moderna, quasi atemporale, in cui gigantesche superfici lucide e piane, lucernai asimmetrici, tagli triangolari e volumi stereometrici ridisegnano spazi e movimenti in chiave minimalista e accolgono il visitatore in una sorta di ‘onda’ di cemento e marmorino grigio-chiaro con cui sono trattate le finiture delle pareti, quasi senza soluzione di continuità. Le strutture verticali all’interno dell’edificio sono state eseguite mediante un’integrazione tra le strutture in acciaio esistenti, restaurate (i pilastri in acciaio perimetrali), e altre strutture in acciaio di nuova esecuzione che seguono in andamento le pareti curve presenti nel progetto architettonico. Queste strutture sono di sostegno, oltre che ai carichi verticali derivanti dalla copertura, anche alle particolari pareti studiate per garantire la perfetta insonorizzazione dell’auditorium. Per ovviare inoltre al problema dell’acqua alta lagunare, è stato realizzato uno scafo di protezione appoggiato alla platea, detto anche vasca di contenimento delle acque, che permette una protezione contro le maree fino a due metri sopra il livello del mare.
Permeato di tradizioni giapponesi e del loro gusto per il montaggio, per l’equilibrio, per la capacità di far parlare la materia per mezzo della luce, Tadao Ando, premio Pritzker 1995, è certamente un architetto i cui lavori, sovente in cemento armato, sono caratterizzati dall’uso di forme geometriche semplici e dalla ricerca di una spazialità evocativa di un mondo interiore tipicamente giapponese. Ha mutuato inoltre dalla tradizione del modernismo occidentale la purezza dei volumi e il nitore delle forme, che impiega qui per instaurare una dialettica tra l’interno e l’esterno, tra l’ombra e la luce, tra l’oggetto e il contesto circostante.
Sicuramente il progetto di restauro del Teatrino di Palazzo Grassi dell’architetto giapponese è di grande impatto scenografico, ma rappresenta uno stravolgimento della preesistenza in chiave ultraminimalista, tanto che sarebbe più corretto parlare di recupero e rifunzionalizzazione architettonica della struttura: il restauro è un'operazione complessa che prevede una grande preparazione storico-documentaria e si muove in “punta di cesello”, al fine di evitare lo snaturamento dell'architettura su cui si interviene, operazione che pare lontana da quella curata e condotta da Tadao Ando.