In comune hanno il fatto di essere donne forti, coraggiose, combattive ma soprattutto di essere odiate dal potere. Un potere che ha sembianze maschili, naturalmente. Sono le donne impegnate in tutto il mondo, che stanno combattendo le loro battaglie contro dittatori, presidenti, eserciti, occupazioni militari e società profondamente violente e sessiste, ancora di più negli ultimi mesi scossi a livello globale da una pandemia senza precedenti. Tutto questo mentre in Italia ci avviciniamo all'anniversario del 20 agosto in cui un'altra donna impegnata in politica fu impiccata per le sue idee, quell'Eleonora de Fonseca Pimentel protagonista della Repubblica Napoletana del 1799 mirabilmente raccontata ne "Il resto di niente", romanzo di Enzo Striano.
Svetlana Tikhanovskaya Vs. il dittatore Lukashenko
A far parlare molto di sé, in questi giorni è stata Svetlana Tikhanovskaya, 37 anni, che ha raccolto la candidatura del marito Sergei Tikhanovsky, un blogger dissidente finito in carcere. Dopo la contestata rielezione di Alexander Lukashenko, da più parti considerata farlocca, come ha detto la scrittrice bielorussa più famosa al mondo, il premio Nobel Svetlana Aleksievic, Tikhanovskaya ha dovuto rinunciare alla sua battaglia politica e riparare in Lituania. Il suo messaggio non lascia adito a molte interpretazioni sulle pressioni che deve aver subito in questi giorni per impedirle di trasformarsi nella leader di una possibile rivolta contro il presidente-dittatore:
Pensavo che la campagna elettorale mi avesse temperata e mi avesse dato la forza di poter superare tutto, ma probabilmente sono rimasta una debole donna come prima. Ho preso una difficile decisione, l’ho presa assolutamente da sola. Né gli amici, né l’ufficio elettorale, né Serghei hanno potuto in nessun modo influenzarla. So che molti mi capiranno, molti mi condanneranno e molti mi odieranno. Ma sapete, che Dio non vi dia mai una scelta come quella davanti alla quale mi sono trovata io. Perciò dico a tutti: prendetevi cura di voi. Nessuna vita vale ciò che sta succedendo adesso. I bambini sono la cosa più importante che abbiamo nella vita.
Le donne nel Rojava incarcerate in condizioni disumane
Per una donna costretta a fuggire, tante altre invece sono costrette a restare. Succede alle donne in Rojava, la regione curda in parte occupate dai turchi e dalle milizie jihadiste alleate di Ankara, dove nelle scorse settimane la tv curda Rudaw ha denunciato la presenza, nella zona di Afrin, di un carcere segreto, dove “le donne vengono tenute in condizioni disumane”, secondo la denuncia di parecchie organizzazioni per la difesa dei diritti umani. In passato questo carcere è stato sede della stazione di polizia di Afrin ed è oggi utilizzata come quartier generale della divisione Hamza dell’Esercito libero siriano, una formazione ribelle al governo di Damasco sostenuta dai turchi.
Kamala Harris vice di Biden e la "Squad" anti-Trump
Ovviamente molto diversa è la situazione di Kamala Harris, fresca di nomina a vice di Joe Biden, che tuttavia vede già scatenarssu di sé gli strali del presidente in carica, Donald Trump ("Con lei pagheremo bollette dell'energia molto più alte" ha dichiarato), che nel mirino continua a tenere soprattutto il gruppo delle deputate-attiviste definite della "squad", nome dato a un quartetto di giovani rappresentanti dem del Congresso, di cui fanno parte Ilhan Omar, Ayanna Pressley e Alexandria Ocasio-Cortez, spesso finite nel mirino degli attacchi di Donald Trump a causa delle loro posizioni radicali e femministe.
Nel caso di Alexandria Ocasio-Cortez, gli strali presidenziali si sono addirittura trasformati in violenti attacchi sessisti, come quelli ricevuti dal deputato repubblicano Ted Yoho, che avrebbe appellato Ocasio-Cortez con l'espressione "Fucking bitch". A cui la deputata progressista ha risposto con un grintoso discorso al Congresso americano:
Non è avere delle figlie che rende un uomo una persona per bene. E non è avere una moglie che rende un uomo una persona per bene. Trattare le persone con dignità e rispetto rende una persona per bene.
Ma soprattutto evidenziando come quelle parole non sono affatto nuove per lei, in politica, dettaglio che chiarisce quali sono gli strumenti linguistici (e politici) usati dai suoi avversari per cercare di "eliminarla".
Ni una menos: le femministe argentine e l'aumento delle violenze col Coronavirus
In fatto di potere maschile che odia le donne (e le vuole letteralmente sopprimeere) il Coronavirus non ha di certo dato una mano. In Argentina, per fare un esempio, dove dal 2015 è molto attivo il movimento femminista Ni Una Menos, con l’inizio della quarantena la frequenza di femminicidi è aumentata. Solo nella prima settimana erano stati segnalati ben dodici casi. Anche le chiamate verso la linea nazionale per le denunce di violenza domestica e abusi hanno visto un incremento del 25%. Per queste ragioni, il ministero per le donne, le politiche di genere e la diversità sessuale ha attivato nei mesi scorsi un numero a cui è possibile mandare messaggi di testo e vocali tramite Whatsapp. Tuttavia, come abbiamo sperimentato anche nel nostro Paese, molto spesso le donne non riescono a denunciare.
Motivo per cui la ministra alla questione femminile e alla diversità di genere del governo di Alberto Fernandez, l'avvocato e attivista Elizabeth Gómez Alcorta, ha elaborato un provvedimento che consente alle donne di uscire di casa per chiedere aiuto in casi di violenza domestica, semplicemente presentandosi alla farmacia più vicina e richiedere un "barbijo rojo", mascherine rosse, in questo modo i farmacisti capiranno che stanno chiedendo aiuto. Modi diversi, a latitudini diverse, di combattere quel potere maschile che ancora oggi, nel 2020, vuole "cancellare" le donne.