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‘Suq’ o ‘Bazar’? Quale hai visitato, e perché hanno un nome diverso?

Chi è stato in nord Africa, questa estate, o ha visitato l’Oriente, dalla Turchia all’Uzbekistan, al suo ritorno mostra foto meravigliose dei grandi mercati che vi ha trovato. Qualcuno racconta di aver visto il suq, qualcuno il bazar. Ma sono la stessa cosa? Che differenza c’è fra ‘suq’ e ‘bazar’?
A cura di Giorgio Moretti
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Ci sono tante persone che anche questa estate sono state in Marocco, o in Uzbekistan, o in simili luoghi: abbiamo visto centinaia delle loro foto su Facebook e Instagram. E fra i soggetti più fotografati spiccano i mercati locali (quanto hai volluto visitare mercati del genere!). La cosa buffa è che, anche a distanza di seimilacinquecento chilometri, fra i mucchi conici di polveri di spezie colorate e di frutta secca, le foto scattate sono davvero simili. Eppure chi è stato a Marrakech ti racconta del suq, quelli chi è stato a Samarcanda ti racconta del bazar. Perché? Se sono luoghi così simili, perché sono chiamati in modo diverso? I viaggiatori lo sanno certamente.

Il termine ‘bazar' è entrato nella nostra lingua molto tempo fa: le prime attestazioni sono trecentesche. Per lunghi secoli è stato il nome d'elezione per i mercati orientali e nordafricani, un nome internazionale, ed è un fatto suggestivo: ‘bāzār' è un termine della lingua farsi (cioè persiana) non di quella araba, e significa proprio ‘mercato'. La Persia si trovava sulla Via della Seta, e l'antico secolare prestigio dei suoi mercati si riflette nella diffusione del nome, dall'Atlantico all'India. Invece ‘suq' è il nome comune dei mercati in lingua araba. Si tratta quindi del nome locale, dato dagli abitanti e primi frequentatori, e in questo si distingue dall'internazionalità del bazar.

Però non è l'unica differenza. Tendenzialmente (in questi casi non si può mai parlare in assoluto) c'è anche una differenza strutturale, a dispetto dell'apparente somiglianza fra le merci offerte. Il suq è più spesso un vero quartiere della città, che si dipana fra strade e vicoli (lo chiameremmo un ‘centro commerciale naturale'); invece il bazar è spesso un mercato coperto e appositamente organizzato a quel fine.

E ce n'è un'altra, che riguarda l'uso nella nostra lignua di questi due termini. La maggior diffusione storica di bazar (rispetto al suq, che è decisamente un termine più specifico, ancora) ci ha invitato a estenderne il senso, e l'estensione non è stata generosa: il bazar è simbolo di caos, traffico, di varietà superata soltanto dalla mediocrità della merce offerta a buon mercato. Invece il suq è meno usurato. Curiosamente, in altre lingue europee (come in francese) avviene il contrario, ma per le medesime ragioni: il dominio in paesi arabofoni ha reso comune il termine suq (traslitterato come souk o simili), ed è quindi il suq a farsi simbolo di confusione. Una confusione che nelle nostre vacanze cerchiamo con entusiasmo.

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Nato nel 1989, fiorentino. Giurista e scrittore gioviale. Co-fondatore del sito “Una parola al giorno”, dal 2010 faccio divulgazione linguistica online. Con Edoardo Lombardi Vallauri ho pubblicato il libro “Parole di giornata” (Il Mulino, 2015).
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