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Street art rimossa nelle Marche ma non per volontà dell’artista Blu. La polemica continua

Nelle scorse notti a Bologna è stata avviata un’impegnativa operazione di ‘strappo’ delle opere di street art realizzate da Blu. C’è chi lo interpreta come un gesto violento da parte dell’artista verso il paesaggio urbano delle vie bolognesi, inteso come ‘patrimonio collettivo’. Mentre altre opere sono state rimosse nelle Marche, sopratutto a Senigalla, città natale di Blu, ma questa volta non per volontà dell’artista e non per motivi ideologici. Il processo di precarietà che sta intaccando la street art sembra non arrestarsi. Ecco cosa è successo.
A cura di Silvia Buffo
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La street art italiana firmata Blu
La street art italiana firmata Blu

Sull'arte di Blu sembra accanirsi una sorta di mania distruttiva. Non solo quella auto-indotta con la cosiddetta azione dello ‘strappo' a Bologna ma anche quella inerente alla demolizione di alcuni edifici a Senigallia, sui quali erano realizzati i dipinti dell'artista Blu. Sta accadendo che uno dei maggiori street artist a livello mondiale, elimina le sue opere a Bologna in segno di protesta per la mostra Street Art. Banksy & Co, promossa da Genus Bononiae con la Fondazione Carisbo, il cui patron del progetto è Fabio Roversi Monaco, dove saranno esposte dal 18 marzo opere staccate dai muri cittadini della città.

Mentre nelle Marche, dove è nato Blu, alcuni suoi lavori sono stati eliminati ma non per sua volontà e non per fini ideologici. Si tratta di Senigallia, la città natale di Blu, qui i murales dell'ex cantiere S.E.P al porto e quelli delle ex colonie Enel sono spariti in seguito alla demolizione degli edifici, a colpi impietosi delle ruspe, per motivi molto meno nobili, per creare i rispettivi spazi di ristrutturazione dell'area portuale e lottizzazione immobiliare. Episodio che sembrerebbe indignare maggiormente la comunità artistica locale e non solo, estendendo su altri confini la riflessione sulle condizioni attuali della street art.

Un altro murale al liceo Marconi di Pesaro è stato invece cancellato anni fa dalla Provincia, proprietaria dell'immobile. Restano ancora visibili il Palombaro su un silos nel porto di Ancona e altri graffiti a Fabriano. E ci si augura che lo siano ancora e che questo processo di precarietà, che negli ultimi tempi sta intaccando la street art, si arresti.

Questo processo di demolizione, seppur a scopo liberatorio, è voluto in questi giorni dallo stesso Blu che intende il suo sacrificio come doloroso ma necessario. “Contro l’accumulazione privata e sulla trasformazione della vita e della creatività di tutti a vantaggio di pochi”, i graffiti erano stati infatti letteralmente strappati dai loro muri per essere ‘chiusi ed incatenati’ in una stanza di museo.

Blu ha stabilito il ‘suicidio' artistico per le sue opere, in virtù del suo credo ideologico. Mentre Roversi al Corriere della Sera spiega così l'intento della discussa mostra in una sua intervista:

Noi le riteniamo opere d’arte, per questo le salviamo e le restauriamo. Se un artista come Blu ne contempla la distruzione, la sua è una concezione alta, ma forse il tema non riguarda più solo lui.

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