Meglio dirlo subito. "Solo per Ida Brown" (Feltrinelli, 234 pagine, 17,00 euro), l'ultimo libro dello scrittore argentino Ricardo Piglia, è un grande romanzo. Non è stato il primo dello scrittore e sceneggiatore sudamericano – peraltro autore di straordinari racconti come le quindici perfette narrazioni brevi contenute ne "L'invasione" (Sur) – e purtroppo resterà l'ultimo. Lo scorso 6 gennaio, infatti, Piglia è deceduto a Buenos Aires, città nella quale era tornato a vivere nel 2011 dopo una lunga parentesi negli Stati Uniti, dove aveva insegnato in diversi college americani. Ci resteranno di lui i suoi cinque romanzi, quattro sceneggiature, i racconti e dei notevolissimi diari: quanto basta per definirlo un gigante della letteratura mondiale.
"Solo per Ida Brown" (in originale "El camino de Ida") è stata l'ultima opera a cui Ricardo Piglia ha lavorato dal suo rientro in patria fino alla pubblicazione. Si tratta di una narrazione potente, scagliata come una rasoiata contro gli ipertrofici orizzonti comunicativi della nostra epoca e, forse, contro l'inefficacia di quella vita accademica che l'autore di "Respirazione artificiale" aveva conosciuto così bene. Eppure, a dispetto della densa folla di riferimenti autobiografici, Piglia qui costruisce un thriller che scompone il genere, lo ricompone – come già fatto in passato – e attraverso una solidissima struttura narrativa arriva a compimento, finendo per diventare un'opera ultima in tutti i sensi.
Conrad, Thoreau e Hudson
La trama del romanzo è grosso modo questa: Emilio Renzi (alias dello stesso Piglia), docente argentino di Letteratura inglese, viene invitato a trascorrere un semestre alla Taylor University, vicino a New York. Lì conosce Ida, un’insegnante che diventerà la sua amante. Quando Ida muore in un incidente stradale – in circostanze simili ad altri incidenti – la polizia ipotizza l’azione di un gruppo terrorista. Da questo momento in poi si apre lo sprofondo della storia: chi era davvero Ida? E chi c’è dietro a quegli incidenti?
Gli ingredienti del poliziesco ci sono tutti. Ci sono un cadavere, c'è un mistero da risolvere e una verità a scatole cinesi da scoprire. Sullo sfondo, non meno importante, i riferimenti letterari a Joseph Conrad (l'autore preferito di Ida) e quelli a W.H. Hudson (quello in cui è specializzato il professor Emilio Renzi), autore inglese vissuto a lungo in Argentina, simbolo di tutti quegli scrittori dalla doppia identità, geografica e culturale, come lo stesso Ricardo Piglia. Ma il metaletterario nel romanzo è solo apparentemente tale.
Perché anche Conrad, alla fine, in particolare quello de "L'agente segreto", sarà necessario per risolvere l'enigma. E così, con la linearità del romanzo d'autore e autobiografico, ma al ritmo vorticoso di quello di genere, ecco delinearsi sullo sfondo l'incrocio con la grande storia, a tratti con pezzi di cronaca – qui l'intreccio sembra sciogliersi e fondersi con la Storia e con la Letteratura – finendo per trasformarsi in una riflessione feroce sul destino degli Stati Uniti e, più in generale, su chi al mondo ci sta per comandare.
Vicenda ispirata a Unabomber
È dall'indagine condotta da Emilio Renzi che emerge il debito di "Solo per Ida Brown" alla vera storia di Theodore Kaczynski, noto come Unabomber, l'ex matematico che tra la fine degli anni Settanta e i metà Novanta inviò diversi pacchi postali contenenti esplosivi, ferendo e uccidendo molte persone, colpevoli di promuovere la distruzione dell'umanità e della natura, attraverso lo sviluppo tecnologico.
Come molti ricorderanno, Kaczynski fu autore del famoso "Manifesto di Unabomber", che nel 1995 invierà a diversi giornali per cui chiederà la pubblicazione in cambio dello stop agli attentati. Sarà a causa di quel documento, contenente pezzi già elaborati da Kaczynski quand'era un brillante matematico, che la polizia lo arresterà l'anno successivo in una capanna del Montana dove viveva da solo e senza luce elettrica, dopo diciotto lunghi anni di caccia all'uomo.
Nel romanzo di Piglia il terrorista ha un nome diverso, Thomas Munk, ma più o meno la storia è la stessa. Sta qui l'acutezza di Piglia, che dal suo osservatorio del ventunesimo secolo inoltrato, riprende quella vicenda e ne fa, attraverso il romanzesco, uno snodo centrale per comprendere le dinamiche della nostra epoca. Perché Munk sa che per farsi leggere da tutti, per incidere davvero nelle coscienze della gente e nella formazione di un'opinione politica, è necessario attirare l'attenzione su di sé. E quale modo migliore se non diventando un imprendibile bombarolo di cui parlano tutti i giornali e le televisioni?
Una nuova figura di intellettuale si profila come unica possibilità, sembra il dirci Ricardo Piglia, in questo suo ultimo grande romanzo. Considerato che le parole hanno fallito, oggi agli intellettuali non resta – per incidere sulla realtà – che darsi all'azione diretta.