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Selfie al museo: anche la National Gallery ha detto sì

La National Gallery di Londra permette ai visitatori di scattare fotografie alle opere del museo. Via libera quindi anche ai selfie. Ed è subito polemica.
A cura di Gabriella Valente
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Alla National Gallery di Londra è stato ufficialmente cancellato il divieto di scattare fotografie alle opere della collezione permanente.

I visitatori potranno quindi fotografare i dipinti esposti e, di conseguenza, scattarsi selfie all’interno del museo. Sì, perché il via libera alla foto implica, irrimediabilmente, il via libera al selfie. Selfie che alla National Gallery potrebbe avere come sfondo un Rembrandt o un Vermeer, così come un Caravaggio, un Van Eyck o un Van Gogh.

L’uso di smartphone e tablet è ormai incontrollabile, spiega la National Gallery nel suo comunicato. Complice l’introduzione del wi-fi gratuito nel museo, è diventato difficile per gli assistenti di sala distinguere con certezza chi usa il telefono per scrivere messaggi, chi lo usa per cercare notizie in internet o chi tenta di scattare una foto; per cui è inevitabile permettere di fotografare, fermo restando il divieto del flash e dell’uso commerciale delle foto. Così, un altro dei musei più importanti del mondo “si arrende alla tecnologia”. Prima dell’istituzione inglese, già il Louvre, il Met e il MoMA, per citare altri templi dell’arte, avevano ammesso le fotografie nel proprio regolamento, mentre per quanto riguarda l’Italia la medesima idea è ancora in forma di proposta.

Il selfie della giornalista del Guardian Zoe Williams, alla National Gallery con l'Autoritratto di Rembrandt
Il selfie della giornalista del Guardian Zoe Williams, alla National Gallery con l'Autoritratto di Rembrandt

Eppure in Gran Bretagna la notizia diffusa dalla National Gallery ha suscitato varie polemiche, e in pochi giorni si è aperto a riguardo un dibattito acceso. Tra i sostenitori della nuova concessione, c’è chi considera la foto del quadro come un arricchimento culturale del visitatore che potrà studiare l’opera anche fuori dal museo. Sempre a favore della nuova decisione della National Gallery, la posizione più interessante e categorica è quella di Sam Leith che sull’Evening Standard, oltre a sminuire la magia dell’incontro tra l’individuo e l’opera d’arte e a constatare che nella vita moderna ogni attività è mediata dalla tecnologia, difende il selfie spiegando che nel piacere che proviamo di fronte a un’opera “conta molto l’essere in presenza fisica del lavoro per poter dire, anche solo a se stessi: io ero lì”; il selfie è la testimonianza di quella presenza.

Non sono pochi, d’altra parte, coloro che avversano il permesso di fotografare nel museo. C’è chi si allarma per questioni conservative sull’uso dei flash nonostante i divieti; chi lamenta il disturbo arrecato agli altri spettatori dai visitatori-fotografi che abbagliano con i flash e “monopolizzano” le opere. Tra le voci più indignate c’è quella dello storico dell’arte Michael Savage che sul suo blog denuncia: “Anche l’ultimo baluardo della quieta contemplazione sta per diventare selfie central”; la novità, spiega, non sarà nella foto del quadro, che già era disponibile online, ma nella possibilità del selfie, quindi nella foto del quadro con il visitatore nel telaio. Eppure, continua Savage, la cosa affascinante dovrebbe essere guardare le immagini, e non condividere la propria immagine su un social network.

Il punto cruciale delle critiche più fini è “la cultura del ‘non guardare’ che le macchine fotografiche propongono”, come ha scritto chiaramente Sam Cornish sul suo sito Abstract Critical, perché in effetti il rischio – o forse la certezza – è che il visitatore così impegnato a documentare la propria visita non si fermi neppure ad osservare l’opera, ma la guardi – senza guardarla davvero – solo attraverso il filtro della macchina fotografica. Di questa opinione è anche il Guardian che in un editoriale ha polemizzato contro coloro che "preferiscono fotografare ed essere fotografati invece di guardare".

Il selfie della giornalista del Guardian Zoe Williams, alla National Gallery con La donna seduta alla spinetta di Vermeer
Il selfie della giornalista del Guardian Zoe Williams, alla National Gallery con La donna seduta alla spinetta di Vermeer

È pur vero che la fotografia nel museo può fungere da comodo taccuino, ma il rischio del “non guardare” e quello del “selfie selvaggio” spaventano non poco. Insomma, siamo sì abituati a vedere persone che – braccio teso e dito pronto al touch – si scattano fotografie in ogni situazione, ma non vorremmo abituarci anche a vedere i visitatori di un museo che voltano continuamente le spalle ai dipinti da ammirare per trasformarli in sfondi di selfie. Cosa che precisamente ha fatto la giornalista del Guardian Zoe Williams per sperimentare la novità della National Gallery e le reazioni dei visitatori.

La giornalista si è scattata dei buffi selfie al museo che ha poi pubblicato nel suo articolo: con l’Autoritratto di Rembrandt, con La donna seduta alla spinetta di Veermer, con Filosofia di Salvator Rosa. L’imbarazzo provato nel fare questi scatti e gli sguardi di disapprovazione degli altri visitatori hanno portato la Williams a rassicurarci: “La National Gallery non sarà invasa da persone che si fanno selfie per lo stesso motivo per cui non è pieno di gente in bikini”.

Proibire di usare le fotocamere all’interno dei musei forse è davvero anacronistico e ormai impossibile, per cui la scelta della National Gallery può apparire inevitabile. Bisogna sperare, a questo punto, nel buon senso delle persone e, come in tutte le cose umane, augurarsi un buon uso e scongiurarne l’abuso.

Immagine principale: il selfie di Gerard Piqué e Shakira al Louvre davanti alla Gioconda di Leonardo.

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