Chi ricorda più Giovan Battista Fagiuoli, scrittore, poeta, drammaturgo fiorentino del Sei-settecento? In quale storia della letteratura ci rammentiamo di aver letto il suo nome? Chi si ricorda le sue facezie misurate e brillanti, i nomi delle sue opere? Dove sono finite le risate che si levavano alle sue commedie? Dove è finita la testimonianza della sua vita, passata come migliaia di vite di oggi fra lavori di sopravvivenza e il richiamo costante alle lettere, il sogno del successo? (Mais où sont les neiges d'antan?) Tutto è perduto? Quasi. Resta un vestigio inatteso, una testimonianza di passaggio: un aggettivo, nato da un nome, il nome di un personaggio centrale della più acclamata commedia di Fagiuoli, l'unica ad aver avuto fortuna anche fuori dalla corte dei Medici e dei Lorena, in tutta Italia e oltre: è il cicisbeo Vanesio, lezioso cavalier servente di Ciò che pare non è, ovvero Il cicisbeo sconsolato, del 1724. Giovanni Battista Fagiuoli riposa sepolto nella basilica fiorentina di San Lorenzo da quasi trecento anni, e dall'ultima edizione di questa sua commedia sembra sia passato più di un secolo, senza prevedibili ritorni: questo è ciò che rimane di lui, di visibile e distinguibile, la sua inaspettata eredità.
Da dove salta fuori questo nome? Ovviamente è un derivato di ‘vano' risistemato a nome proprio, e l'invenzione è davvero acuta, tagliente: se ascoltiamo bene quell'-esio si capisce che è quello a fare la magia. Riesce a rendere ancor più fatuo, ancor più molle chi o ciò che è vano. In effetti Vanesio è un personaggio oltre il ridicolo, affettato, che si esprime e agisce in modi romanzati, ed è un po' l'antagonista della storia. La storia non è particolarmente alata, per il nostro gusto di oggi: un vecchio dubita dell'integrità di sua nuora che sta sempre a ciarlare col cicisbeo Vanesio, al contrario di sua figlia che invece è vereconda e contegnosa, un vero esempio di moralità; equivoco su equivoco (chi l'avrebbe detto!) si scopre che invece la nuora è integerrima e la figlia ‘scaltrita', e Vanesio rimane sconsolato e deriso. (Lo svolgimento della storia è descritto nell'Argomento all'inizio, in pratica le pièce teatrali iniziavano con uno spoiler terrificante).
Le sfumature del vanesio si capiscono meglio a confronto col sinonimo vicino ‘vanitoso': il vanitoso ha letteralmente una grande vanità, e quindi una considerazione alta di valori esteriori vacui, di cui ha cura. Il vanitoso è molto attento, ci spende tempo ed energie. Invece il vanesio, nella cura di questo nulla, riesce soltanto a mostrarsi fatuo e sciocco: con un occhio su Vanesio potremmo dire che è il vanitoso ridicolo. Il collega vanesio crede che le sue pose da macho abbiano uno charme irresistibile, l'amica vanesia con velleità di attrice stampa o ritaglia tutti gli articoli in cui è nominata, il vecchio vanesio va sempre a farsi tagliare gli ultimi tre capelli dal suo coiffeur. Una parola graffiante, slanciata, geniale.
E te lo immagini come ha ridacchiato compiaciuto, il vecchio Giovanni Battista, quando scrivendo, una sera, si è appuntato il nome che gli era appena venuto in mente, ‘Vanesio', pensando che ci stesse proprio bene, per quel personaggio, ignaro che scordato da tutti il personaggio, scordata da tutti la commedia, scordato da tutti lui, di tutto ciò che avrebbe fatto in vita quel nome solo sarebbe rimasto la sua estrema opera (anonima) sulla bocca di un'intera ignara nazione?