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E se gli errori linguistici della ministra Fedeli non fossero così rilevanti?

Ai discorsi di chi ricopre la carica di Ministro dell’Istruzione viene fatto il pelo e il contropelo. Naturale. Ma non può diventare uno sport, perché cercare l’inettitudine in minuti errori di grammatica, esistenti o no, finisce per essere pedante e vacuo. Finisce per essere una distrazione. Vediamo tre casi che hanno riguardato la ministra Fedeli.
A cura di Giorgio Moretti
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Il congiuntivo nella lettera al Corriere

"Sarebbe opportuno che lo studio della Storia non si fermasse tra le pareti delle aule scolastiche ma prosegua anche lungo i percorsi professionali".

Ci sarebbe voluto un ‘proseguisse', è chiaro, ed è un brutto errore: figuriamoci, toppare malamente un congiuntivo scrivendo qualcosa che viene pubblicato sul Corriere della Sera, e non solo! sei perfino la ministra dell'istruzione. Classico scenario da incubo, in cui sei anche in mutande. Da harakiri, ma anche no.
Se ne è presa la colpa il suo portavoce, ma poco importa. Chi si è mai trovato a dover scrivere notevoli moli di lettere, comunicati, articoli, specie se non come unico autore, ma dovendo sottoporre bozze, accogliere suggerimenti, trasmettere o applicare correzioni e via dicendo sa che l'incoerenza sintattica è un pericolo dietro a ogni angolo. A me succede non di rado: correggo una frase e non mi accorgo che in questo modo non torna più. Figuriamoci quanto è facile se i cuochi sono più di uno. Anche io in questi casi mi sento dire "che ignorante, si studiasse l'italiano!". Ma ci si deve ricondurre al "chi non fa non falla". Più scrivi, più parli, più è probabile che tu sbagli. Meglio se non succede, ma fossero questi i mali della lingua e della politica.

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"C’è il rafforzamento della formazione per i docenti, che svolgono le funzioni di tutor dedicati all’alternanza, perché offrono percorsi e assistenza sempre più migliori a studenti e a studentesse".

‘Più migliore' non si dice, anche questo è chiaro. ‘Migliore' è un comparativo, e vale ‘più buono': sarebbe quindi un inaccettabile ‘più più buono'. Qualcuno ha difeso la ministra (come Sofri e Bartezzaghi) notando che non si tratta di una regola scolpita nel marmo, che nella nostra storia letteraria non mancano eccellenti casi d'uso di ‘più migliore', e che verosimilmente si tratta della mera giustapposizione di ‘sempre più' a ‘migliori', come fosse un inciso (girandolo diventa un accettabile ‘migliori sempre più'). C'è chi le ha viste come difese inconsistenti (come Arcangeli).
Qui stiamo parlando di un discorso letto: il testo è scritto bene ma magari parlando si fanno errori, o è scritto male e ce ne accorgiamo troppo tardi, o sono tutti un grande baraccone di ignoranti. Vista l'inverificabilità delle ipotesi che si possono fare in merito, senza spingersi a giustificare (in maniera plausibile) l'errore, la cortesia intelligente chiede indulgenza: è un errore che capita piuttosto di frequente, e non richiede di corprirsi il capo di cenere, assunzioni di colpa ufficiali. La sua rilevanza è infima, anche se lo fa un ministro. Anche se è brutto e sciocchino.

La nota di ringraziamento al comune di Cremona

"Sono stata onorata di essere stata invitata qui nel comune di Cremona città di cultura, di musica, di futuro."

Si tratta di una nota di ringraziamento, scritta a mano. La ministra ha qui voluto esprimere il suo sentimento (umano o istituzionale): si è sentita onorata d'essere statata invitata a Cremona, grande città di grandi cittadini. Anche in questo caso, apriti cielo, "La Fedeli ci ricasca", "La ministra che non sa la grammatica colpisce ancora". Invece no. Troppa attenzione a queste minuzie, troppo rinforzo positivo sul fatto che è bello e giusto bacchettare la ministra porta a esagerare. "Sono stata onorata di essere stata invitata qui" significa "Mi sono sentita onorata di essere stata invitata qui". Non c'è errore. Magari non è la frase più liscia ed elegante ch'io abbia mai letto, magari avrei detto "Mi sento onorato di essere stato invitato a Cremona" per rimarcare che l'onore sentito al momento dell'invito perdura.

Parlare dei congiuntivi di Di Maio, della ministra Fedeli e di centinaia di altri politici non porta da nessuna parte. Si vede l'errore, si fa notare l'errore e avanti: di rado concentrarsi sull'ortografia schiude una visione critica d'insieme. E peraltro, fra una giusta correzione e il bullismo il passo è breve breve. Anche perché si parla di politica: la sostanza da criticare non manca mai, vogliamo davvero guardare la pagliuzza più della trave?

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Nato nel 1989, fiorentino. Giurista e scrittore gioviale. Co-fondatore del sito “Una parola al giorno”, dal 2010 faccio divulgazione linguistica online. Con Edoardo Lombardi Vallauri ho pubblicato il libro “Parole di giornata” (Il Mulino, 2015).
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