La storia dello scultore che teme la condanna di Pechino per portare a casa la statua su Tienammen
Lo scultore danese Jens Galschiot, che anni fa ha donato una statua di commemorazione degli studenti uccisi a piazza Tienammen, ora presente nell'Università di HongKong ha chiesto l'immunità da una nuova legge per poterla riportare a casa, in Danimarca. L'uomo aveva creato una statua intitolata Pillar of Shame, alta otto metri per due tonnellate di peso totale, che raffigurava dei corpi lacerati e contorti e l'aveva donata a un gruppo di attivisti, l'Hong Kong Alliance in Support of Patriotic Democratic Movements in China, per esporla nell'Università di Hong Kong in memoria dei fatti di piazza Tienammen. L'idea dello scultore e degli attivisti è che quella statua avrebbe dovuto rimanere lì per sempre in memoria di uno degli accadimenti simbolo della Storia.
Purtroppo col tempo le cose sono cambiate, dal momento in cui l'Alleanza non esiste più, sciolta a seguito delle accuse ad alcuni membri – come riporta il Guardian – di reati contro la sicurezza nazionale e la conseguente richiesta da parte dell'Università di rimuoverla. Una rimozione che avrebbe un costo e dei tempi importanti, ma soprattutto metterebbe a rischio lo scultore e la sua squadra che si sono detti disponibili a riportarla in Patria a patto che sia assicurata la loro sicurezza. Galschiot, che valuta la statua poco più di un milione di euro, ha scritto una lettera aperta in cui chiede al Governo di Hong Kong oltre a una collaborazione materiale – blocchi stradali, permessi vari e assistenza tecnica – anche l'immunità da una legge sulla sicurezza nazionale importa da Pechino contro chi si macchia, secondo loro, di sovversione, secessione, terrorismo e collusione con forze straniere.
"Da quello che apprendo dalla stampa l'introduzione della nuova legislazione sulla sicurezza a Hong Kong significa che esiste una base legale per l'arresto di cittadini stranieri che si impegnano in attività che criticano la Cina" si legge nella lettera che continua spiegando che a questo punto la rimozione della statua potrebbe portare a una copertura mediatica tale da poter essere percepita come una critica nei confronti di Pechino facendo scattare i provvedimenti: "Pertanto, dovrò ottenere una garanzia che io e i miei dipendenti non saremo perseguiti". Per adesso, però, non c'è stata alcuna risposta né da parte dell'ufficio di sicurezza del governo né dal dipartimento per l'immigrazione, mentre la data di rimozione data dall'Università è scaduta un mese fa