Sanremo 2023 terza puntata: fra diritti (negati come quello di dormire), ribelli e fake news
#SANSATIRA Giorno tre.
Quello che state per leggere è il racconto di ogni puntata del settantatreesimo Festival di Sanremo. E come Gaber, in un suo famosissimo brano, si domandava "cos'è la destra? ma cos'è la sinistra?", io lo faccio con ogni serata del più grande spettacolo medio d'Italia. E direi che considerando come ha avuto inizio questa edizione, con il Presidente della Repubblica ospite d’onore, mai lettura fu più appropriata.
Prima di cominciare ci tengo a dire che Morandi che sale sullo sgabellino per abbracciare Paola Egonu è il simbolo di tutti noi che non siamo bassi, ma “sono loro che sono alti”.
Innanzitutto è opportuno ricordare se il Festival sia di destra o di sinistra ma su questo non vi sono dubbi: è lo spettacolo nazional popolare per antonomasia e quindi democristiano. E se la prima è stata la serata istituzionale, molto italiana (cit), molto democristiana, la seconda all’insegna della trasgressione o del disagio – a seconda dei punti di vista -, la terza è stata la puntata dei diritti.
La puntata dei diritti negati, come quello di dormire, che dovrebbe essere un diritto inalienabile – soprattutto per chi al mattino deve svegliarsi per affrontare una nuova bellissima merdosa giornata di lavoro – ma che a quanto pare ad Amadeus non interessa visto che la terza puntata con:
28 cantanti in gara – che si sono esibiti uno ad una tranne il Grigna che l’ha fatto due volte -, gli ospiti, le ospiti, gli ospiti internazionali che però sono italiani, i monologhi, gli stacchetti, i siparietti, Radio due, la pubblicità, la Liguria, Poltrone e Sofà con sti due artigiani della qualità che sono sempre in mezzo alle balle trallallà, il TgUno, Morandi, gli inconvenienti, il comico, la classifica provvisoria, la classifica provvisoria finale, i saluti, i ringraziamenti, le liti, le bestemmie e le fake news, alla fine si è conclusa oltre le due. Quindi in questa terza, benhurica, infinita puntata Amadeus lo collochiamo senza dubbio a destra, la puntata invece a sinistra. E così il sacro festival rimane sempre bilanciato, sempre democristiano.
Poi ci sono quelli che verso l’una si sono fatti un pisolino prima della classifica finale e quelli che mentono. Il monologo di Alessandro Siani – che si colloca nella fascia pisolino – è necessario quanto una leggera pioggerellina alle sette del mattino, il che la dice lunga sui comici che a quanto pare non sono proprio la punta di diamante di questa edizione.
È stata anche la puntata delle fake news: dalla falsa bestemmia di Grignani, al litigio fra Anna Oxa e Mamade, che seppure sia stato smentito a più riprese ci ha fatto comunque sognare. Perché l’idea che Madame dica ad Anna Oxa “fatti i cazzi tuoi se vuoi ancora campare”, dopo averle lanciato un bicchiere in faccia, solo perché la signora delle urla le avrebbe detto “figlia mia vaccinati” trasforma in un attimo Sanremo in Gomorra, un duello all’ultimo sangue fra boomer e generazione zeta. Ma tanto, come al solito ormai, è tutto falso e serve solo a portare attenzione su qualcosa che non c’è o deviarla altrove. E quando penso a manovre subdole, depistaggi e colpi bassi ovviamente penso a Dalema.
Quel che è assolutamente vero però è che Gianluca Grignani è protagonista assoluto della gara – anche solo per il fatto che ne hanno parlato tutte e tutti – e fa la rockstar quindi direi che possiamo lecitamente collocarlo a sinistra, anche solo per la camicia finale.
Era dai tempi di Morgan e Bugo che sognavamo in qualcosa di nuovo che creasse meme per i prossimi due anni, tanto che nel momento in cui il Grigna interrompe tutto e ferma l’esibizione, ci sono state nelle case di tutta Italia, scene da finale dei mondiali, con gente che urlava “FORZA GIANLU SPACCA TUTTO!”.
E invece no. Con garbo e gentilezza, nel suo travestimento da Franco Califano, chiede scusa, fa i complimenti al fonico, difende Blanco o gli fa una stoccatina a seconda dei gusti (io ho pensato subito alla prima), e ricomincia a cantare.
Solo che siccome il pezzo si chiama “Quando ti manca il fiato”, io avevo capito che il problema fosse che gli mancava il fiato e non che non si sentisse in cuffia quindi mi son detto: “vabbè comunque è un grande fa sempre quello che gli pare”. E invece no.
Verso il finale della ripresa, sale le scale, si toglie la giacca e di nuovo, ovazioni da stadio “FORZA GIANLU SPOGLIATI NUDO E VOMITA” e invece no: si gira, ci da le spalle e “urla” NO WAR (scritto sulla camicia). E ci frega tutte e tutti.
E anche se poi non è che la canzone sia bellissima, mi ritrovo lì, in piedi davanti alla tivù, come un pirla a cantare e urlare, manco fosse la semifinale di Italia 90: perché alla fine regaz, gli anni ’90 non li batte nessuno e gli angeli caduti che alla fine si rialzano, a noi ci fanno sempre sognare.
Ecco perché ci ostiniamo a guardare Sanremo, nonostante tutto.
Poi accadono tantissime cose (in ordine assolutamente sparso):
Lazza che regala i fiori alla sua mamma decisamente una mossa di destra, perché l’amore per la mamma è assolutamente trasversale e universale ma se è esposto e spinto allora è di destra; Leo Gassman vestito come il migrante italiano in Germania che torna per votare di Carlo Verdone, molto più figo ma anche molto democristiano; Tom Morello che suona con i Maneskin con buona pace per il fegato dei metallari e rocchettari puristi assolutamente di sinistra (però vi supplico qualcuno dica a Victoria che si possono fare anche altre espressioni nelle foto per dio); Mr Rain fa cantare i bambini, quindi lavoro minorile, quindi di destra; Morandi che tocca i tatuaggi di Paola Egonu probabilmente convinto che siano cose che si possono muovere come ogni bravo ottantenne alle prese con cose disegnate sulla pelle; il monologo di Egonu tanto atteso, abbastanza prevedibile ma comunque emozionante e decisamente meno egoriferito di Chiara Ferragni, decisamente e necessariamente di sinistra; gli Articolo 31 posseduti dallo spiriti di Max Pezzali che si autoassolvono e rimpiangono il passato ma con uno slancio verso il cambiamento dell'età, moooolto di destra; i ComaCosa Al Bano e Romina in versione hypster, extraparlamentari; Ultimo che canta la stessa canzone da dieci anni cambiando titolo e parole ovviamente di destra; Massimo Ranieri che torna ma non si capisce bene perché, di destra anche solo per la le mosse da crooner attempato che sembra uscito da una puntata dei Soprano.
E infine, ma non in ordine cronologico né tantomeno di importanza, Elodie.
Una mattina nel 2017 ero sul pulmino di rientro dell’aeroporto di Linate e c’era anche lei. Ci siamo guardati per due secondi e mezzo. Non lo dimenticherò mai.
A domani perché tanto alla fine, prima o poi, si muore tutti democristiani.