San Leucio, sfratto all’opificio borbonico: la denuncia dell’ex ministro Bray
Il prossimo 3 marzo, a causa di un'ordinanza di sfratto, anche l'ultima seteria con sede nell'antico opificio serico di San Leucio, in provincia di Caserta, chiuderà i battenti. E così, oltre alla perdita occupazionale, anche un pezzo importante della nostra storia e cultura finirà. È quanto ha denunciato, sul suo profilo Facebook, il presidente della Treccani ed ex ministro dei beni culturali, ai tempi del governo Letta, Massimo Bray. Bray, a cui si deve il recupero, in quegli stessi territori, della Reggia di Carditello, si è così espresso attraverso il popolare social network:
Ho letto con commozione il sito web dell'Opificio, che ricorda così la nascita di quel luogo straordinario e della comunità che lo ha animato per secoli: "Il 25 marzo del 1776 Ferdinando IV di Borbone, Re delle Due Sicilie, fonda la Real Colonia della Seta di San Leucio, a pochi chilometri dalla Reggia di Caserta, con l’intento di eguagliare e superare la bellezza dei tessuti di seta prodotti a Lione. Chiamati a lavorarvi i migliori maestri tessitori francesi ed italiani del tempo, Ferdinando IV li organizza in una comunità con uno statuto a carattere sociale ed egualitario di grande modernità per l’epoca".
San Leucio e la seta: dai Borbone un modello sociale innovativo
Come nacque questo luogo? Nel 1776 il Re delle Due Sicilie, Ferdinando IV di Borbone, fonda la Real Colonia della Seta di San Leucio, nei pressi della Reggia di Caserta, con l'intento di eguagliare e superare la bellezza dei tessuti di seta realizzati fino a quel momento, soprattutto in Francia. E proprio dalle terre d'oltralpe, il Re chiamò a San Leucio i migliori maestri tessitori francesci, realizzando una comunità con uno statuto a carattere sociale di stampo egualitario di grande modernità per l'epoca. Formazione gratuita, alloggio, servizi igienici, assistenza agli anziani e agli infermi, il Borgo di San Leucio ha rappresentato nei secoli un fiore all'occhiello e un polo di altissima qualità per la produzione di tessuti in sera.
L'appello di Bray
Dopo l'intervento di Massimo Bray, è partita la gara di solidarietà, ma soprattutto gli appelli sul web e sui giornali affinché l'antico opificio di San Leucio non chiuda. Lo stesso ex ministro si sofferma con un richiamo alle autorità per impedire che un patrimonio fondamentale della cultura non solo campana, resti in vita:
Sono convinto che chi ha la responsabilità di quel territorio e dei beni culturali non possa non ascoltare la voce di chi domanda che l'eccellenza italiana sia tutelata e tramandata ai nostri figli.