Romeo Castellucci firma il Parsifal a Bologna. E la città gli tributa una laurea ad honorem
È tempo di grandi riconoscimenti per Romeo Castellucci, regista e fondatore della Societas Raffaello Sanzio, compagnia teatrale di ricerca e sperimentazione tra le maggiori in Italia. Insignito da pochi mesi del Leone d'Oro alla Carriera dalla Biennale di Venezia (guarda qui l'intervista), è approdato da qualche anno al teatro lirico: la sua prima regia d'opera, nel 2001, fu "Il combattimento di Tancredi e Clorinda" di Monteverdi e, dieci anni dopo, l'occasione si è ripresentata grazie a una commissione del Thèâtre de La Monnaie di Bruxelles, con il Parsifal di Wagner.
E proprio oggi la Fondazione Teatro Comunale di Bologna inaugurerà la Stagione d'Opera Balletto 2014 con la ripresa di quello spettacolo. L'occasione è quantomai solenne, in quanto si tratta di un anniversario particolarmente significativo per il rapporto tra Bologna e il compositore tedesco. Si dà il caso che la prima città italiana ad eseguire il Parsifal, dopo la scadenza del divieto dello stesso Wagner di rappresentarlo fuori da Festspielhaus di Bayreuth, fosse stata proprio Bologna, e precisamente alle 15.00 del primo gennaio 1913 (due ore in anticipo sull'Opera di Roma).
Un appuntamento che il Massimo bolognese celebrerà con audacia, affidando la regia a lui, uno dei più sperimentali, dissacranti e discussi registi degli ultimi anni, e la direzione a Roberto Abbado, al suo primo Wagner. Il loro sarà uno spettacolo di sicuro impatto, così come lo fu nel 2011 a Bruxelles, quando il pubblico si trovò davanti una lettura (giustamente) filosofica e spregiudicata, con un vero serpente che attentava alla gigantografia 3D di Nietzsche, o con una foresta viva, fatta di veri animali e di un coro mimetizzato. Un allestimento senza nessun riferimento alla simbologia mitica sottesa al Parsifal, che non rifà il verso né al Cristianesimo né ad altre forme ibride di paganesimo o panteismo negli anni ravvedute nella massima opera wagneriana. Immagini forti, da ispezione ginecologica, un gigantesco buco nero al posto della ferita di Amfortas e corpi nudi pendenti dal soffitto.
Alcune note di regia della premiere belga ci illustrano più a fondo il suo modo di affrontare il grande capolavoro, summa del pensiero compositivo e teatrale del grande genio di Lipsia, monumento del decadentismo europeo e ponte per le sperimentazioni dei successivi cento anni di musica.
In un certo senso posso dire che per essere fedeli bisogna prima dimenticare Parsifal, perderlo, e poi infine ritrovarlo. Nuovo. […] Ho visto la faccia immensa del Filosofo che più di altri ha considerato la Musica come parte essenziale della vita e che meglio di altri ha saputo amare/odiare il Musicista. Ho visto la danza di un serpente albino, come la metafora della Sua musica ( di Wagner ) e come il suo veleno possa diventare medicina. Ho visto un grande bosco, una foresta che si scioglie come ghiaccio al sole. Ho visto degli uomini che si nascondono nel bosco, non perché cacciatori, ma perché tremanti di paura. Ho visto due esseri umani che prima si cercano e poi si respingono e poi si ritrovano ancora perché veramente hanno bisogno uno dell’altro: Kundry e Parsifal. Ho visto la fame di vita di Parsifal trasformarsi nella paura ontologica dell’essere – l’essere nati -, e l’errore di tutto questo. L’errore che diventa erranza. Ho visto una camera bianca, pulita, e un mago cattivo che dirigeva la musica delle affezioni; ho visto il nome tremendo dei veleni che uccidono gli uomini. Ho visto alcune donne legate e sospese in aria come oggetti di pura contemplazione spirituale. Ho visto balenare il sesso femminile della madre come il centro gelido e immobile del dramma. Ho visto una città rovesciata. E poi lui camminava ancora e il cammino era la sua preghiera. Ho visto dei piccioni di città, ma non ho visto nessuna colomba bianca. Non ho visto nessun calice, nessuna lancia sacra, nessun falso medioevo. Non ho visto il sangue di una razza. Non ho visto nessun uomo-nuovo. Non ho visto un popolo, non una comunità, ma una folla anonima che camminava e in mezzo c’ero anch’io. Non sono riuscito a vedere nessuna croce uncinata, neanche a cercarla in fondo; ma neppure una croce cristiana, se è per questo. Ho visto una quantità di dolore e alla fine – solo alla fine – ho visto affacciarsi l’Aperto.
Ma il Parsifal non è che una prima tappa per inaugurare i 5 mesi di celebrazioni bolognesi per Romeo Castellucci. "E la volpe disse al corvo, corso di linguistica generale" è il nome del progetto che l'Università Alma Mater Studiorum dedicherà al regista cesenate, un percorso a tappe che, fino a maggio, vedrà un susseguirsi di spettacoli, installazioni, performance, proiezioni, incontri e concerti dedicati a lui, e che si conclunderà, infine, con l'attribuzione a Castellucci di una Laurea honoris causa da parte del Master di primo livello in Discipline della musica e dello spettacolo.
Non ci resta, dunque, che aspettare gli esiti di questa "prima", che, per chi volesse, sarà trasmessa in diretta euroradio da Rai Radio 3 giovedì 16 gennaio. Di seguito l'elenco delle repliche il cast completo:
Giovedì 16 (ore 19, Turno A), sabato 18 (ore 15.30, Turno Domenica), martedì 21 (ore 19, Turno B), giovedì 23 (ore 19, Turno C), sabato 25 (ore 15.30, Turno Pomeriggio).
PARSIFAL
Richard Wagner
Dramma sacro in tre atti
Libretto di Richard Wagner
Direttore Roberto Abbado
Regia, scene, costumi e luci Romeo Castellucci
Maestro del Coro Andrea Faidutti
Drammaturgia Piersandra Di Matteo
Movimenti coreografici Cindy Van Acker
Video 3d Apparati Effimeri
Interpreti Principali
Andrew Richards, Anna Larsson
Lucio Gallo, Gábor Bretz
Detlef Roth, Arutjun Kotchinian
Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Comunale di Bologna
Coro di Voci Bianche del Teatro Comunale di Bologna
Allestimento Théâtre de La Monnaie Bruxelles